Dark è la prima serie prodotta per Netflix in Germania e penso sia una delle più difficili da recensire tra quelle che ho visto negli ultimi tempi!
Partiamo dal fatto che l’unica memoria che avevo del cinema tedesco erano le commedie romantiche che hanno popolato i miei pomeriggi su Canale 5 tra i 10 e i 13 anni. Ora, vorrei dire che Dark non c’entra una mazza con questo tipo di film e invece c’è qualcosa di quelle storie melense e scontate che a quanto pare si sono portati dietro anche nel 2017 ma vedremo più avanti il perché.
https://www.youtube.com/watch?v=zy0b9e40tK8
http://www.sorrisi.com/tv/news-e-anticipazioni/10-film-da-vedere-tratti-dai-romanzi-di-inga-lindstrom-romantici-canale-5/
Se siete fan delle fantastiche commedie made in Germany che trasmette Canale 5 cliccate sul link in sovraimpressione e andateve. Un bacione
Adesso possiamo andare avanti.
Dunque, Netflix ha capito che deve battere il ferro scaldato da serie come The OA, Stranger Things, Twin Peaks, Westworld e chi più ne ha più ne metta, questo è il momento giusto e il fatto che ne stiamo parlando è la conferma che nel bene o nel male il gigantone dello streaming ci prende.

La trama di Dark è presto spiegata: in un paesino della Germania spariscono ragazzi in maniera analoga ad avvenimenti già successi 33 anni prima. Il contesto è quello di una piccola comunità dove tutti conoscono tutti, ci sono legami e intrallazzi vari e ognuno a modo suo potrebbe centrare con la soluzione del grande mistero. Se vi può sembrare qualcosa di già visto o sentito siete sulla strada giusta perché il primo episodio di Dark sembra davvero un’accozzaglia di spunti presi da un po’ qualsiasi cosa che possa piacere allo spettatore tipo. La piccola cittadina sperduta, una centrale nucleare, ragazzini che vanno in giro in bici, viaggi nel tempo, grotte oscure, gli anni ’80 e via dicendo.
Déjà vu?
QUINDI LA GUARDO O NON LA GUARDO?
Anche se l’incipit sembra preludere alla seconda scelta devo ammettere che alla fine della prima stagione non mi è parso di aver buttato tutto questo tempo. Nel senso che se provate a chiudere un attimo la vostra vena critica (io faccio molta fatica ma ogni tanto ci riesco) vi godrete un’opera bellissima dal punto di vista puramente estetico.

Senza togliere meriti al regista/ideatore Baran bo Odar bisogna fare un super-plauso al responsabile della fotografia Nikolaus Summerer. Non sarò un grande esperto in materia però per capire che c’è della qualità basta rendersi conto che Dark è una serie che ti tiene attaccato allo schermo non certo per la trama, ma per un mix splendido di riprese completamente desaturate, colori spenti, slavati, paesaggi freddi, cupi, intrisi del loro stesso mistero.

La mano teutonica si sente molto anche nella colonna sonora, a mio parere magistrale, che accompagna tutta la narrazione con pezzi malinconici, sussurrati ma allo stesso tempo incisivi. Discorso a parte per i salti temporali, che portano in dote Tears for Fears e successi della musica tedesca di ieri e di oggi (non fate quella faccia, vi piaceranno fidatevi). Più di una volta mi ha ricordato la colonna sonora di The Young Pope, cosa di per sé molto positiva.
PERÒ C’È UN PERÒ
Fare delle critiche è sempre difficile. Anche se potreste pensare il contrario bisogna tenere in considerazione tantissimi aspetti: Dark è una produzione tedesca (come la nostra Suburra potrebbe essere difficile da capire al di fuori dei propri confini), fa parte di un genere calcato e stracalcato, recentemente tornato in auge ma forse già ad un nuovo capolinea, tra gli attori coinvolti non ci sono nomi altisonanti (se non quello di Oliver Masucci) e mettiamoci che comunque è una prima prova per Netflix in Germania.

Dopo aver fatto i preamboli del caso vi butto lì i primi problemi che saltano subito agli occhi:
- quanto è lenta la narrazione?
- quanti diavolo di personaggi ci sono??
Forse non ve ne accorgerete al primo episodio ma la narrazione di Dark è lentissima. Complice ovviamente la quantità sconsiderata di personaggi inseriti nella storia, che sì daranno possibilità di azione agli sceneggiatori per le prossime stagioni, però che caos! Senza contare le decine di nomi da tenere a mente che lo spettatore deve collegare a visi totalmente sconosciuti. Riconoscibilità a parte, il problema più grande di tutti questi personaggi è che ognuno ha qualcosa a che fare con tutti gli altri.
Ci sono circa una ventina di personaggi, ognuno dei quali ha legami di parentela/sentimentali/scopano con almeno 3-4 personaggi quindi una cosa come 60-70 intrecci. Troppi.

E poi c’è troppa componente sentimental-scialba (tanto per ricollegarmi alle similitudini con le commediole tedesche). Cioè in alcuni momenti mi sembrava davvero di star guardando una distopia di Centovetrine. Troppo spazio lasciato a litigi tra coniugi, tradimenti vari e problemi amorosi tra adolescenziali. La seconda stagione di Stranger Things, tanto per dirne una, ha una bella fetta di sentimentalismi però i fratelli Duffer la gestiscono in maniera molto più digeribile.
QUEL MALEDETTO LIBRETTO
Ed eccoci infine alla nota più dolente, almeno per me. Tra tutte le citazioni/ispirazioni/scopiazzature che si potevano fare proprio QUEL dettaglio no. Se non fosse stato chiaro sto parlando del libro sui viaggi nel tempo.
Ecco questo non mi è piaciuto, vuoi perché sono un grande fan di Donnie Darko, vuoi perché la spiegazione in quel caso aveva tutto un altro senso, vuoi perché quel giorno mi era andato il tramezzino di traverso fatto sta che a parere mio lo stesso concetto potevano metterlo in gioco in maniera un po’ più originale. Anche perchè come omaggio al film di Richard Kelly bastava il costume da scheletro che indossa uno dei protagonisti nel primo episodio.
In conclusione posso dirvi che il senso di già visto non ve lo toglierete dai cosiddetti neanche sul finale, ahimè.
Ed è un peccato perché l’ambizione si vede, la qualità anche però manca quel pizzico di originalità che avrebbe potuto fare di Dark una serie top del 2017.
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