
Defendor: super eroe con super problemi (mentali)
Credo che ad ogni bambino, prima o poi, venga voglia di sistemare tutti i torti del mondo, il classico momento in cui vorresti fare il poliziotto, con distintivo, sirene, fermare tipi loschi in fuga lanciando loro il manganello alle caviglie (T.J. Hoocker docet!). Poi, niente, basta guardare una volta Dirty Harry e capisci che non fa per te, troppa burocrazia, no no, non va bene, ho le mani legate, se voglio risolvere tutti i torti ho bisogno di più potere di così… Il Cavaliere Jedi è la soluzione ideale! Ma vai a capire come si fa ad arrivare su Dagobah per farsi istruire da Yoda. La soluzione al problema si trova in tutti quei giornaletti colorati, in cui ci si può perdere per ore, non serve altro: da grande farò il supereroe!
Le maestre a scuola si preoccupano, perché fai sempre le corna in classe, temono l’influenza negativa di quella musica del “EVI METALLO” di cui si sente tanto parlare e che plagia le menti dei giovani, prova tu a spiegarglielo che stai provando i tuoi nuovi lancia ragnatele.
Non si sa bene perché, ma i bambini che sono piccole sacche di anarchia in miniatura, che vedono la regola del dover andare a letto presto come fumo negli occhi, hanno sempre questa attrazione per chi può sistemare tutti, mettendo al fresco i cattivi e salvando il mondo. Forse perché vedono il mondo in maniera più semplice, forse perché sono capaci di distinguere alla perfezione chi sono i buoni e chi, invece, sono i cattivi.
La stessa capacità che ha anche Arthur Poppington, ragazzone un po’ tardo che di giorno regge il cartello “Slow” (e a ben pensarci anche lui è po’ Slow) per far rallentare gli automobilisti in prossimità dei cantieri stradali, ma di notte, con casco, tuta nera, una grande “D” grigia fatta con il nastro americano e il lucido nero sugli occhi diventa Defendor! Mi raccomando Defend-OR sennò si arrabbia un sacco.

Arhtur non ha nessun super potere, anche perché una mazza “Trench club” della Seconda Guerra Mondiale, delle biglie e alcune api abbastanza ammaestrare non sono di certo etichettabili come super poteri, forse l’unico potere che ha è quell’ingenuità tutta infantile di saper ancora distinguere bene chi sono i “Cattivi”, un uomo/bambino tanto motivato da voler fare la cosa giusta.
Se vi è capitato di vedere il trailer, sappiate che come al solito è ingannevole, il film fa ridere e nemmeno pochissimo, ma per fortuna non solo questo, in un’epoca in cui i supereroi dominano al cinema, Defendor riesce ancora ad essere un titolo originale e, ahimè, non così noto.
Diretto da Peter Stebbings, attore canadese al suo esordio alla regia, Defendor prova a mostrare un supereroe in un mondo realistico, una città americana soprannominata “Hammer city” che sembra Houston e di certo non è scintillante come la New York della Marvel Comics.
L’approccio ironico, sarcastico, quasi revisionista alla figura del supereroe, potrebbe ricordare titoli come Super di James Gunn (2010) per la natura vagamente indie, ma anche i due film su Kick-Ass, visto che anche qui il protagonista è solo una maniaco di fumetti, senza poteri, ma con parecchia motivazione.

Defendor, però, va in un’altra direzione, preferisce le scale di grigio ai colori scintillanti, non c’è gloria dopo la vittoria, ma una certa predilezione per la goffaggine, l’idea è anche quella di essere sarcastici, un lavoro revisionista sulla figura del supereroe in chiave ironica, il film ammicca poco alle classiche scene super eroistiche, per capirci quella che si trovano in abbondanza in più che darle, Defendor le prende, però non molla, sì, perché il film punta ad altro. Certo si ride, perché Defendor fa il verso a Batman e ai suoi gadget hi-tech, basta fare il confronto tra la Bat-mobile e il camion giallo con cui va in giro Defendor, la mitica Defendog!
La differenza più grossa tra questo film e tutti gli altri visti in giro che ambiscono a parlarci di un supereroe reale (quindi senza super poteri)? Peter Stebbings ha avuto tre o quattro chili di palle più dei vari Matthew Vaughn, Mark Millar e compagnia cantante, mandando a segno un finale (che non vi rivelerò, a vedere il film, fila!) che quando vedrete, non potrete che fare sì con la testa, perché se nel mondo dove vivete voi ed io, qualcuno decidesse di andare là fuori con un casco, un nome sgargiante e una mazza trench-club, non potrebbe che essere un volenteroso sociopatico senza nulla da perdere come Arthur Poppington.
A ben guardarlo, Defendor ha più cose in comune con Taxi Driver (sì avete letto bene!), perchè Arthur Poppington è un Travis Bickle che, invece di farsi una cresta in testa, si mette una ”D” sul petto e va a prendere i cattivi con le cattive.

