
Crimson Peak
Sarà che, da quando ho visto “Il Labirinto del Fauno“, mi sono presa una stratosferica e adolescenziale cotta per il genere, sarà che, fin da ragazzina, la trama e l’ambientazione di libri e film in stile “Cime Tempestose” mi hanno sempre acchiappata parecchio, sarà che Guillermo Del Toro per me è un fottuto artista (sì sì, mi sembra già di sentire cori di focoso dissenso, ma me ne farò una ragione), ma a me “Crimson Peak“, uscito nelle sale cinematografiche mondiali lo scorso 22 ottobre 2015, non è dispiaciuto neanche un po’.
Ok, è la classica storia della casa infestata dai fantasmi, mi direte, e un po’ vi do ragione, contenti? Ma se vi siete soffermati soltanto sulla superficialità della trama, allora poi non lamentatevi se in sala vanno per la maggiore i cinepanettoni e le trasposizioni cinematografiche degli abomini di Moccia.
Infatti, guardando questo film, la trama è l’ultima cosa che mi interessa, a favore dei dettagli scenici e fotografici di una sordida passione capace di generare una spirale di violenza senza fine.
Vi ho quasi convinti? Su su, non potete proprio negare la bellezza delle ambientazioni e della scenografia, l’eleganza della fotografia che ci riporta, fin dalle prime immagini, all’interno di quel Gotico Romantico che ha affascinato decine di generazioni.
Un fascino antico e suggestivo, una sottile seduzione che pervade ogni scena, un pizzico di malizia che accende la miccia dello scandalo che travolge i protagonisti senza mezze misure, indulgendo sul valore distruttivo dei sentimenti, in quell’eterno contrasto tra Eros e Thanatos tanto caro ad un filone letterario e artistico che ha segnato l’inizio di un’epoca, il XIX secolo.
Soltanto Del Toro avrebbe potuto manipolare così sapientemente questo registro puramente estetico ed edonistico: un regista che ama questo genere con la passione di un ragazzino cresciuto a pane e fiabe dark, che ci regala (sì, anche a voi stramaledetti scettici, anche se non ve lo meritate manco un po’…) un sentito omaggio al filone letterario che ha visto, tra i capostipiti, scrittori del calibro di Emily Bronte, Anne Radcliffe, Edgar Allan Poe e Nathaniel Hawtorne, ma anche all’opera del più grande artigiano del genere made in Italy, Mario Bava, maestro nel dosare luci e colori, riecheggiati nel lavoro del direttore della fotografia danese Dan Laustsen.
Altro chiaro riferimento quello al cinema di Dario Argento, al quale rimandano la violenza grafica degli omicidi o le angosciose sequenze in ascensore.
“Crimson Peak” può essere considerato, forse, il divertissement di un autore che si è stancato dei meccanismi stereotipati degli Studios statunitensi, e che ha scelto di riavvicinarsi progressivamente a una dimensione più personale del film.
Non stupisce, proprio per questo motivo, che la sceneggiatura risalga al 2006, subito dopo l’uscita de “Il labirinto del fauno“, del quale riecheggia infatti le atmosfere surreali.
E lasciatemi anche dire che, a donare un valore aggiunto al film, contribuisce sicuramente la bravura degli attori: un’eterea Mia Wasikowska, un romantico, inedito e sensuale Tom Hiddleston, che finalmente si svincola del tutto dall’immagine di Loki (ed è pure ‘bbono), ma soprattutto la sublime Jessica Chastain, che con la sua Lucille porta sul grande schermo un personaggio passionale e feroce al tempo stesso (‘bbona pure lei, devo ammetterlo), mentre Charlie Hunnam interpreta comunque con sapienza il piccolo ruolo che gli è stato affidato.
Insomma, “Crimson Peak” è uno di quei film che non va valutato sulla base della trama, altrimenti perderebbe buona parte del suo fascino: è una pellicola che avvolge lo spettatore, lo catapulta in un romanzo ottocentesco in costume, lo seduce e lo cattura, fino al classico, tragico e ahimé immaginabile epilogo, che comunque non toglie smalto all’ultima creatura di Del Toro.
Mi sono lasciata prendere la mano, lo ammetto; e ora scusate, ma vado ad ascoltarmi Wuthering Heights di Kate Bush a manetta, con permesso…
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