Fantozzi: un omaggio ai primi film di una saga che, al di là dei vostri gusti, si eleva decisamente dai beceri film comici all’italiana, pur riprendendone i modi.
Com’è umano Lei! è una delle tipiche uscite fantozziane che sono entrate di prepotenza nel nostro vocabolario quotidiano, insieme a Megadirettore, cagata pazzesca, novantadueminutidiapplausi ecc. ecc.
Potrei menzionarne altre decine di quelle che, invece, sono entrate nel MIO vocabolario quotidiano e che da me vengono usate ogni giorno per rapportarmi con gli altri e con gli eventi che mi accadono (ad esempio, se avessi di fronte un amico che sta facendo decisamente troppo casino potrei apostrofarlo dicendo: la smetta con quel mandolino!), ma questo è solo dovuto al fatto che sono un pazzo autistico, non fateci caso.
La saga di Fantozzi, che racconta le comiche avventure di un disastrato ragioniere dalle spiccate doti da italiano medio (interpretato dall’ormai immortale comico genovese Paolo Villaggio), si compone di ben 10 pellicole, uscite tra il 1975 e il 1999. Le prime due sono state dirette dall’abile Luciano Salce, mentre tutto il resto del guazzabuglio è stato per lo più curato dal tristemente famoso regista di cinepanettoni Neri Parenti, con l’unica eccezione dell’ultimo, Fantozzi 2000, diretto da Domenico Saverni.
I film sono tutti ispirati e parzialmente tratti da una serie di libri scritti dallo stesso Villaggio. In particolare i primi quattro ne seguono quasi pedissequamente la struttura e gli eventi, mentre i successivi sono decisamente più “improvvisati” e cercano semplicemente di riprendere ed eguagliare la comicità delle prime pellicole, peraltro non riuscendovi molto, come vedremo.
Lo schema dei film sul ragionier Ugo Fantozzi si potrebbe definire a episodi: non sono altro che una serie di scene e situazioni che mantengono un universo e un filo tematico preciso, ma che risultano slegate tra di loro. In altre parole, sono gag a sé stanti.
L’agglomerato umano fantozziano è variegato, ma preciso. In primis, abbiamo il nostro protagonista: il ragioniere, un perdente nato che ci dovrebbe fare molta compassione, ma che spesso si rivela una creatura animata da un profondo egoismo. Oltre a lui si muovono sulla pellicola una quantità considerevole di stupide macchiette, tra cui vale la pena ricordare la moglie Pina (interpretata da Liù Bosisio e in seguito da Milena Vukotic), classica racchia dimessa, trattata come medaglia di legno nella gara per la conquista del partner e unica valvola di sfogo violento delle frustrazioni quotidiane di Fantozzi. Abbiamo poi la figlia Mariangela, dalle fattezze scimmiesche e prodotto naturale di questa unione matrimoniale triste e grottesca.
Per il resto, la vita “sociale” del ragioniere è interamente e tristemente colmata dall’universo legato al suo opprimente e frustrante lavoro per una misteriosa Megaditta. Ci sono il suo compagno di avventure, il ragionier Filini, disastroso organizzatore di attività ricreative, il geometra Calboni, farfallone unto e arrivista, e la signorina Silvani, a mio parere paragonabile alla moglie per aspetto e personalità, ma dal fare civettuolo e quindi sogno erotico di Fantozzi, che dimostra tutta la tristezza della sua esistenza proprio attraverso questa infatuazione.
Voglio dire, se la tua massima aspirazione amorosa è quel gran cesso chimico della Silvani, credo che tu abbia bisogno di un oculista e, in seguito, di un bel cappio.
Oltre ai personaggi di contorno principali, il mondo fantozziano presenta una lunga serie di improbabili capi e colleghi: direttori che sbagliano il suo nome, conti, duca, ducaconti, visconti, arciduchi, avvocati, geometri e varie ed eventuali.
Ok, il punto centrale è questo: Fantozzi mi fa ridere, mi fa un sacco ridere. Si tratta però di una comicità che possiede le caratteristiche tipiche della commedia italiana degli anni ’70/’80, improntata su elementi come la distorsione dei nomi (forza, venga qui… Bambocci… Bacherozzi), l’esagerazione (pomodorini di guarnizione – palle di fuoco di 18.000 gradi), il paradossale e il cartoonesco (es: aerei militari noleggiati per battute di caccia). Una comicità che purtroppo ha fatto, e fa ancora oggi, la fortuna commerciale di molti personaggi dalle qualità artistiche quantomeno discutibili.
