La fine dell’epoca delle serie procedurali
Il mondo delle serie tv sta cambiando a un ritmo difficilmente sostenibile, tanto che spesso anche per i critici è difficile starci dietro e registrare i mutamenti in tempo, ma fermiamoci un secondo a riflettere su uno degli aspetti più evidenti di questo fenomeno. Se ci guardiamo indietro e ripensiamo a cosa sono state le serie tv fino alla nuova ondata di questi ultimi anni scopriamo che, per la maggior parte, stiamo parlando di serie procedurali.
La serie procedurale è in sostanza quella che favorisce lo sviluppo della trama verticale rispetto a quella orizzontale: ogni episodio è semi-autoconclusivo e molto spesso non va a modificare nulla dell’assetto generale della trama.
Prendete ad esempio The Big Bang Theory: tra due puntate della stessa stagione, molto spesso, non è cambiato nulla. I personaggi sono sempre uguali a loro stessi e molto semplicemente vivono una nuova avventura. Allo stesso modo nelle serie crime come i vari C.S.I. abbiamo un’equipe di investigatori che in ogni episodio indaga su un caso diverso, ma all’inizio dell’episodio successivo la situazione di partenza è sempre la stessa bene o male.
Tra gli anni Ottanta e i primi Duemila possiamo registrare un caleidoscopio di serie definibili come procedurali: Magnum P.I., Miami Vice, Law & Order, Criminal Minds, The Mentalist, sono solo alcuni dei titoli più in voga, che hanno tenuti incollati allo schermo milioni di telespettatori.
E poi che è successo?
La grande popolarità delle serie orizzontali, ovvero quelle caratterizzate da una trama generale che progredisce episodio dopo episodio, ha fatto capire ai produttori che il pubblico, oltre ad affezionarsi ai personaggi, vuole affezionarsi anche a una trama, vuole sapere come va a finire. Curioso che proprio questo fattore, cioè il voler sapere come va a finire, che è tipico del giallo, sia stato per anni il motore di mostri sacri della televisione catalogabili come procedurali come La signora in giallo, il già citato C.S.I., Colombo, Ellery Queen, NCIS, eccetera.
Un caso emblematico è quello delle sit-com, serie procedurali per eccellenza, che negli ultimi anni si sono evolute verso qualcosa di ibrido, passando dal rigor mortis (si parla di mobilità della trama, eh) di serie tipicamente Nineties come Willy, il principe di Bel-Air, a serie come Scrubs, How I Met Your Mother, o lo stesso The Big Bang Theory, che nelle sue ultime stagioni ha virato decisamente verso una maggior obliquità della trama generale.
La cinematograficità delle serie tv
Se vogliamo azzardare un’ipotesi potremmo dire che un fattore determinante per il cambiamento è la sempre maggior cinematograficità delle serie tv. La crescente qualità dei comparti tecnici – e si pensi alla sceneggiatura di Breaking Bad, alla regia di True Detective, all’effettistica e alle scenografie de Il Trono di Spade – la capacità di dare corpo a mondi narrativi che raramente si sono visti al cinema, si prestano poco agli schemi fissi e ripetitivi del procedurale.
Oggi lo spettatore concepisce la serie tv non più come un passatempo da casalinghe o come “il cimitero degli elefanti” (definizione determinata dal fatto che un tempo i grandi attori sfruttavano le serie solo per concludere le loro onorate carriere), ma come una valida (e spesso migliore) alternativa al cinema. Le differenze si stanno a poco a poco appianando: le star del cinema cercano le serie, i migliori sceneggiatori e registi spesso le sfruttano come trampolino di lancio (si pensi alla coppia Cary Fukunaga/Nic Pizzolatto di True Detective), le produzioni investono cifre una volta impensabili (e prodotti come Westworld lo dimostrano).
In due parole: qualità e realismo, due attributi che spesso non si sposano bene con lo schema ormai farraginoso della serie procedurale, utile sì per affezionare il pubblico ai personaggi e alle loro peripezie, ma non più sufficiente a soddisfare uno standard che si è alzato a livelli mostruosi.
Nuove tendenze
Le serie sono state costrette a cambiare, spinte dalle nuove tendenze imposte da serie ormai di culto come The Wire, Oz, il già citato Breaking Bad, House of Cards, Il Trono di Spade e numerose altre. Si affermano così nuovi modelli, come quello “antologico”, in cui ogni stagione presenta un nuovo scenario, nuovi personaggi, nuove storie all’interno di un mood prefissato. Esempi calzanti possono essere la serie horror American Horror Story, oppure True Detective.
C’è poi il modulo ibrido tra serie procedurale e non, come ad esempio Dr. House – Medical Division oppure Sherlock: serie tendenzialmente procedurali, ma alla cui base sta una storia di fondo che molto spesso si interseca con le trame verticali dei singoli episodi.
Altro caso interessante è quello di Black Mirror, che potremmo definire come antiprocedurale per eccellenza, in quanto ogni episodio presenta una storia a sé che va a riflettere sul tema fondativo del brand, ovvero come le nuove tecnologie aprono spiragli tenebrosi nel futuro dell’umanità.
Il mondo delle serie tv, come abbiamo visto, sta cambiando a una velocità spaventosa, confermandosi come il vero e proprio fenomeno culturale del nostro tempo. In un mondo che non ha più tempo nemmeno per sé stesso, mentre in ambito letterario le raccolte di racconti recuperano terreno sui romanzi, in ambito multimediale il cinema sta vivendo la prepotente rimonta della forma seriale.
E, in alcuni casi, pare che il sorpasso sia già stato effettuato.