
Espiazione: il senso di colpa e il potere delle parole
Arriva un momento, nella vita di tutti, in cui risuona il ciaff secco di una discreta sberla assestata dal genitore di turno al grido di “chi ti ha insegnato queste parole?”. Perché, diciamocelo, niente cattura l’attenzione di un bambino come una parolaccia. Soprattutto quando intuisci che questa ha un’aura tutta sua, sporca e misteriosa, e sei al tempo stesso inorridito dalla volgarità della parola e deliziato dalla tua audacia nel ripeterla. Ma che succede se la parola in questione è così terribile che nemmeno si riesce a pronunciarla? In Espiazione, cose ancora più terribili.
Qual è la parola più brutta che riesci a immaginare?
Bryony, la più piccola di casa Tallis, è una ragazzina dotata di una straordinaria immaginazione. Vuole fare la scrittrice, e sta preparando il copione di una commedia teatrale per l’arrivo del fratello più grande, Leon. Nella recitazione sono coinvolti anche i cugini Quincey, tutto sembra in ordine e pronto per il debutto della piccola regista nella sua prima produzione, Le disavventure di Arabella. Se non fosse che giù in giardino sta succedendo qualcosa: Bryony si affaccia alla finestra e vede sua sorella maggiore Cecilia uscire dall’acqua della fontana, seminuda, con la sottoveste bagnata; con lei c’è Robbie Turner, il figlio di una domestica dei Tallis.
La visione di questa scena, che Bryony non riesce a spiegarsi del tutto, pianta in lei un seme di turbamento e inquietudine destinato a crescere durante la giornata e a sbocciare con prepotenza la sera stessa, quando la ragazzina apre una lettera che non doveva aprire, e legge una parola che non doveva leggere.
Di che parola si tratta, da essere così spaventosa e oscura? Con buona pace dei paladini del no spoiler, lascerò a voi il piacere di scoprirla durante la visione di Espiazione. Spenderò giusto una riga in più per informarvi che in inglese, se usata fuori contesto, è il peggiore degli insulti (e comunque non è che di per sé sia un termine così raffinato, ecco). L’errore che Bryony commetterà coscientemente, la bugia che dirà sapendo di mentire, il destino a cui condannerà un innocente – tutto questo sarà la conseguenza dell’autosuggestione data da quella parola.
Non dirò nient’altro neanche sulla trama, perché gli eventi che costruiscono la storia di Espiazione sono come una valanga che guadagna neve e velocità man mano che scende per il fianco della montagna, e non si sa dove terminerà la sua corsa – malgrado il presentimento che finirà male. Espiazione è soprattutto una storia raccontata da vari punti di vista, tratta dall’omonimo romanzo di Ian McEwan, e il film ha il difficile compito (ben riuscito, bravo Joe Wright) di tradurre in immagini questa particolarità. Non è, invece, un film sulla guerra: la macro-storia del conflitto mondiale che coinvolge i protagonisti e li sbalza letteralmente da un mondo all’altro è innanzitutto un esercizio estetico, una cornice, e anzi sembra più un’ulteriore conseguenza delle azioni di Bryony che non una testimonianza storica.
Tra case di bambola e spiagge straziate
Una delle cose più belle di Espiazione è la fotografia di Seamus McGarvey, che restituisce intatte le atmosfere cristalline e articolate evocate da McEwan. Le ambientazioni sono a dir poco bellissime, soprattutto gli interni, un trionfo desaturato di carta da parati, arredamento fine anni ’30 e corridoi infiniti, lungo i quali Bryony marcia come in un labirinto, seguita costantemente dalla macchina da presa.
L’effetto estetico finale è forte anche nelle ambientazioni esterne: il lungo piano sequenza dei soldati sulla spiaggia è un paesaggio ritratto con toni romantici, che quasi trascendono l’orrore reale della guerra.
Scripta manent, soprattutto a macchina
Espiazione è una storia sul potere incontrollabile della parola, scritta e pronunciata. Nient’altro se non la macchina da scrivere poteva essere il leitmotiv del film: la troviamo come oggetto-feticcio di Bryony sulla sua scrivania, vediamo il font nei titoli di testa battuti lì per lì, assistiamo alla scrittura della lettera di Robbie – non dirò nient’altro sulla lettera, non dirò nient’altro sulla lettera, non dirò nient’altro sulla lettera… ok, posso continuare – , sentiamo addirittura il rumore dei tasti che diventa il ritmo portante della colonna sonora, quasi fosse una incessante marcia militare.
Bryony è un personaggio ossessionato dall’ordine e l’uso della macchina da scrivere è il suo tentativo di razionalizzare il caos del mondo (anche del piccolo mondo di casa Tallis, con i cugini letteralmente rifugiati lì dopo il divorzio dei genitori, la signora Tallis austera e distante, la confusione degli ospiti della cena).
Robbie usa la macchina da scrivere per comporre la sua lettera per Cecilia: battere a macchina è un processo che non ammette errori, che obbliga a una costruzione lineare, che non fa spazio ai tentennamenti. In poche parole, quando batti a macchina devi avere le idee molto chiare su quello che vuoi scrivere. Tutte le parole devono essere ben allineate nella tua mente, e nella mente di Robbie c’era chiaramente quella parola. Ops, ne sto parlando ancora. Sento il demone dello spoiler fissarmi dall’ombra, facciamo che basta così.
Quando gli attori sono i loro personaggi
Una delle stelline è tutta per gli attori di Espiazione. Prima su tutte il fenomeno dal nome impronunciabile Saoirse Ronan (che farà poi la sua discreta figura anche in Amabili resti), il volto alla Bryony tredicenne, seria al punto giusto, al tempo stesso impassibile e impanicata, un personaggio dalle mille sfumature che parla più con gli occhi che con la voce. James McAvoy (appena visto in Split) fa vivere esattamente quel Robbie Turner descritto da McEwan, e questa volta anche Keira Knightley fa pace con la sua gamma di espressioni facciali mooolto basica grazie a una parte che sembra fatta apposta per lei, quella di Cecilia. L’intero cast (tra cui un inquietante Benedict Cumberbatch nel ruolo di Paul Marshall) riesce a tirare fuori un sottotesto molto importante della storia: l’importanza del non detto, del non verbale, della suggestione al posto della spiegazione.
Espiazione ti fa entrare nei pensieri e nei turbamenti dei personaggi e lì ti imprigiona, per liberarti solo alla fine, dopo averti lasciato disorientato e con lo stesso senso di colpa opprimente di Bryony, carnefice degli altri e vittima di sé stessa.