Entrambi sono dei disadattati emarginati dalla società, entrambi hanno una giovane prostituta che anima le loro azioni, verranno idolatrati tutti e due dalla gente per le loro azioni, malgrado le loro condizioni mentali.
La differenza è che Bickle è pieno di risentimento verso tutti, invece Arthur Poppington con quel suo essere “Oltre il giardino” è un buono, anzi un buonissimo, quasi geniale nella sua capacità di arrangiarsi, che ha trovato nel linguaggio dei fumetti di supereroi un modo per affrontare i traumi della sua vita. Ogni momento chiave della sua vita è ricalcato su quello della classica vita di qualunque dei vostri eroi dei fumetti preferiti, trauma infantile? Presente! La parlata da supereroe con frasi altisonanti (“Chi ti scrive i dialoghi… Superman?”)? Check! Ha anche un super cattivo da catturare, il signore della droga Captain Industry. Non avendo altre risposte dalla vita, Arthur ha trovato la chiave per decriptare la vita, nel linguaggio dei fumetti di supereroi.
La regia di Peter Stebbings è buona, alterna le scene con la psicologa (una valida Sandra Oh, più nota come “quella di Grey’s Anatomy”) ai Flashback sulla vita del personaggio. Un buon montaggio e una pregevole fotografia, che rende bene i toni scuri e cupi del mondo in cui vive Defendor.

Oltre a Arthur e alla prostituta Kat (la sempre affascinante Kat Dennings) entrambi ben caratterizzati, Stebbings dà spessore anche agli altri personaggi: il poliziotto corrotto Dooney e l’amico/datore di lavoro di Arthur Paul Carter, interpretati rispettivamente dal mitico Elias Koteas e dal bravissimo Michael Kelly perfettamente a loro agio nei loro personaggi. Due personaggi che riescono ad essere credibili, cosa non così semplice, visto che uno è laido e spregevole, mentre l’altro viaggia ad un metro di distanza dalla santità, con due personaggi così, era facile scadere nel didascalico, ma Koteas e Kelly sono bravissimi e Stebbings, da attore, dev’essere uno di quei registi che sa davvero come parlare e dirigere i suoi attori in fase di recitazione.
La qualità della sceneggiatura scritta da Stebbings si nota anche dall’uso dei piccoli dettagli: la storiella della Luna, i proiettili, i riferimenti a Loise Lane… Insomma, la sceneggiatura non ha picchi assoluti, ma si attesta su un buon livello, avercene di più di film così!
Kat Dennings nella parte della prostituta Katrina “Kat” Debrofkowitz è brava, anche se il ruolo è davvero ingrato, Hollywood? Volete risultare più politicamente corretti nei confornti dell’altra metà del cielo? Bene, allora ABOLITE la figura della Prostituta dal cuore d’oro, tanto dopo Jamie Lee Curtis in Una poltrona per due non si può fare meglio! Qui la Dennings offre una prova intensa e lavora bene sui contrasti che si creano tra il suo personaggio e quello del protagonista.
Già… Il protagonista… Perché se fino qui vi ho parlato di un buon film, Woody Harrelson fa guadagnare alla pellicola svariati punti, lui è la vera forza propulsiva del film!
Mascella volitiva, occhi sbarrati, petto in fuori Harrelson sembra un bambino che gioca a fare il supereroe, lo guardi e vedi che il suo personaggio ci crede, ci crede fortissimo in quello che fa, mentre architetta il prossimo piano sembra di guardare Calvin, di Calvin & Hobbes, è favoloso vederlo sbeffeggiare la parlate a voce roca, quasi “growl” del Batman di Christian Bale, inoltre Harrelson con quel corpaccione è molto credibile per il ruolo di vigilante mascherato.

Grazie allo sguardo allampanato e ai tick che applica (ripetere i nomi appena sentiti, oppure passarsi l’elastico tra i denti) Harrelson crea il personaggio sotto i nostri occhi, calandosi alla perfezione nei panni di questo bambinone dal cuore d’oro, riuscendo persino a dare nuova linfa alla frasone esagerato da supereroe, visto che le tuona con l’enfasi di un bambino. Attori così devono essere lasciati liberi di trovare il personaggio dentro loro stessi, qui Woody addirittura giganteggia dimostrando ancora una volta (l’ennesima) di essere un attore fenomenale, una prova Maiuscola… “D” maiuscola!
Insomma, un piccolo film dall’anima vagamente Indie, che si libera di tutte quelle trovate accattivanti tipiche dei Cinecomics, per raccontarci una bella storia sul non rinunciare mai ai propri sogni, per salvare un mondo in rovina, prima di tutto bisogna imparare a guardarlo con occhi nuovi e più semplici.
Superman di Richard Donner, aveva il pregio di farti credere che un uomo poteva veramente volare, Defendor, invece, non ti illude, però ti ricorda che per fare la cosa giusta non serve essere nati su Krypton, basta crederci davvero e, magari, avere una mazza trench-club, quella aiuta sempre nelle discussioni.