
Doctor Strange – L’ammaliante magia della CGI
Quando era uscito quel trailer fighissimo mi ero convinto che il Doctor Strange del Marvel Cinematic Universe avesse un potenziale infinito. Dopotutto questo è proprio uno dei punti focali del personaggio a fumetti, cioè il suo poter vedere più mondi, poter accedere a più realtà e a più universi. Non era facile trasportare tutto questo sul grande schermo. Perché si tratta di un film sulle origini, perché il Doctor Strange non è così mainstream e quindi bisognava aprire il terzo occhio del pubblico in qualche maniera.
Scott Derrickson e compagnia cantante ci sono riusciti? Shamballa se ci sono riusciti. Tanto avete già letto il voto, quindi la domanda era schifosamente retorica. Ah, non ci saranno spoilerz nell’articolo, giurin giurello.
E che le premesse non erano proprio delle migliori: Derrickson aveva diretto solo horror (la maggior parte parecchio brutti) e il film si doveva per forza di cose discostare dal canone Marvel. Vanno bene le mazzate, ma qui entra in gioco la magia. E che magia gente.
Oh, è inutile negarlo, gli effetti speciali di questo Doctor Strange sono come una sinfonia di Beethoven, come un goal di Messi, come un tramonto in riva al mare, come un porno della Digital Playground. Scusate, forse l’ultima era indirizzata ad un pubblico meno vasto, errore mio.
Derrickson e tutto il team Marvel sono infatti riusciti a rendere perfettamente questo Multiverso di realtà parallele che erutta davanti agli occhi di Strange, la cui percezione della vita viene messa alle strette da tutto ciò che esula dalle leggi della fisica. Cioè, parliamoci chiaro, Nolan probabilmente si sta masturbando follemente su questo film. Inception è l’antipasto e Doctor Strange il piatto forte. La Dimensione Oscura è pure ispirata molto a Original Sin, gran bel fumetto che vi consiglio caldamente.
Ma da dove siamo partiti per arrivare al maestro delle arti mistiche targato MCU?
Da un racconto delle origini uscito a cavallo tra il 2004 e il 2005 (Strange – Principio e fine), scritto da un certo J. Michael Straczynski. Changeling di Clint Eastwood vi dice niente? Babylon 5? Sense8? Una vagonata di storie Marvel?
Avete capito l’antifona. Fatto sta che lui reinventa il personaggio del Doctor Strange per il nuovo millennio, slegandolo dalle storie ormai troppo datate delle lotte con Dracula e mostri affini.
Perciò il caro Benedetto Cumberbatchchahatch affonda a piene mani in quello Strange borioso e convinto di essere superiore agli altri, che nel fumetto era addirittura estremizzato, dato che dopo la laurea si trovava a fare il chirurgo plastico prendendo barcate di soldi per riempire di botulino vecchie vanitose.
L’attore inglese riesce però a dargli una sua simpatia, un suo personale twist che fa molto Sherlock, molto molto eh, ma trova una chiave di empatia con lo spettatore. Stephen gigioneggia e a noi piace quando lo fa. Cumberbatch poi si dimostra sempre un grandissimo attore, istrionico e volenteroso nello sperimentare vie nuove, così come il suo Strange, che da uomo di scienza diventa uomo di fede.
Doctor Strange riesce quindi a reggersi molto bene sulle sue gambe, senza dover scomodare per forza le altre pellicole del MCU, ma trovando una sua dimensione all’interno di questo ormai vastissimo universo. La vera sfida sarà inserirlo in un ambiente molto più terreno e concreto, perché già mi immagino un suo discorso con Cap dove lui non capisce nulla, Strange lo guarda come se stesse parlando ad un babbuino e Tony Stark che probabilmente se la ride eleggendo Stephen a suo nuovo eroe. Ma questo si vedrà. Thanos è alle porte, altro che quella mezza pippa di Dormammu. Con tutto il rispetto eh.
E poi fatemi fare un elogio a Tilda Swinton. Una fantastica attrice che porta sul grande schermo un ruolo complesso, profondo, mistico e pregno di significato, riuscendo a dargli quel tocco leggero e poetico che già era presente nella versione cartacea di Straczynski, ma che lei sublima al massimo della forma. Senza fare spoiler, sappiate solo che il dialogo tra lei e Strange nella forma astrale è struggente, non trovo altre parole.
Ma del resto tutto il cast è ottimamente calato nella parte. Tolta Rachel McAdams che è l’amore della vita di chiunque abbia due occhi e capacità cognitive basiche, Wong è una spalla fantastica. E pure l’attore si chiama Wong di cognome, mi immagino la risata dei produttori. Mads Mikkelsen è facilitato perché la faccia da stronzo ce l’ha di base, quindi il suo Kaecilius è cattivo, ma con uno scopo ben preciso e condivisibile, non le bagashate alla Suicide Squad. Ottimo anche, e soprattutto, Chiwetel Ejiofor. Arrabbiato dopo quella cosa della schiavitù per sbaglio, dipinge anche lui un Mordo (non più Barone, l’avranno declassato), che è decisamente più profondo della sua controparte cartacea. Pollice in su, caro amico dal nome impronunciabile.
L’unica pecca che Doctor Strange ha, a mio avviso, è anche uno dei suoi punti di forza: la comicità. Ci sono infatti alcune scene dove le battute sono davvero esilaranti, perfette nel contesto in cui sono calate e in linea con l’ormai nota decisione della Marvel che si deve ridere un po’ dappertutto. Put a ring on it insomma (vi giuro, le lacrime).
Con buona pace del caro Leo Ortolani, non oso immaginare cosa abbia provato lui, perché in alcuni momenti la battuta è davvero tirata. Per il semplice fatto che Doctor Strange non sembrava si inserisse nel filone dei vari Iron Man 3, Guardiani della Galassia e Ant-Man, nati proprio con le risate cucite addosso a tutta la pellicola. Qua alcune uscite erano alla Thor: The Dark World per intenderci, dove la battuta comica andava a spezzare in maniera non troppo felice una scena dai toni decisamente più seri, che forse stava meglio lasciata così com’era. Ma son gusti eh, ognuno.
Resta comunque un difetto minimo rispetto ad un gran film, costruito bene anche nelle piccole cose (il bellissimo mantello di Strange per dire, o l’Occhio di Agamotto. Che bello poter scrivere “Occhio di Agamotto”, sembra quasi un profumatore per ambienti di ultima generazione).
Doctor Strange dimostra comunque quanto la Marvel stia gestendo alla grande il suo universo cinematografico, dando l’ennesima lezione alla DC su come si fa un film sulle origini fatto bene. Prendete appunti, vi prego, è una richiesta fatta con il cuore.
Ah, se ve lo steste chiedendo ci sono due scene post-credit, quindi dovete rimanere fino a dopo i titoli di coda veri, quelli lunghi da balle che finiscono sotto i talloni. E sono due scene parecchio importanti, non vi dico altro. Anzi, una delle due fa venire una certa scimmia per un certo film futuro. Ok, ora la smetto, promesso.
Quindi in conclusione Doctor Strange è un prodotto ottimamente confezionato che su alcuni piccoli aspetti poteva essere reso meglio, ma ce ne fossero. Per il seguito voglio però uno Stephen Strange stregone supremo con i controcoglioni, voglio proprio quel senso di (quasi)onnipotenza mistica che lo pervade nei fumetti.
E soprattutto voglio più pollici che toccano i polpastrelli di medi e anulari con indici e mignoli alzati. Quella roba con le mani che fa lui insomma, ci siamo capiti.
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