
Di film preferiti e amori nevrotici: Io e Annie
Non so fare classifiche. In tutta onestà, spesso la trovo una cosa idiota. Non fraintendetemi; è giusto sbilanciarsi nella vita (tecnicamente le recensioni a questo servono), ma quando mi si chiede qual è il mio cantante-gruppo-libro-artista-colore-generemusicale-gustodigelato-cazzi e mazzi preferito, vorrei avere una risposta più brillante e originale di un inflazionato “dipende” o “non saprei”. Di solito oltre un “ehhhhh non lo so…”, guardo chi mi sta davanti con aria bonaria e sorridente, penso “che domanda del cazzo” e ordino un altro Negroni. Però in effetti vorrei ritrovarla quella sicurezza assoluta che solo da piccola avevo. Colore preferito? Rosa! (che bambina eccentrica); cibo preferito? Cioccolata! (che bambina eccentrica ma lungimirante). Quindi stamattina la domanda del cazzo me la sono fatta da sola, mentre leggevo con sincero interesse l’etichetta degli Abbracci Mulino Bianco: qual è il mio film preferito? Dai, così, secco, di stomaco.
“Ehhhhhhhhhhh Io e Annie“.
Per la regia di Woody Allen, Io e Annie (Annie Hall) racchiude tutte le cose che amo e venero di un film. Per tornare alle classifiche assolute, è tutte le mie cose preferite: è una commedia, è degli anni ’70, è moderno, intelligente, cinico, ironico, tenero, onesto. È uno di quei film che fa ridere (tanto!) ma fa anche un po’ commuovere e riflettere. Insomma, a ‘sto film qua io gli voglio bene come ad una persona (come ad un adolescente simpatico e nevrotico da abbracciare).
E poi c’è Diane Keaton, meravigliosa, fighissima, dolce cuore Diane Keaton. Non è un caso che il film si chiami Annie Hall; la traduzione italiana Io e Annie è accettabile, ma lasciare l’originale non sarebbe stato così orribile e incomprensibile visto che, buon Dio, è un semplice COGNOME. In ogni caso, “Hall” è il vero cognome della Keaton, all’epoca compagna di Woody Allen anche fuori dal set, la quale nel film utilizza il suo vero guardaroba e incarna un po’ se stessa. Il limite tra autobiografia e finzione cinematografica è infatti, per ammissione dello stesso Allen in un’intervista del Times nel ‘77, molto sottile. Ma certo non è per questo che Io e Annie è splendido e memorabile, anche se la dice lunga sull’intimità del rapporto regista-pellicola.
Io e Annie ha una trama molto semplice ma anche molto frammentata: si apre e si chiude con due monologhi (aprite ora YouTube e cercateli, vi invoglieranno a guardare il film molto più di questa recensione, com’è giusto e sacrosanto). Il protagonista Alvy Singer (Woody Allen) racconta sé stesso tra buffe nevrosi ed ossessioni. Nello specifico, racconta sé stesso in relazione ad Annie, ragazza insicura, ma brillante ed affascinante. Insieme formano una coppia strampalata e logorroica, di cui lo spettatore può vedere il dolce inizio e la triste (ma neanche troppo) fine. In mezzo ci sta di tutto, dalla critica alla California, ai costumi americani, alla politica, agli intellettuali, a New York: Allen al solito non risparmia nessuno, neanche sé stesso.
Da dove è partita la crepa? si chiede Alvy ad un certo punto del film. Quante volte ve lo siete chiesti? Quante volte avete anche voi esaminato i cocci del vostro rapporto finito?
Questo film parla dei rapporti uomo-donna con una delicatezza ed uno spessore di rara bellezza, elogiandone le contraddizioni e le tenerezze, facendo dell’incomunicabilità una fonte di divertimento. La morale della storia è dolce-amara: l’amore eterno in fondo è davvero così interessante? E non è forse dal dolore che si impara e si cresce? Le cose semplici sotto sotto non piacciono a nessuno e tutti noi, una volta nella vita, vorremmo incontrare il nostro Alvy o la nostra Annie. E certo rimarrà indimenticabile, come questo film.
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