
Crescere con La gabbianella e il gatto
Credo che Zorba sia stato il primo eroe a cui ho affidato il cuore. E, in assoluto, uno dei primi ricordi della mia infanzia. Di quelli di cui ancora oggi sento il calore, nonostante siano sempre più lontani, sfocati e indistinti.
Era il 1996 quando la maestra dell’asilo portò in aula un libro che mi sarebbe rimasto dentro per sempre. Quel libro era Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Sepúlveda, che da lì a poco sarebbe diventato uno dei romanzi per bambini più amati e popolari d’Italia.
Mi innamorai subito della meravigliosa storia del gatto Zorba e della gabbianella Fortunata. Era una favola così bella e con un cuore talmente grande che un bambino non poteva non adorarla. Il gatto Zorba divenne all’istante il mio modello di coraggio, di lealtà e più o meno di tutto ciò che è ammirabile a questo mondo.
Come dicevo poc’anzi, il successo del libro in Italia fu enorme, tanto che l’opera di Sepúlveda entrò stabilmente nel programma scolastico di asili, elementari e medie.
Di questa popolarità si accorse anche lo studio di animazione torinese Lanterna Magica, che decise di portare al cinema la storia di Zorba e Fortunata. Per la realizzazione del film fu confermata l’intera squadra che aveva determinato il successo de La freccia azzurra, il primo lungometraggio dello studio di Torino uscito al cinema nel 1996.
Alla regia fu chiamato nuovamente Enzo D’Alò, mentre a dare voce ai protagonisti della storia furono chiamati attori del calibro di Carlo Verdone (che presta splendidamente la sua voce a Zorba) e Antonio Albanese (nei panni del Grande Topo), e lo stesso Luis Sepúlveda partecipò al film, dando la sua voce al personaggio del poeta.
La gabbianella e il gatto uscì al cinema il 23 dicembre 1998 e divenne il maggior successo commerciale della storia dell’animazione italiana. Ma non è tanto sugli incassi registrati che bisogna pesare il film di D’Alò, quanto sull’impatto che ha avuto sulle giovani vite di milioni di bambini (fra i quali, ovviamente, il giovanissimo me).
Così come succedeva per il romanzo, anche La gabbianella e il gatto è un film con un cuore immenso. Un film che ancora oggi riesce a farci divertire e soprattutto commuovere, e non solo per i ricordi che inevitabilmente rievoca a chi lo ha visto e amato durante l’infanzia. Zorba, Il Colonnello, il Segretario, Diderot, Pallino, la piccola Fortunata sono personaggi irresistibili, perfetti per diventare gli amici del cuore di ogni bambino, e il fatto che siano così efficaci credo dipenda dalla semplicità con cui sono stati realizzati.
Semplicità intesa come sincerità, come antitesi a quella degenerazione odierna dei film di animazione che porta alla creazione di personaggi/macchietta, costruiti solo per far ridere, e non per pensare.
Ed è proprio qua che nasce la grandezza de La gabbianella e il gatto, poiché, nella sua semplicità, si assume il compito di trasmettere valori e insegnamenti importanti come l’aria, soprattutto per la crescita di un bambino: è stato anche grazie a Zorba e i suoi amici che ho capito l’importanza dell’amicizia, dell’altruismo, di una promessa, della solidarietà, della fiducia, della perseveranza, del fare la cosa giusta anche quando è la più faticosa.
Ma soprattutto, la storia di Zorba e Fortunata mi ha insegnato che le differenze dovrebbero essere un motivo di unione, e non di divisione.
Impossibile poi parlare de La gabbianella e il gatto senza citare la sua incredibile colonna sonora, portatrice di quello che è l’aspetto più profondo del film. Fra le bellissime canzoni che accompagnano le scorribande di Zorba e Co. (come l’irresistibile Siamo gatti di Samuele Bersani), quelle da consegnare alla storia sono sicuramente le due perle composte da Ivana Spagna, che ancora oggi se non sto attento mi fanno venire gli occhi lucidi.
La prima è il Canto di Kengah, l’addio (e la preghiera) della madre di Fortunata ad una figlia che non vedrà mai.
Ora, io di musica ne ho sempre ascoltata tanta, ma non sono tante le canzoni che riescono a commuovermi come questa. Magari è anche l’immenso valore affettivo che si porta dietro, ma concentratevi sulla scelta delle parole, sulla melodia, sulle sfumature. Una canzone così triste, così malinconica, in grado di trasmettere all’istante quali siano le cose davvero importanti di questa vita, e quanto dobbiamo batterci per difenderle.
E poi mi tocca sentire gente che mi viene a dire che le canzoni di Frozen sono belle. Eh già.
Ma il vero capolavoro musicale de La gabbianella e il gatto è, senza ombra di dubbio, So volare, un inno alla crescita e alla maturità semplicemente stupendo.
Non mi dilungherò molto su questa vera e propria meraviglia. Dico solo questo: la mia speranza è di poter un giorno chiudere gli occhi, ascoltare questa canzone, e sentirmi finalmente come Fortunata, in volo verso l’orizzonte. Finalmente in pace. Finalmente libera.
Ecco perché dobbiamo essere grati che una storia come quella de La gabbianella e il gatto sia stata posta, quasi con discrezione, alla base di quella ripida salita che abbiamo dovuto scalare per diventare adulti. Ed ecco perché, quando pensiamo ai film che hanno maggiormente segnato la nostra crescita, dopo aver citato gli immancabili classici Disney e compagnia, dovremmo ricordarci di riservare un posto a tavola anche per il film di D’Alò.
Una perla che per il mondo del cinema probabilmente non esiste nemmeno, ma alla quale dobbiamo una fetta importante della nostra maturità.