
Everest – L’ascesa impossibile
Spesso la natura si ribella contro l’uomo, presentandogli il conto del suo operato. Invece altre volte è l’uomo che va contro natura, tentando sfide impossibili o quasi, tra cui possiamo tranquillamente mettere la scalata ad una delle più alte montagne del mondo, l’Everest. Scalare una delle cosiddette “ottomila”, le montagne con quote superiori agli ottomila metri, è sempre una sfida al limite per l’essere umano. Non siamo stati concepiti per vivere a certe altezze e lo stress fisico e mentale (componente importantissima) è difficilmente sostenibile. Ma diciamo la verità, il fascino della quota, dell’altezza, di volare, della scalata impossibile… è irresistibile. Molte persone dicono “il cielo è il limite massimo”… ne siamo propri sicuri?
Trama: Siamo nel 1996 e troviamo uno scalatore esperto, tale Rob Hall (Jason Clarke), che per vivere si è inventato un lavoro, ovvero quello di guidare gruppi di persone nella scalata di una delle montagne più impervie del mondo: l’Everest. Naturalmente il tutto salvo lauto compenso, tanto che troviamo gente ricca come Beck (Josh Brolin) e gente che risparmia tutto l’anno per esser lì. La spedizione di quell’anno è più importante delle altre in quanto all’interno del gruppo c’è un giornalista che dovrà scrivere un articolo sulla mitica ascesa, che potrà fare pubblicità al buon Rob. La normale routine è che il gruppo si incontri un paio di mesi prima, si conosca, si alleni e si prepari per la difficile scalata.
Perché come dice Rob, l’uomo non è stato creato per vivere all’altezza di crociera di un Boeing 747 e a quell’altitudine il corpo inizia a morire. E già lì si capiva che questo Mr. Hall non era sicuramente un mental coach… vabbè! Nei vari campi base, ai piedi della montagna, si trovano altri gruppi di spedizione, come quello dell’estroverso Scott Fischer (Jake Gyllenhaal). Rob è molto preoccupato perché in quella stagione tutti provano la scalata e la sua paura è di trovare “traffico” in quota, cosa che metterebbe a rischio tutta la cordata. Non stiamo parlando di autostrade ma di passaggi da brividi e star fermi ad aspettare a quelle quote può risultare fatale. Infatti come dice lui ai suoi clienti, il suo compito è sì quello di farli arrivare in cima, ma cosa più importante è quella di riportarli giù sani e salvi. Rob propone un accordo e di partire scaglionati rispetto agli altri capi di spedizione, ma l’unico che accetta è Scott.
Intanto arriva il 10 Maggio 1996, data scelta da tutti per la partenza, e inizia l’ascesa.
Riuscirà il gruppo di Rob ad arrivare in cima? Riusciranno i vari gruppi a non ostacolarsi? Siamo sicuri che la data scelta sia giusta per tentare l’ascesa? Rob tornerà da sua moglie (interpretata da Keira Knightley) incinta?
Il film è stato presentato alla 72a Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia e ha avuto subito un buon riscontro di critica. Il film può essere suddiviso in due parti. La prima parte è quella legata alla conoscenza dei personaggi, non nel dettaglio, ma un’infarinatura generale (chi sono, da dove vengono, etc.), e dalla preparazione alla scalata. Rob mette il gruppo in guardia sulle difficoltà che troveranno, ma non sembra particolarmente preoccupato, salvo sul discorso che sono troppe le spedizioni a partire nello stesso giorno.
La seconda parte del film è invece d’azione e dramma, che naturalmente coincide con l’ascesa. Durante la scalata, e relativamente a quello che succede in quota (non vi anticipo nulla, guardatevi il film), conosciamo meglio i personaggi e i loro “segreti”. Perché non c’è modo migliore di conoscere una persona di quando è al limite.
Naturalmente questa spaccatura del film in due parti ha il preciso scopo di far crescere la tensione e l’interesse per il film, con un inizio volutamente lento e poi decisamente più rockeggiante avvicinandosi al finale (mi sento un po’ Adriano Celentano).
I personaggi hanno motivazioni diverse per scalare l’Everest. Chi lo fa per sé stesso, chi perché si crede un grande sportivo, o chi lo fa più per altre persone (come una sorta di portabandiera). In pratica si cerca di prendere vari elementi di ceti sociali differenti e di metterli tutti allo stesso livello di fronte alla montagna. Non ci sono soldi, classe sociale o status particolare che tenga di fonte alla scalata del mostro.
Il cast è di primissimo livello e cooperante, dando ampio risalto a tutti, anche se la vera protagonista è la montagna e i suoi panorami. I due personaggi migliori sono quelli di Gyllenhaal e della Knightley, che recita tutto il tempo attaccata ad un telefono.
Gli effetti visivi e la fotografia sono i punti forti del film, che è un buon prodotto molto godibile. Ecco, per renderlo un gran film manca un po’ di epicità, ma è difficile capire se questa assenza sia legata a sceneggiatura o a come è stato girato.
A voi piacerebbe scalare l’Everest? Durante il film me lo sono chiesto più volte (questo credo sia un gran pregio del film) e la mia risposta è si. Anche se avrei una paura tremenda, e il film non mi ha aiutato…
Comunque ci tengo a dirvi che la cosa più difficile non è salire ma scendere…
Sull’Everest ma anche nella vita.