Arte e cinema… quale connubio più armonioso? Vite di artisti, richiami più o meno velati a opere d’arte di fama mondiale, piccoli accenni sullo sfondo di intense vicende o arte come protagonista assoluta, sono molteplici i fili che legano in maniera indissolubile questi due prodotti del genio umano, e i film che sono nati da questa liaison risultano sempre particolarmente suggestivi e affascinanti.
Oggi niente ironia, voglio condurvi per mano all’interno della bellezza, quella vera, con la B maiuscola; perché magari la bellezza non lo salverà, questo piccolo, sofferente mondo, ma almeno ci permetterà di prendere una boccata d’aria pura, di fare un tuffo tra tele e acquerelli, di toccare con mano sculture e installazioni contemporanee, di conoscere artisti che hanno cambiato il corso della nostra storia.
E allora, signore e signori, ecco a voi l’Arte, servita su un piatto d’argento (o meglio, su una “bobina” tutta da scoprire)…
- La ragazza con l’orecchino di perla (2003): Peter Webber si ispira all’omonimo romanzo di Tracy Chevalier per raccontarci il fortissimo legame tra il pittore Johannes Vermeer, meglio noto come Jan Vermeer, e una ragazza arrivata nella sua dimora per fare la domestica, divenuta poi soggetto del celeberrimo quadro Ragazza con turbante (o Ragazza con l’orecchino di perla). Un amore, quello dell’artista verso la ragazza, che durerà anche dopo la sua morte, una storia d’amore dalla fortissima carica erotica e ricca di struggente e dolce malinconia, una biografia assolutamente fedele dal punto di vista storiografico e interpretativo.
- I colori dell’anima – Modigliani (2004): una pellicola, firmata dal regista Mick Davis, che rappresenta una versione romanzata degli ultimi anni di vita del maestro Modigliani, ritratto di un genio tormentato sullo sfondo di una Parigi del primo ventennio del secolo scorso. Fotografia e scenografie ricordano i dagherrotipi, stampe antiche e atmosfera bohémienne aumentano notevolmente il fascino del film. Godibile, ma non prendetelo come una biografia dell’artista.
- Labyrinth (1986): ebbene sì, anche la chicca di Jim Henson che vede protagonista il Duca Bianco nasconde al suo interno numerosi (e nemmeno troppo celati) riferimenti al genio creativo di Maurits Cornelis Escher, signore delle costruzioni impossibili, abile creatore di ipnotici universi paralleli realizzati tramite litografie e mezze tinte. In Labyrinth, il labirinto rappresenta una metafora sui generis del passaggio dalla pubertà all’adolescenza, e il riferimento artistico è sempre presente all’interno delle ambientazioni, variazioni sul tema particolarmente interessanti e riuscite.
- The Monuments Men (2014): non poteva non rientrare in questa top5 la storia (diretta e interpretata da un ottimo George Clooney) della valorosa truppa dei “Monuments Men“, il corpo scelto, durante la Seconda Guerra Mondiale, per recuperare l’immane quantità di opere d’arte trafugate dal quel nano maledetto dell’Adolfo. L’emozione del salvataggio di opere di grandi maestri della pittura del XIX e XX secolo come Matisse, Emil Nolde, Franz Marc, Otto Dix, Max Beckmann, Paul Klee, Oskar Kokoschka, Ernst Ludwig Kirchner, Max Liebermann, Renoir e, in primis, della Madonna di Bruges e della Pala di Gand, sono indimenticabili, anche se stiamo parlando di una riproposizione cinematografica.
- Metropolis (1928): concludiamo con una chicca, il film per eccellenza di Fritz Lang, una delle massime espressioni dell’Espressionismo tedesco al cinema. Ambientato in un inquietante mondo utopico e futuristico, Metropolis, già a primo acchito non possiamo non notare l’incredibile somiglianza con uno dei dipinti più conosciuti della storia dell’arte, La torre di Babele del fiammingo Bruegel; oltre all’evidente somiglianza estetica e stilistica, il richiamo è affine anche dal punto di vista biblico e semantico. Per intenditori.