Fantozzi però ha qualcosa di diverso che, piaccia o non piaccia, è necessario rimarcare.
Premessa: il seguente elogio si riferisce prettamente ai primi tre film, ovvero: Fantozzi, Il secondo tragico Fantozzi e Fantozzi contro tutti. Per il legame affettivo che ho con questa saga, preferisco non considerare i successivi 7, che, pur presentando qualche perla occasionale, altro non sembrano se non accanimenti terapeutici per spillare soldi da un filone di successo come quello del nostro amato ragioniere.
Non so se è giusto dilungarmi troppo sulle importanti tematiche presenti all’interno di questi film, però ci tengo a ribadire come siano impregnati di una profonda critica umana e sociale. I cliché del grottesco ambiente impiegatizio degli anni ’70 e ’80 si producono in un mondo quasi pirandelliano: il servilismo, l’arrivismo, le sviolinate ai potenti, i soprusi di questi ultimi, l’alienante ricerca di un riscatto sociale, la tristezza della vita privata condizionata interamente dai programmi TV, i pensieri e i modi di vivere stereotipati, persino il tempo libero, che dev’essere dedicato alla villeggiatura o allo sport occasionale. Poi le diete, le gite fuori porta con la bianchina, la gondola veneziana sopra il tivùcolor comprato con una pila di cambiali, i tristi mobili ereditati dai genitori, i cappotti e le coppole. Tutti i piccoli e i grandi elementi di questo micromondo dipingono la solitudine di una vita che ci viene infiocchettata come libera e felice, ma che libera non è. Tantomeno felice. Una schiavitù legalizzata, formalizzata da un regolare contratto a tempo indeterminato e dal canone RAI.
Già tutto questo fa di Fantozzi un’opera che merita grande considerazione artistica, ma non è tutto. Anche l’abilità a far ridere merita un elogio.
La comicità buffonesca e portata ad iperbole di queste pellicole, infatti, è sempre sfruttata in modo saggio e volto ad evidenziare gli aspetti grotteschi della vita di tutti noi, scandita dalle dinamiche che ho elencato prima. Ad esempio: a parte i suoi familiari, il ragioniere non si rivolge mai agli altri, per quanto contigui, dandogli del tu, ma sempre del Lei; un elemento che, a lungo andare, finisce col farci ridere di gusto, ma che evidenzia la solitudine delle nostre amicizie, che spesso, per necessità, si trovano solo in ambiente lavorativo.
Gli esempi si possono trovare in decine e decine di scene apparentemente stupide, ma molto ficcanti nel dipingere la condizione sociale degli uomini comuni.
Comunque, l’uso degli elementi comici è estremamente variegato: abbiamo l’umorismo verbale, prodotto attraverso la storpiatura della grammatica e della sintassi, anche in ambienti colti (vadi, Contessa), l’uso di titoli parodistici e assurdi (Rag. Gran. Figl. di. Putt.) e di mistificazioni dei termini (come il significato di prostata e kibbutz), che dimostrano l’ipocrisia delle classi che vogliono dipingersi colte e istruite, ma che sono ugualmente barbare e ignoranti. Non mancano inoltre le iperboli lessicali e il sarcasmo.
Abbiamo anche un largo uso della comicità grafica: la lingua felpata, il geyser di raffreddamento dopo aver ingerito i pomodorini, le tremende ustioni date dagli asciugamani roventi della signora Pina, rutti che diventano uragani e valanghe ecc.ecc. Il riso è scatenato in modo fisico, in particolare il corpo del ragionier Fantozzi viene umiliato e malmenato in tutti i modi possibili.
Possiamo trovare anche grande uso della parodia (vedi il famoso episodio della corazzata Kotiomkin) e della satira politica. Insomma non manca nulla.
Il riso fragoroso è assicurato ad una prima visione, ma successivamente di solito lo spettatore scende in uno stato di tristezza, poi di amarezza ed infine di tragica consapevolezza.
Questo accade perché ci rendiamo conto che la vita iperbolica e grottesca di questo modesto italiano medio, benché portata all’inverosimile, forse non è così distante dalla nostra esistenza.
Com’è Umano Lei, ragionier Fantozzi.
P.s. trovate l’articolo anche sulla pagina dei nostri amici di Giornale7. Fateci un salto!