
Ella e John: ma non doveva essere un viaggio spensierato?
Aprire la vecchia scatola di metallo piena di biscotti che la nonna aveva sempre in casa e trovarla piena di chiodi e altre cianfrusaglie. Bene, guardando Ella e John ho provato quella stessa sensazione mista a tristezza e delusione, sentendomi un’altra volta fregato e illuso. Ho guardato il trailer, errore da non fare mai, per non aspettarsi qualcosa da un film, con l’impressione di aver scelto una commedia leggera, ricca di complicità dove il romanticismo non muore mai. Invece non è assolutamente così. O meglio, forse un minimo lo è anche, ma l’effetto da allegro film indipendente dura poco per poi morire in una pesantezza drammatica, a tratti soffocante.
Paolo Virzì (Ovosodo, Tutta la vita davanti, Il capitale umano, La pazza gioia), decide di fare le cose in grande, salire su un aereo e girare il suo film in America. Ingaggia due attori vincitori di premi Oscar, non il primo a caso diventato famoso grazie al Grande Fratello, per sviluppare una storia d’amore mischiata a un viaggio on the road attraverso le grandi strade americane, con una destinazione più che indefinita o, meglio, chiamata felicità.
John (Donald Sutherland) è un professore di lettere in pensione con la passione per gli hamburger e per Ernest Hemingway, malato di Alzheimer, perso dentro un suo mondo immaginario. Nonostante tutto lui si sente contento e felice, forse proprio perché ha la sfortuna o fortuna di non riuscire ad accettare la realtà. Lei, la moglie Ella (Ellen Mirren), intraprende questo viaggio con la consapevolezza che sarà l’ultimo, vittima di una malattia ormai incurabile.
Così senza consultare le mappe e le guide sui migliori ristoranti tipici, i due anziani salgono su un vecchio camper soprannominato Leisure Sicker, (italianizzato in una cosa come cercatore di felicità) partendo senza avvisare nessuno. I figli rimasti sconvolti da questo spirito d’iniziativa sono presi dal panico, anche se sotto sotto si sentono liberati a loro volta dal peso della responsabilità.
Gli attori sicuramente sono bravi, ma puntano in maniera eccessiva sul dolore emotivo strizzando l’occhio a un male di vivere sempre più evidente. I momenti, diciamo volutamente “più allegri”, sortiscono quasi un effetto grottesco, sorridendo per il comportamento da vecchio rincoglionito del povero John.
Il regista ha coraggio nell’affrontare i temi della malattia e dalla vita da anziani, sbaglia però la combinazione tra malinconia e felicità. Mi sono sentito abbandonato in un ospizio nascosto in qualche paesino americano, provando una sensazione claustofobrica con la voglia di arrivare velocemente alla fine per uscire e respirare a pieni polmoni.
Il viaggio è solo un modo per spostare i due in maniera meccanica senza un vero e proprio spirito d’avventura. Le ruote del camper schiacciano la bellezza della natura, trasformando l’America in una triste autostrada Torino-Brescia. Durante le soste i protagonisti s’imbattono in personaggi che sembrano usciti da Lady Bird, come la cameriera Chantal, abbandonati troppo presto per non alleggerire il dramma interno della coppia.
Ci può stare che il finale non sia disneyano da vissero tutti felici e contenti, però non mi aspettavo neanche un’altra iniezione di delusione e tristezza. E questa volta non si può stare zitti e ingoiare il rospo. Forse mi accuserete di essere un eterno romantico, però non era necessario distruggere e sputare sopra l’amore di Ella e John.
Potrei descrivere questo film con la metafora della brioche, da me inventata. Tranquilli ora provo a spiegarvela. Siamo nel nostro bar preferito, appena svegli, con i capelli ancora arruffati e le occhiaie dovute alla maratona di serie tv, diamo un morso al nostro dolcetto preso senza neanche guardare. Al secondo morso ci stiamo chiedendo se ci sarà la marmellata mentre al terzo imprechiamo internamente per aver preso una brioche vuota. Ecco Ella e John ha proprio questo difetto. Ti aspetti che prima o poi arriva la marmellata a esaltare la visione, continuando però a osservare scene che diventano sempre più pastose e poco digeribili.
Non ho idea delle abitudini alimentari di Hemingway, ma so che questo film oltre ad avermi distrutto mi ha anche sconfitto.