Film

Dolor y Gloria – L’8½ di Pedro Almòdovar

Attenzione! Spoiler sul finale del film.

Dolor y Gloria è l’autopsia fisica e intellettuale di Salvadòr, regista in crisi creativa, che da anni non realizza un film e non scrive una sceneggiatura.

Un giorno la cineteca di Madrid gli chiede di presentare il film che ha realizzato 30 anni prima, Sabor, insieme ad Alberto, l’attore protagonista. I due hanno molti dissapori alle spalle, che si acuiscono prima del film, tanto che attore e regista non partecipano al dibattito, ma anzi litigano pesantemente.

Per scusarsi Salvadòr decide di portare all’attore un suo monologo, per farglielo recitare a teatro. Alberto accetta di recitare il monologo, incentrato sull’antico amore sofferto fra Federico e Salvadòr, e lo spettacolo riscuote un grande successo. Caso vuole che lo stesso Federico, storico amante di Salvadòr, sia presente alla prima e dopo aver sentito questo monologo decida di recarsi dal regista, per congratularsi con lui. Federico e Salvadòr si rincontrano, dopo anni di distanza, e il loro amore risorge. Col risorgere di questo antico amore, che non si può più consumare a causa della distanza e del tempo che intercorre fra i due, Salvadòr inizia a riflettere. Dolor y Gloria

Decide di smettere di prendere medicine, farmaci e droghe di consultare il suo medico, per risolvere i suoi problemi di salute. Lentamente riallaccia i rapporti con le vecchie conoscenze che aveva trascurato e inizia a ripensare al suo passato, alla sua infanzia, a sua madre. Questi ricordi gli danno la forza necessaria per rimettersi a scrivere e per tornare dietro la macchina da presa.

Alla soglia dei sessant’anni un Pedro Almodovar non più giovane e irriverente riflette sul significato della vita, dell’amore e dell’arte. Dolor y Gloria è infatti un film estremamente catartico, in cui il regista spagnolo riversa tutto sé stesso, mostrandoci le sue paranoie, le sue debolezze, le sue insicurezze e soprattutto la sua immensa volontà poetica. Siamo trasportati all’interno della sua vita quotidiana e tutto ci viene mostrato senza omettere alcun dettaglio: i travagli di un corpo che è sempre più stanco e la sofferenza di uno spirito sempre più depresso, incapace di meditare nuovi progetti.

Contemporaneamente però ci vengono mostrati anche i ricordi del grande regista: Dolor y Gloria infatti fa uso di un montaggio analogico, che, attraverso numerosi flashback, sostiene una narrazione anticonvenzionale che unisce presente e passato. Tuttavia non solo il tempo e lo spazio si annullano in questa autobiografia poetica, ma anche la realtà e la fantasia sono completamente fuse l’una con l’altra. Questa scelta stilistica che mescola vari linguaggi e vari piani narrativi in un’unica Storia avvicina Dolor y Gloria all’ di Fellini in primis, ma anche a Il Ladro di Orchidee di Spike Jonze e a Pollo alle Prugne di Marjane Satrapi.

Dolor y Gloria

Un eccezionale Antonio Banderas, premiato giustamente con la Palma d’oro a Cannes, incarna Salvadòr. Questo legame fra attore, truccato e vestito per sembrare Almòdovar, regista e attore crea un cortocircuito fra realtà e finzione e mette in crisi la percezione dello spettatore, ricordandoci che il cinema è lo specchio della vita.

Dolor y Gloria potrebbe essere preso come esempio di un concetto che mi è sempre stato molto caro: un film per avere davvero senso deve essere visto dall’inizio alla fine. In un film infatti le tempistiche sono cruciali e ciascun fotogramma è necessario per trasmettere il messaggio del film; perciò un film va considerato nella sua totalità e non in una sequenza.

Ed è proprio alla fine del film che Almodòvar trascende completamente realtà e finzione, terminando la sua opera in modo perfetto. Riutilizzando uno stratagemma narrativo che aveva già usato ne La Mala Educaciòn, il regista si immerge nei ricordi del suo personaggio e proprio quando i suoi ricordi diventano più vividi, si scopre che essi sono diventati il set del futuro film di Salvadòr.Dolor y Gloria

Nell’ultima scena si capisce il senso di tutto film. Il ricordo viene tradotto in un’inquadratura e tutto ciò che è successo nella mente del regista confluisce nel suo lavoro. Quindi il pensiero diventa atto e l’immagine mentale diventa immagine concreta. Il dolore finisce e la vita riprende a palpitare. Per questo Dolor y Gloria è un inno alla vita e alla forza dell’arte.

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