I fan più navigati del MacGuffin si ricorderanno che nel lontano 2018 il sottoscritto aveva già scritto un articolo che trattava il tema del doppio, selezionando 10 film che affrontano il tema in maniera significativa o come tema centrale. Oggi voglio ripetermi – dunque trasformandomi nel doppio di me stesso – e ho selezionato per voi altri 10 film al riguardo.
Piccolo errata corrige: in realtà ho detto una sottile bugia. Infatti tra le opere che ho selezionato non ci saranno solo ed esclusivamente film e, forse, non saranno proprio 10. Trust me if you can.
MI SEMBRA INUTILE DIRE CHE QUI GLI SPOILER GRONDANO TIPO ASCELLE SOTTO AL SOLE D’ESTATE
Psycho, di Alfred Hitchcock (1960)

Inizio col botto, ma inizio da Psyco perché il tema del doppio in questo film è arcinoto. Tutti sappiamo che Norman Bates soffre di un disturbo dissociativo della personalità in seguito all’uccisione della madre. Quindi in Psyco quando sentiamo la voce della madre di Norman in realtà non c’è nessuna madre di Norman: è lui stesso che la “interpreta” attraverso la sua personalità alterata. Detto così è terrificante, ma immaginatevi Norman Bates con la parrucca bionda a caschetto e la gonnellona da nonna seduto a far la maglia.
La cosa interessante è che quando Norman uccide Marion, nella strafamosa scena della doccia, ad ucciderla non è esattamente lui. Cioè: è lui fisicamente, ma mentre è “posseduto” dalla personalità della madre, gelosa della vicinanza di una donna che non sia lei al figlio.
Un altro punto di interesse riguarda proprio Marion. Infatti dello sdoppiamento della personalità di Norman ne hanno parlato tutti e io non sono che un inutile epigono. Ma anche il personaggio di Marion sviluppa il tema del doppio.
In seguito all’atroce uccisione della ragazza sua sorella inizia ad indagare sulla sua scomparsa, in pratica sostituendosi a lei nella trama. Entrambe hanno a che fare con Norman e con l’amante di Marion, entrambe sono bionde e, soprattutto, essendo sorelle, si somigliano di brutto. Quindi Lila può essere vista come un doppio di Marion.
Norman biondo e col caschetto resta comunque più intrigante.
Persona, di Ingmar Bergman (1966)

Infiliamo un capolavoro dietro l’altro perché anche Persona è notoriamente un film sul doppio, in maniera ancora più esplicita rispetto a Psyco.
Al di là del fatto che qui il tema del doppio dà la possibilità a Bergman di inserire nel suo film due fighe al prezzo di una. Scherzi a parte: Bibi Andersson è una donna meravigliosa, ma Liv Ullmann è una delle donne più belle mai partorite da madre natura. Non quella di Ciao Darwin. Fun Fact: Bergaman è andato a letto con entrambe. Quando si dice che il duro lavoro premia.
Persona è un film immenso e straordinario e tra la vastità di temi che tratta – uno su tutti la complessità della persona umana – rientra anche il doppio. C’è una scena in cui Bergman ci dice chiaramente – non a parole, ma mostrandocelo con un’immagine – che Liv Ullmann e Bibi Andersson potrebbero essere la stessa persona o una lo specchio della personalità dell’altra. E tu, da cinefilo navigato quale sei, sai che il regista sta mentendo, perché Liv Ullmann è ancora più figa di Bibi Andersson.
Non dimentichiamoci, tra l’altro, che Liv Ullmann in questo film è affetta da mutismo selettivo, elemento che rafforza la tesi secondo la quale Bibi Andersson sarebbe la voce della sua coscienza. Tant’è che la Ullmann usa la parola solo quando subentra la minaccia della violenza fisica, cercando di riappropriarsi di se stessa.
La rosa purpurea del Cairo, di Woody Allen (1985)

