
Dumbo e il dramma del live action Disney
Quei live action che (forse) solo un Disney lover può amare (semicit.)
Partiamo da due presupposti: pur essendo io un’amante dell’animazione Disney, Dumbo rientra tra i classici che ho visto meno. Perché? Perché mi ha traumatizzata da morire. A qualunque età io lo abbia visto non sono mai riuscita ad evitare di piangere come una fontana.
Presupposto numero due: io sono contraria ai live action, completamente, quindi questa recensione è condizionata tanto dal mio amore per la Disney quanto dal mio odio per questa scelta di produzione. Ciò non toglie che, per completezza conoscitiva, persevererò fino a quando mi sarà possibile nella visione dei suddetti remake.
Cercherò di dividere la mia recensione in pro e contro di questo film, ma ve lo premetto: i pro sono deboli, i contro sono tanti.
Pronti, via.
Pro
Rifare e aggiungere
Innanzitutto la prima cosa che ho trovato positiva è la scelta di non trasporre il film d’animazione paro paro. Se me lo chiami remake e vuoi rifarmi tutti i classici Disney, anche se mi rovinerai l’infanzia, vale la pena fare qualcosa di nuovo. Quindi a una prima impressione l’idea di avere di fronte tanto la storia di Dumbo, quanto una storia di personaggi umani, peraltro con ottimi attori nel cast (Colin Farrell, Danny DeVito, Eva Green, Michael Keaton) mi ha sollevata parecchio. Ci sono dei “ma” enormi, ma li vedremo nei contro.
Dumbo!
Dumbo è il pro principale del film: l’elefantino dalle orecchie enormi è dolcissimo, espressivo da morire, ti basta guardarlo negli occhi per più di 3 secondi per aver voglia di piangere. Non parla, eppure ti permette di empatizzare tantissimo quasi fosse un personaggio dotato di parola, e questo era il compito più difficile (specie nel live action, dove far parlare un animale fa scendere la serietà dei contenuti sotto lo zero a parer mio). Insomma, il film si intitola Dumbo e Dumbo funziona, le soggettive funzionano, le sue orecchie, i suoi occhi, tutto.
La morale
Diciamo che tutto sommato in Dumbo sono riusciti a trasporre i giusti contenuti, sia dalla trama originale che da quella nuova. Il solito e classico “credi nei tuoi sogni” passa bene e viene trasposto anche modernamente grazie ai ragazzini protagonisti; sono riusciti a non cadere troppo nella retorica anti circo, insomma, un bel Disney sotto questo aspetto, coerente a se stesso senza troppa retorica.
Danny DeVito
L’immortale. Da fanatica di Matilda è stato strano vederlo coi capelli bianchi e la sua vecchiaia al seguito, ma per quanto mi riguarda DeVito riesce sempre a scegliere ruoli che gli calzano a pennello. Il suo personaggio ha poco spazio, ma quello che ha rende benissimo e te lo fa amare come sempre. Sei il nonno che non ho mai avuto.
Eva Green
Scusate ragazzi, ma io dal momento in cui questa donna compare sulla scena non capisco più niente. La amo. Quindi per me è un pro del film, lei, i suoi costumi e i suoi gesti.

Contro
Qui veniamo alle note dolenti, molto dolenti.
La trama
Lo stesso pro del non trasporre paro paro il cartone diventa il più grosso dei contro. La trama di Dumbo è banale, ma soprattutto debole nella costruzione. Mi spiego: l’idea sembra quella di voler fare un film su Dumbo, incentrato su di lui, e contemporaneamente sui Farrier e le loro (dis)avventure, ovviamente tra loro intersecate. A tratti però sembra che lo spessore dato alla storia dei protagonisti umani sia alla stregua di personaggi secondari, lo spessore degli stessi personaggi è tale. Su tutti, il personaggio di Colin Farrell, Holt: al di là dell’interpretazione da bamboccio imbalsamato, c’è una linea sottile tra “padre freddo e introverso” e “non avevamo voglia di caratterizzarlo troppo, quindi giustificheremo con un trauma la sua scarsa capacità di espressione”. Insomma, c’è poca coerenza negli spazi, e non si riesce a capire quanta importanza volessero dare a chi e a che cosa.
Ah e scordatevi di empatizzare con chiunque, a parte Dumbo. Che andrebbe anche bene, se non mi menassero i maroni fin da subito con la triste storia della famigliola distrutta dalla guerra e la malattia e chi più ne ha più ne metta. Decidiamoci!
Il ritmo
(Ovviamente non riesco a non pensare a Kuzco e a “No! Mi hai rotto il ritmo!” Ogni volta che scrivo questa parola, scusate). Qui c’è poco da spiegare: Dumbo è troppo lento in tutta la parte iniziale e accelera nella parte più interessante, dove tutto succede in mezz’ora. Quella dell’incoerenza ritmica è una delle cose che mi disturba di più in un film, perché capisco che non sia semplice, ma è fondamentale dare i giusti spazi alle cose senza che sembri un collage alla rinfusa. Santiddio.
Gli attori
Uno si aspetta che da un Dumbo che vanta nel cast i nomi di cui sopra escano interpretazioni memorabili, e invece niente. A parte DeVito che si ama sempre, e che secondo me è forte del precedente di Big Fish sempre con Burton alla regia, il resto lascia veramente sconcertati. Non necessariamente le interpretazioni fanno cagare, è più una sensazione di spreco, che su tutti si palesa su Michael Keaton nei panni del cattivone: ecco, no, decisamente no.
Il regista
Tim Burton, l’uomo che è passato dal darci delle perle del cinema alla merda, l’uomo amato e odiato. Tim Burton che però ha sempre avuto una sua firma, un’impronta, che tutto sommato sembrava sposarsi bene con Dumbo: l’ambiente circense alla Big Fish, i grandi sogni, gli animali stramboidi, quel vaghissimo senso di inquietudine dato dagli elefanti rosa…
Scordatevelo. Se non ci fosse scritto in giro questo film potrebbe averlo girato chiunque. Mi aspettavo la magia e l’emozione dettata dall’ambiente da circo, dal salto nel vuoto, dalla meraviglia di un numero, e invece niente. E gli elefanti rosa lasciamoli perdere, infilati a forza che più a forza non si può.
Insomma ragazzi, come si diceva all’inizio, io sono contraria ai live action a priori. La Disney ha dimostrato di avere le palle per elaborare contenuti nuovi e quantomeno gradevoli, e di guadagnarci comunque al box office. Capisco molto di più i sequel allora (anche se anche lì stiamo cominciando a farla fuori dal vaso). Perché però puntare tutto su queste operazioni nostalgia che poi diventano traumi per noi che coi classici ci siamo cresciuti?
Date dei classici ai bambini di oggi, che ne hanno bisogno. E noi abbiamo bisogno di sapere che la Disney è sempre qui a proteggerci, con le sue colonne portanti fatte di disegni, non di attori.
Quello di cui non abbiamo bisogno è di andare in crisi di fronte a uno schermo che banalizza contenuti su cui siamo cresciuti, ma che non riusciamo ad odiare perché, sotto sotto, lì ritroviamo anche lì.
La Disney ha in mano la percezione di famiglia di milioni di ex bambini. Forse sarebbe il caso di avere un po’ più di riguardo verso una cosa simile, o no?