
Easy Rider: la Libertà tra sogno e paura
Ci sono film e film…
Ci sono film che restano solo e soltanto film: emozionano, divertono, intrattengono, conducono lo spettatore passo dopo passo fino alla conclusione della loro storia lasciando quella piacevole sensazione di aver visto qualcosa di gradevole.
Altri film, invece, sembrano riguardarci direttamente: riescono a proiettare sullo schermo le immagini delle nostre sensazioni, della nostra intimità, e sentiamo un legame speciale con questo tipo di pellicole che diventano di conseguenza parte di noi.
Ma ci sono film capaci di andare oltre, di superare l’individualità dello spettatore riuscendo a incarnare tutte le paure, le illusioni e i sogni di un’intera generazione, diventare un manifesto sociale e culturale di un preciso momento storico.
Easy Rider – Libertà e paura è semplicemente tutto questo: forse, nessuno negli uffici della Columbia Pictures nel 1969 pensò che un piccolo film indipendente girato quasi senza sceneggiatura, costruito passo dopo passo durante le riprese, potesse diventare non solo un film in grado di salvarla dalla prevista bancarotta, non solo un’opera d’arte memorabile ma Easy Ridercome concetto, un archetipo, uno stile di vita desiderato e temuto allo stesso tempo. Il viaggio in motocicletta intrapreso dai due moderni cowboy Peter Fonda e Dennis Hopper sulle strade della California fino al carnevale di New Orleans è l’emblema della libertà tanto cercata e rivendicata dalle manifestazioni giovanili del ’68 che cambiarono drasticamente le coscienze e le mentalità tradizionali del tempo.
Perché il tema della Libertà in Easy Rider è trattato in modo originale?
La Libertà, tema centrale del film, della ricerca, della rincorsa incessante verso essa, della paura, del rifiuto, dell’incapacità di saperla affrontare; lasciare ogni legame col passato, con il tempo e ogni tipo di regole (la scena simbolo in cui Peter Fonda si libera del proprio orologio da polso nel deserto prima di intraprendere il proprio viaggio); affrontare l’inevitabile scontro non solo con le avversità del mondo, ma soprattutto con se stessi; scoprire, ammettere e vivere drammaticamente le vergogne, le paure, le nudità nascoste del nostro essere (la scena nel cimitero di New Orleans, nel penultimo atto del tragico viaggio dei due protagonisti simboleggia tutto questo). Easy Rider è la rappresentazione cinematografica del desiderio di libertà di un’intera generazione (e di quelle a seguire), dello smarrimento, del tentativo di poter raggiungerla e viverla davvero, imparare a pagarne il prezzo, qualunque esso sia: i due protagonisti del film esclusi e temuti da tutti, nel drammatico finale affronteranno tragicamente la società americana non ancora pronta a porsi di fronte alla loro condizione di uomini liberi da ogni vincolo sociale.
Il personaggio di Jack Nicholson, il giovane avvocato alcolizzato in cerca di avventura che si unisce ai due protagonisti, tra le figure più interessanti e importanti della Nuova Hollywood che seguirà, spiega all’inconsapevole protagonista (e regista) Dennis Hopper il senso della libertà, della paura di questa e dell’illusione di sentirsi liberi in un mondo di prigionieri in uno dei dialoghi più iconici della storia del cinema:
– Una volta questo era proprio un gran bel paese e non riesco a capire quello che gli è successo.
– È che tutti hanno paura ecco cos’è successo. Noi non possiamo neanche andare in uno di quegli alberghetti da due soldi, voglio dire proprio quelli da due soldi capisci? Credono che si vada a scannarli o qualcosa, hanno paura.
– Si ma non hanno paura di voi, hanno paura di quello che voi rappresentate.
– Ma quando?… Per loro noi siamo solo della gente che ha bisogno di tagliarsi i capelli.
– Ah no… Quello che voi rappresentate per loro è la libertà.
– Che c’è di male nella libertà? La libertà è tutto.
– Ah sì, è vero: la libertà è tutto, d’accordo… Ma parlare di libertà ed essere liberi sono due cose diverse. Voglio dire che è difficile essere liberi quando ti comprano e ti vendono al mercato. E bada, non dire mai a nessuno che non è libero, perché allora quello si darà un gran da fare a uccidere, a massacrare, per dimostrarti che lo è. Ah, certo: ti parlano, e ti parlano, e ti riparlano di questa famosa libertà individuale; ma quando vedono un individuo veramente libero, allora hanno paura.– Eh la paura però non li fa scappare!
– No, ma li rende pericolosi.
Le sensazioni di uno spettatore
Easy Rider lascia davvero quel senso di Libertà e di Paura che il sottotitolo dell’edizione italiana esprime: voglia di partire, a bordo del proprio mezzo, con la compagnia giusta e indispensabile di un amico, viaggiare in lungo e in largo alla ricerca di un niente, o forse di un tutto. Vivere avventure sempre nuove, non preoccuparsi dei programmi, delle prenotazioni, delle regole, delle promesse e degli impegni lasciati indietro alle proprie spalle. Temere di perdersi e non poter più tornare indietro, paura di incontrare ostacoli tra noi e il concetto di Libertà che stiamo cercando. Riflettere su che cosa significa davvero questa parola tanto abusata, tanto storpiata nei significati. Easy Rider, cinematograficamente parlando, offre un vasto campionario di riflessioni diverse su questi argomenti, ed è capace di farci sognare e farci spaventare allo stesso tempo di un viaggio così bello. Raramente il cinema ha saputo offrire esperienze simili agli spettatori.
L’eredità di Easy Rider
Il film fu un successo di critica e di pubblico (grazie anche alla leggendaria colonna sonora dei Byrds, dei Buffalo Bills e dei tanti altri gruppi che animavano la scena musicale statunitense), rivoluzionando codici narrativi e cinematografici classici (inventando in un certo senso il road movie moderno) e dimostrando che anche le produzioni indipendenti potevano diventare film di culto e di grande successo commerciale. Ancora oggi, pubblicità, vestiti, modelli di svariate motociclette e modi di esprimersi del nostro parlato rimandano direttamente a questo film, a dimostrazione del fatto che Easy Rider – Libertà e paura è una pellicola capace di parlare di temi senza tempo che hanno caratterizzato il passato e che apparterranno al futuro, rendendo il film un’opera immortale.