
First Man: Il primo uomo. La Luna che non sogniamo
La 75esima edizione del Festival di Venezia si apre, a qualche anno di distanza da Gravity, con un ritorno allo spazio: Il primo uomo di Damien Chazelle (First Man), sulla vicenda umana di Neil Armstrong.
Chi è Il primo uomo?
Ryan Gosling interpreta un Neil Armstrong in lutto per la morte della figlia: l’impegno con la NASA e la missione Apollo 11 diventano per lui un atto catartico di elaborazione della perdita. Il primo uomo ripercorre le tappe dell’esplorazione spaziale americana antecedenti allo sbarco sulla Luna in un biopic fortemente ancorato al punto di vista del protagonista.
E il problema, ohimè, è proprio il punto di vista del protagonista. Schermato rispetto alle sue stesse emozioni: il muro di gomma della faccia di Ryan Gosling rimbalza sullo spettatore, isolandolo e ovattando la percezione di quell’esperienza umana che doveva essere il cuore del film.
La perdita, l’elaborazione, la crescita, sfumano in un’interpretazione algida al limite del polare, decisamente arrotondata per difetto. Il personaggio di Neil Armstrong si cristallizza in una sfinge di difficile lettura (anche per la sua famiglia, nei cui confronti sembra nutrire un distacco assoluto).
I punti di forza
Un obiettivo non raggiunto, quindi, quello di filtrare l’esperienza storica collettiva attraverso lo sguardo della persona che ha materialmente compiuto quel “piccolo passo”. Il primo uomo ha però altri punti di forza, che mi hanno permesso di non uscire dal cinema in un involtino di insoddisfazione.
Particolarmente riuscita è la narrazione del rapporto uomo-macchina: il realismo degli ambienti dei moduli spaziali è opprimente e claustrofobico. Si percepisce in modo credibile la difficoltà nel controllo dei comandi, delle variabili, delle comunicazioni.
La scena dell’avaria durante la simulazione Gemini è particolarmente pesa: mi sono fatta dieci minuti di apnea che manco il Guybrush Threepwood dei tempi d’oro (correte a ripassare, se non avete vissuto appieno i primi anni ’90).
Che cosa mi è mancato
Ne Il primo uomo si nota la grande assenza di un tema spesso centrale nella narrativa del viaggio spaziale: il gusto per l’esplorazione, per la scoperta.
Lo stesso Neil Armstrong, al momento della selezione per la NASA, dichiara di percepire l’esplorazione dello spazio come una fonte di risorse in prospettiva. Il romanticismo intorno alla suggestione della curiosità, del mistero, del richiamo dell’ignoto, non è pervenuto.
L’assenza di un “sognatore” tra i protagonisti del film mi ha colpita: Il primo uomo è la storia di un ingegnere che va a passeggiare sulla Luna. Ma, tristemente, con i piedi ben piantati per Terra.