Lasciamoci per un attimo da parte i temi pesanti e godiamoci questo gioiello della commedia alleniana. La rosa purpurea del Cairo è innanzitutto un film romantico, che sviluppa una storia d’amore, ma che riserva il romanticismo più sfrenato all’amore per il cinema. Il tema del doppio qui è trattato in maniera molto particolare, ve ne avevo in parte parlato anche qui.
Ci troviamo di fronte il classico binomio pirandelliano persona-personaggio, ma rappresentato fisicamente, fatto carne. Da una parte abbiamo Gil Shepherd, attore che interpreta Tom Baxter, personaggio del film che la protagonista de La rosa purpurea del Cairo (Mia Farrow) va a vedere al cinema. Curiosamente il film nel film si chiama a sua volta La rosa purpurea del Cairo.
Il fatto è che a un certo punto Tom Baxter si rivela cosciente e decide di uscire dalla pellicola che lo contiene, facendosi carne. Quest’ultima frase sembra presa dalla Bibbia ma giuro che sono ateo.
Quindi ci ritroviamo nella situazione in cui nel mondo reale – o meglio: nella realtà della finzione cinematografica, che è già un ossimoro – ci sono due Jeff Daniels, ovvero l’attore della nostra realtà che interpreta sia Gil che Tom. Qua i doppi si sprecano e si raddoppiano a loro volta e il tema permette ad Allen di sviluppare una serie di profonde riflessioni su cos’è il cinema e cos’è la realtà. Imperdibili le gag a cui inconsciamente prende parte Tom.
Il cigno nero, di Darren Aronofsky (2010)

Aronofsky è un regista troppo spesso bistrattato e dimenticato, che di frequente divide la critica e il pubblico. La maggior parte è però concorde sul fatto che Il cigno nero sia un capolavoro. Nel frattempo lui si è scopato Jennifer Lawrence.
La protagonista è Natalie Portman, attrice che non mi ha mai particolarmente entusiasmato. Voglio dire, ce lo ricordiamo lo schifo che ha fatto nella trilogia prequel di Star Wars, vero?! Personalmente fanno eccezione la sua sorprendente interpretazione in Léon e, appunto, Il cigno nero, a mio avviso la sua miglior performance. In questo film è strepitosa.
Qui il tema del doppio si declina nella dicotomia bianco-nero. La struttura della trama, infatti, si regge sull’allenamento fisico e soprattutto mentale che la Portman deve svolgere per riuscire ad interpretare il famigerato cigno nero nel balletto de Il lago dei cigni di Čajkovskij. Il punto è che la personalità del suo personaggio è troppo pura, candida, immacolata per interpretare il cigno nero, che è tutto il contrario. Aronofsky allora esplora il cambiamento psico-fisico che la protagonista subisce nel corso della sua preparazione, che la porterà a diventare il doppio di se stessa.
Ma non finisce qui. Ne Il cigno nero c’è un altro personaggio femminile, interpretato da un’altra dea della bellezza (Mila Kunis), che è l’esatta antitesi di Natalie Portman. Mentre la seconda è casta e pura, la prima è sensuale e provocante, la seconda è timida e riservata, la prima è espansiva e invadente. Quindi Mila Kunis è a tutti gli effetti il doppio malvagio di Natalie Portman. Ciò è simboleggiato anche dal fatto che è lei la ballerina designata per interpretare il cigno nero, cosa che invece la Portman, almeno inizialmente, non può fare per via del suo carattere.
È chiaro che le interpretazioni a riguardo sono molteplici. La più discussa è quella che pensa Mila Kunis come una proiezione della distorsione percettiva che progressivamente altera la psiche della Portman. Quindi abbiamo la Portman che diventa il doppio di se stessa; il reale doppio di lei, ovvero Mila Kunis; e ciò che la psiche della Portman identifica come sua nemesi, nonché suo doppio a trasformazione avvenuta, ovvero di nuovo Mila Kunis.
E il naufragar m’è dolce in questo mare…
Possession, di Andrzej Żuławski (1981)

Qua seguitemi che se no è un casino.
Premessa: Possession è un film inquietante e fortemente disturbante. Se volete salvare la vostra psiche, allontanatevi.
Isabelle Adjani, l’ennesima donna troppo bella per essere vera di quest’articolo – i casi sono due: o questa è una coincidenza o io ho un problema -, interpreta Anna, madre di Bob e sposata con Mark, da cui però vuole divorziare. Mark è Sam Neill a.k.a. Jurassic Park. L’insegnante di Bob, Helen, è inquietantemente identica ad Anna (interpretata infatti dalla stessa Adjani, che è anche in Nosferatu), ma con gli occhi verdi. E già il primo doppio ce lo siamo tolto.
Anna è un personaggio con un equilibrio psichico che definire fragile è un eufemismo di quelli più gentili. Nel corso del film inizierà ad essere posseduta da un’entità non meglio specificata che la trasforma in un essere schiumante e delirante, l’opposto dell’Anna pacata e gentile che appare a inizio film. E anche il secondo doppio è andato.
Probabilmente a causa di questa possessione, o probabilmente per grazia divina, Anna si ritroverà incinta di una creatura mostruosa e tentacolosa, che la porterà ad un aborto spontaneo. Anna, però, confessa a Mark che l’aborto avrebbe coinvolto due gemelle: una, chiamata Fede, è morta, mentre l’altra, Possibilità, è sopravvissuta. Terzo doppio, come se fosse antani. Il risultato è che in casa di Anna viene ritrovato un essere schifoso e ripugnante.
Quest’essere si scoprirà essere incompleto e, una volta completato, si rivelerà come il doppelgänger di Mark ma con gli occhi verdi, come Helen. Basta, ho finito. Chiedo scusa.
The Playhouse, di Buster Keaton e Eddie Cline (1921)

