
Crawl – Intrappolati: La riscossa del B Movie
Basterebbero il bellissimo Alta tensione e il riuscito (trucidissimo) remake di Le colline hanno gli occhi per consegnare Alexandre Aja nell’Olimpo dei talenti più intriganti dell’horror degli ultimi anni. In tempi più recenti il cineasta francese aveva confermato le sue qualità pure in un prodotto più piccolo e giuggiolone come Piranha 3D, aggiornamento agli schemi dell’odierno teen-movie di una tipologia di cinema di serie B d’altri tempi. Crawl prosegue sulla linea di Piranha 3D ed è un solido esempio di so bad it’s so good a bassissimo budget (10 milioni di dollari scuciti al portafogli di Sam Raimi che è produttore) che fa dell’intrattenimento puro e semplice il suo unico motivo di esistenza.
Crawl è la storia di Haley, una nuotatrice agonista affetta da complessi di inferiorità che rimane intrappolata assieme al padre Dave nel seminterrato di casa durante un potentissimo uragano che sta devastando la Florida. Tra i due non corre buon sangue da molti anni, ma entrambi saranno ben presto obbligati a sotterrare l’ascia di guerra quando l’abitazione, ormai irrimediabilmente allagata, attirerà gli alligatori della vicina palude.
Partiamo dal titolo dal triplice significato: (to) crawl si riferisce allo “strisciare” dei coccodrilli, allo stile libero di nuoto praticato dalla protagonista e al seminterrato (crawl space). Già questi livelli di lettura distinguono un lungometraggio (certamente non perfetto) dalla media dei prodottini estivi usa&getta.
Nei ruoli principali troviamo la bella e brava Kaya Scodelario e l’adorabile caratterista Barry Pepper (per capirci, il cecchino cattolico di Salvate il Soldato Ryan), che nel bel mezzo della catastrofe e del pericolo sempre più incombente dei predatori portano a galla con tutta la loro bravura le questioni irrisolte di un rapporto padre-figlia a conti fatti telefonato, e riescono a non far pesare più di tanto la classicità lineare dei loro dinamici archi evolutivi o la clamorosa rozzezza dei dialoghi.
La narrazione orchestrata in sceneggiatura dai fratelli Rasmussen (autori di quel gioiello sottostimatissimo di The Ward di John Carpenter) è molto semplice, insomma, forse un po’ troppo sopra le righe (gente che sopravvive con un braccio dilaniato a morsi) e di maniera come contraltare della natura furiosa che si ribella e devasta ogni cosa che si pone sulla sua strada.
Tuttavia il film è elettrizzante, e nella semplicità del concept Aja trova pane per i denti del suo talento registico: sebbene il film sia sostanzialmente ambientato in quattro location in croce, tensione e claustrofobia sono garantite dall’inizio alla fine senza cali di ritmo; le lungaggini vengono evitate grazie a una brevissima durata (poco meno di un’ora e mezza).
La CGI e gli effetti pratici sono miscelati sapientemente, rappresentando tutta l’impressionante ferocia degli alligatori con il dovuto realismo. Tra una citazione a Lo squalo di Spielberg e l’altra, il regista francese tira saldamente il filo della credibilità e scivola rarissime volte nel ridicolo involontario, facendo leva su un’inclinazione all’autoironia che però non toglie ai momenti thriller o gore la loro efficacia.
Crawl è un film trasversale, di certo non innovativo e indimenticabile, ma perfetto per la spensieratezza di una visione estiva.