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I falsi miti dell’animazione in CGI

Verso la fine degli anni ’90, l’animazione in CGI fece la sua comparsa sulla scena. Il primo film realizzato con questa tecnica fu Toy Story (1995) e, da allora, il computer ha sostituito progressivamente l’animazione tradizionale. Con l’avvento del nuovo millennio si può dire che quest’ultima sia sostanzialmente scomparsa, eccetto alcuni casi sporadici.

In ogni caso, non voglio tracciare una storia dell’animazione computerizzata. Voglio invece concentrarmi su una altro aspetto che, apparentemente, caratterizza questo tipo di produzioni: il target più ampio rispetto a quello dell’animazione tradizionale. Intendiamoci, probabilmente l’avanzamento tecnologico ha in realtà poco a che fare con il cambiamento. Può darsi che le case produttrici avrebbero ugualmente intrapreso questa strada, computer o no. Sta di fatto che, da quando la CGI domina, hanno visto la luce alcuni franchise milionari rivolti – come va di moda dire – a grandi e piccini e recepiti come tali dalla maggior parte del pubblico.

Non che l’animazione tradizionale non possa essere apprezzata dagli adulti, intendiamoci. Quando becco in TV Aladdin, potete stare certi che me lo guardi. Perché sono cresciuto con quel cartone e, ogni tanto, fa piacere a tutti tornare bambini. È però innegabile che i grandi classici dell’animazione tradizionale fossero primariamente rivolti ai bambini. Anche in fase di promozione del prodotto, per esempio, si tendeva ad esaltarne gli aspetti ludici e fiabeschi.

Nel caso delle grandi saghe in CGI invece, già in sede pubblicitaria, si presenta il film diversamente. Pensate ai vari Shrek, L’era glaciale e compagnia cantante. I vari film vengono presentati come adatti a tutti. Anzi, in certi casi si privilegia il pubblico adulto. Le case di produzione sono sempre in cerca di nuovi incassi e, in questo caso, hanno trovato terreno fertile. Oramai una buona fetta fetta di pubblico “grande” va a vedere regolarmente le nuove uscite, a prescindere dalla presenza di bambini al seguito. Se domandate loro perché ci vadano, in molti casi vi risponderanno: “Perché…” e completeranno la frase con una delle seguenti ragioni. Si tratta, a mio parere, di falsi miti.

La trama e i temi trattati sono più adulti

Leggenda vuole che la nuova animazione in CGI tenda a trattare temi più adulti rispetto agli standard dell’animazione tradizionale. Inoltre, la sceneggiatura si avvicinerebbe al cinema d’azione e fantasy, rendendo la narrazione più imprevedibile e ricca di colpi di scena. Ma veramente credete che il film dei Minions sia più adulto di, che ne so, Il re leone? Quest’ultimo è ispirato chiaramente all’Amleto e tratta temi delicati come la morte e il destino, i Minions sono pupazzi gialli sgrammaticati. La scena che vi ho messo sopra non è abastanza adulta? Quanto alla sceneggiatura, è semplicemente una questione di qualità. C’erano opere mature e ben scritte allora e ce ne sono oggi, come c’erano le boiate allora e ci sono oggi. Quindi, se sentite qualcuno che pretende di convincervi che i film di oggi sono più adulti di quelli del passato, fategli vedere i predetti Minions per una settimana di fila, con gli occhi tenuti sbarrati stile Arancia meccanica.

I nuovi film d’animazione fanno ridere tantissimo

Già, a quanto pare con la nuova animazione in CGI ci si ammazza dalle risate. Sembra che buona parte del pubblico adulto di queste produzioni li scambi per film comici. A leggere alcuni commenti sui social, alla visione di Dory che dimentica le cose, viene quasi il dubbio che i fortunati utenti abbiano assistito al ritorno in grande stile dei Monty Phyton. In realtà non è cambiato quasi nulla rispetto a qualche decennio fa. Oggi, è vero, sono stati sdoganati definitivamente alcuni elementi “osceni” come rutti e flatulenze. Ma si tratta sempre di umorismo infantile, facilone. Pensate per un attimo ai Looney Tunes. Animazione tradizionale, eppure un umorismo molto simile a, chessò, uno scoiattolo che insegue ossessivamente la sua ghianda.

La nuova animazione in CGI vanta un sacco di personaggi irriverenti e fuori dalle righe

Questo punto è strettamente conneso al precedente. Perché, di norma, il personaggio fuori dalle righe è anche quello che fa più ridere. Perciò, ad esempio, il ragazzo protagonista di Hotel Transilvania, che tratta il Conte Dracula come fosse il compagno di banco del liceo, diventa motivo di attrattiva irresistibile verso il film. Spesso non ci si rende conto che questi personaggi esistevano già da prima. Non c’è stata alcuna rivoluzione. Timon e Pumbaa, il Genio, Mushu, sono esempi di personaggi guasconi, dalla battuta pronta, poco inclini al rispetto di una qualche etichetta. Niente di nuovo sotto il sole.

Dove voglio arrivare?

Qual è il punto di tutto ciò? Il punto è che ho la sensazione che ci sia la tendenza a voler a tutti i costi cercare qualche scusa per paura di apparire infantili. In parte ciò è dovuto al battage pubblicitario. Se ci dicono 8000 volte che un tal film fa sbellicare dal ridere è probabile che alcuni di noi se ne convincano. Però ho anche la sensazione che ci sia difficoltà a dire semplicemente: “guardo i film d’animazione perché mi piacciono”.

Non c’è nulla di male nel tornare bambini per un attimo. Si sente il bisogno di convincersi che i nuovi film di animazione facciano più ridere e siano più adulti di una volta. Lo si dice, a volte, anche quando si va a vedere una stupidata che annoierebbe un bambino di tre anni. È un comportamento del tutto illogico.

Un’evoluzione c’è stata, ma si tratta di un processo lento, non di certo ascrivibile a questi ultimi anni. È normale che un film d’animazione attuale sia diverso da un Biancaneve e i sette naniche è del 1937. Ma non è nemmeno vero che di botto, dal 2000 o giù di lì, i “cartoni” siano diventati TUTTI più adulti o più comici e irriverenti. Le radici del cambiamento si trovano già nel Rinascimento Disney, ad esempio. Sono convinto che Alla ricerca di Nemo sia tanto adulto quanto La sirenetta, giusto per dirne una. Per cui, andate sereni al cinema a vedere i vostri cartoni animati. Quando sono prodotti di qualità non vi serve una scusa. Se invece vi piacciono cose come questa:

mi spiace, ma DOVETE assumervi le vostre responsabilità di fronte alla società. Nessuna attenuante.

Mattia Carrea

Nato nel 1988, passa buona parte dei suoi 28 anni a seguire le più grandi nerdate mai prodotte nella storia del cinema e della televisione. Difficilmente scriverà di grandi film d'autore, siete avvisati!
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