
Fellini fine mai: il cinema danzante che non tramonta
La diciottesima edizione del Ravenna Nightmare Film Fest prosegue con l’introduzione di Celebrazioni. Questa, è la sezione che onora i grandi Maestri della storia italiana che hanno contribuito alla rinascita artistica del nostro paese. Tra questi, incontriamo l’intramontabile Federico Fellini.
Eugenio Cappuccio ricostruisce il percorso che lo ha portato a conoscere Fellini da adolescente e successivamente a collaborare con lui sul set di Ginger e Fred. Grazie al ricchissimo repertorio televisivo della Rai, il film si arricchisce di numerose testimonianze originali di chi ha collaborato con il maestro riminese.
Fellini diceva che “l’unico vero realista è il visionario”, ossia che l’unico modo per cogliere l’anima della realtà non è cercare di riprodurla così com’è, ma essere visionari, guardare oltre. Infatti, il regista ha dato corpo alle sue visioni andando al di là degli schemi, al punto da essere uno dei pochi registi il cui nome è diventato un aggettivo, “felliniano“, appunto.
Credo che la più bella definizione del cinema di Fellini sia una frase appartenente al film Ricotta di Pasolini. Qui Orson Welles, alla domanda “cosa ne pensa di Fellini”, risponde “Fellini danza”. Il suo è davvero un cinema danzante, è un cinema che ha un ritmo. E, tra l’altro, in ogni film c’è una scena madre in cui qualcuno balla. Il ballo è inteso come chiave e tratto stilistico fondamentale del suo cinema.
Nel documentario viene sottolineato anche un altro tratto di Fellini: “mi sono inventato tutto”. Fellini era un bugiardo, come hanno riportato tutte le persone che lo hanno conosciuto, ma come ha anche ammesso lui stesso. Lui ammetteva di mentire spudoratamente.
Fellini diceva di giocare, ma sosteneva che c’era sempre un fondo di verità dietro a tutte le maschere che metteva in mostra. C’è una verità non solo sul personaggio, ma sulla vita umana. Era un cantastorie, amava raccontare con uno spirito che è più vicino alla fantasia che alla riproduzione della realtà così come la intendiamo.
Non gli interessava il fatto che si vedesse la finzione cinematografica dietro la sua neve di polistirolo o il suo mare di plastica. Tutto questo non importa, perché per lui il cinema è una favola. Ad esempio, Amarcord è un ricordo colorato della sua Rimini prima della guerra. Ma non va a girarlo a Rimini, lo gira nei teatri di Cinecittà.
Nel documentario viaggiamo infatti tra le due città chiave di Fellini: Rimini, la sua patria, e Roma. Tutta la sua vita e la sua carriera sono rimaste in bilico tra questi due luoghi, con cui aveva un rapporto di continua oscillazione. A Rimini si sentiva soffocare, non vedeva l’ora di scappare, ma quando poi andava a Roma era preso da un rimpianto malinconico nei confronti di Rimini. Il tutto era un circolo senza fine.
Questo rapporto di amore-odio con Roma, ad esempio, è preponderante ne La dolce vita, capolavoro del 1960, e film spartiacque della sua carriera insieme a 8½. In questi film compare, come in molti altri, Marcello Mastroianni, attore feticcio di Fellini, di cui vediamo anche pezzi di interviste.
Nei suoi film precedenti c’è il tema dell’ingenuità e dell’innocenza dei personaggi, che sono candidi e puri, ma perdono questi elementi venendo a contatto con la modernità. Successivamente, il suo sguardo si incupisce, si accentuano i toni di critica, diventa più pessimista, come ne La città delle donne e La nave va.
Mi ha colpito molto una frase che ha detto Fellini in un’intervista presente nel documentario, citando Jung.
“L’uomo è in difficoltà nel rappresentare la donna. E questo perché la donna è situata nella parte più oscura dell’uomo, laddove comincia la sua zona di ombra. L’uomo parlando della donna non fa che parlare della sua parte più tenebrosa, meno razionale. L’incapacità dell’uomo di parlare dell’altra parte sua, della parte femminile”.
Un altro elemento interessante che emerge da questo colorato dipinto sul regista è il suo lato fumettistico, di cui probabilmente non si parla così spesso. Infatti, inizialmente Fellini lavorava per una rivista satirica facendo il disegnatore di vignette umoristiche. Tuttavia, Fellini è rimasto un disegnatore per tutta la sua vita, poiché quando gli veniva in mente un personaggio lo disegnava, e ha raccolto tutti i disegni nel suo “Libro dei sogni”.
Insomma, se siete dei fan del regista o volete anche solo saperne di più, questo documentario è un’ottima rappresentazione della sua figura. E ciò che lo rende estremamente coinvolgente è la ricostruzione del maestro riminese, sia dal punto di vista personale che artistico.
In un’intervista ad Alberto Sordi, questo disse che Fellini gli aveva confidato di voler diventare un grande regista un giorno, forse il più grande regista del mondo. E ti possiamo assicurare, caro Fellini, che non solo sei un grande regista, ma che sicuramente il tuo nome non tramonterà mai.