The Playhouse è un cortometraggio di Buster Keaton, tra i suoi più famosi. Il principale elemento di interesse, che ha decretato la fortuna del corto, è anche ciò che interessa a noi per il nostro discorso.
Keaton, durante un’esibizione (che in realtà è un sogno) sul palco di un teatro, si trova a un certo punto ad interpretare tutti i ruoli presenti sul palcoscenico. All’epoca l’effetto speciale utilizzato era una tecnica rivoluzionaria, ma a noi interessa perché qui Keaton mette concretamente in pratica lo sdoppiamento del personaggio. Che in questo caso è uno sdoppiamento all’ennesima potenza, in quanto Keaton appare in 9 forme diverse sul palco.
Anche l’elemento del sogno è significativo per quanto riguarda il tema del doppio. Infatti da un lato c’è il solito Keaton sfigato e disastrato, mentre nel sogno diventa un personaggio di enorme successo, al punto da interpretare lui tutti i ruoli, anche il pubblico.
In più al risveglio Keaton vede due gemelle, che lui vede come quattro perché sono riflesse su due specchi e si innamora di una delle due, ma non è in grado di capire quale.
Split, di M. Night Shyamalan (2016)

Ok ammetto che questo è un caso un po’ limite. Ma se ci pensate Split fa più o meno la stessa cosa di Buster Keaton.
Anche in Split, come in Playhouse, c’è l’effettiva concretizzazione della doppiezza del personaggio. Certo, James McAvoy non compare 9 volte su un palcoscenico come Keaton, ma ha dalla sua il fatto che ha ben 23 personalità. In pratica Keaton è un dilettante.
Poi è chiaro che nel film non vengono rappresentate tutte e 23 le personalità, ma è assurdo pensare che McAvoy ne abbia interpretate così bene anche solo cinque. Perciò Split è un caso emblematico di film sul doppio, che il doppio addirittura lo trascende e lo supera. Un po’ come Il dottor Jekyll e Mr. Hyde, ma anziché essere in due sono in 23. Che in un periodo di distanziamento sociale non è proprio il massimo.
Sherlock Jr., di Buster Keaton (1924)
Sì, ancora Keaton. E ancora di più.
Torna l’elemento del sogno. Infatti il protagonista in questo caso è un proiezionista che vuole diventare un detective, con scarsi risultati nella vita da sveglio. Durante un proiezione al cinema, però, si addormenta e sogna di entrare nella pellicola che sta venendo proiettata, in cui lui è il miglior detective al mondo, Sherlock Jr. Un po’ il contrario di ciò che accade ne La rosa purpurea del Cairo.
Come potete vedere dall’immagine che sta qua sopra, Keaton ci mostra fisicamente lo sdoppiamento del protagonista, attraverso una sovrimpressione che ha fatto la storia del cinema.
Nella vita onirica, dunque, il personaggio può vivere il sogno che coltiva nella veglia, sviluppando perciò anche un profondo discorso autoriflessivo sul cinema e sulle sue possibilità come macchina creatrice di sogni.
Come se non fosse abbastanza, nel finale Keaton ci fulmina con uno sguardo in macchina che interroga direttamente lo spettatore con la faccia di ghiaccio dell’uomo che non rideva mai.
David Lynch

Articolo dopo articolo la mia ossessione nei confronti di Lynch si fa sempre più fitta.
David Lynch non è un film. E fin qui ci siamo tutti. Ma ho deciso di dedicargli un’intera sezione perché selezionare nella sua filmografia una sola opera che trattasse il tema del doppio era sostanzialmente impossibile, perché quasi tutte le sue produzioni trattano questo tema. Quindi ho optato per una selezione più ampia. Si accettano pagamenti via bonifico o via cashback di stato.
Per questa volta vi risparmio Twin Peaks.
Strade perdute (1997)

Per farla breve, qui ci sono due tipi di doppio: uno effettivo, l’altro più ambiguo.
Il primo doppio maschile riguarda la coppia Fred Madison/Pete Dayton, che di base sono due persone diverse, ma curiosamente uno si sostituisce all’altro all’interno del braccio della morte. In parole povere Fred, dopo aver avuto delle inquietantissime convulsioni in seguito a un potentissimo mal di testa, scompare e lascia il posto a Pete, che però è confuso e non ricorda cosa gli è successo il giorno prima di essere ritrovato al gabbio.
Successivamente i due si scambieranno ancora e Pete scomparirà lasciando a sua volta posto a Fred. La spiegazione più in voga al riguardo è un’abbastanza complessa interpretazione psicanalitica che vedrebbe Fred come incarnazione dell’Io, Pete come Es e l’inquietante cadavere qui sopra come rappresentazione del Super-Io. A ciò io aggiungo solo una cosa. Le interpretazioni dei film di Lynch sono tutte affascinanti e interessanti, ma nessuna di esse è corretta. Un’altra ipotesi, ad esempio, è quella del Nastro di Möbius.
A valanga si raddoppiano anche alcuni personaggi con cui Fred/Pete interagisce. Due su tutti: Robert Loggia è Dick Laurent quando c’è Fred, ma è il Sig. Eddy quando c’è Pete; Patricia Arquette, invece, è Renée quando c’è Fred e Alice quando c’è Pete; in ogni caso una figa.
Velluto Blu (1986)
Velluto Blu non tratta propriamente il doppio e sicuramente è, tra i film di Lynch, uno di quelli che lo fa meno. Tuttavia un paio di elementi ci sono.
Kyle MacLachlan, che qui interpreta Jeffrey, è, sulla carta, un bravo ragazzo di quartiere americano. La morbosità con cui tutto questo film è costruito, però, trovano in lui un punto cruciale. Infatti, nonostante Jeffrey sia sostanzialmente buono, quando viene messo a contatto con scene raccapriccianti e moralmente deplorevoli prova una strana e ambigua attrazione. Questo è uno della miriade di elementi che provano che il cinema di Lynch indaghi il male.
Portata alle sue estreme conseguenze questa caratteristica di Jeffrey lo porta a identificarsi in parte con Frank, uomo assolutamente malvagio, e in alcuni casi a sostituirvisi (leggi: anche lui picchia Isabella Rossellini). Letto in questa chiave Frank è un inquietante doppio malvagio di Jeffrey, o meglio un doppio che non è altro che l’estremizzazione delle pulsioni represse di Jeffrey. Lynch così però mi scavi dentro l’anima.
Tutto ciò è simboleggiato anche dalla doppia figura femminile a cui è affiancato Jeffrey. Laura Dern, che rappresenta il lato “buono”, e Isabella Rossellini, che rappresenta il lato perverso, malato.
Inland Empire (2006)

Non cercherò di spiegare questo film, per la mia – e per la vostra – salute mentale.
Per farla semplice. Ogni personaggio presente in Inland Empire ha, in qualche modo, un suo doppio. A partire dagli attori, che sono il personaggio di Inland Empire e il personaggio che interpretano nel film nel film, dissociandosi e perdendosi in essi. Ma anche la Lost Girl, intrappolata nella stanza, ma duplicata in Laura Dern. E anche il Fantasma. Tutto ciò perché il film che si sta girando in Inland Empire è il “remake” di un film maledetto e quindi tutti i personaggi si raddoppiano.
È più complicato di così, ma volevo venirvi incontro.
A ciò dovete aggiungere un ulteriore livello, che è quello della nostra realtà e che è anche quello della realtà di Laura Dern e Justin Theroux che interpretano due attori che interpretano due personaggi che poi non sanno più capire chi sono e si perdono in un labirinto di doppi.
Aspettate ancora un attimo per farvi venire il mal di testa.
Mulholland Drive (2001)

Più analizzo Lynch e più mi sembra che sia un uomo che è arrivato nella storia del cinema ed è stato capace di riassumerla e al contempo trasformarla, aggiornarla e modernizzarla.
Anche qui c’è il tema del sogno (e anche del sogno nel sogno, se vogliamo). E ovviamente il tema del doppio. Infatti entrambe le protagoniste sono una persona e la sua corrispondente proiezione onirica. Ma anche i vecchietti sono doppi, carini e coccolosi (ma anche inquietantissimi) e aggressivi e assatanati; anche Justin Theroux, regista fallito e di successo. E in generale tutti i personaggi di Mulholland Drive sono loro stessi e il loro doppio, perché la prima parte di film è un lungo sogno che Naomi Watts si crea per evadere da una realtà che la schiaccia e la delude.
Nella seconda parte accediamo (letteralmente) alla realtà. Questo meccanismo diventa la possibilità per Lynch di sviluppare un discorso metacinematografico in cui è tutto un’illusione.