
Flavors of Youth: malinconia e rimpianti in salsa orientale
“Io amo gli spaghetti di riso, ma ormai non hanno più il sapore di una volta” racconta una voce fuoricampo. Adesso le multinazionali e la globalizzazione hanno distrutto la gioia delle piccole cose, avrei aggiunto io. Questa può essere già una prima accusa scagliata contro la malinconia del passato.
Flavors Of Youth, nato da una collaborazione tra Cina e Giappone, è un film d’animazione suddiviso in tre cortometraggi con temi e personaggi diversi che si incontreranno, forse, dopo i titoli di coda. Perdonatemi il piccolo spoiler, tanto ci ricordiamo tutti di come Caparezza sia stato più infame.
Uscito ai primi d’agosto nei cinema nipponici è stato subito ridistribuito in contemporanea da Netflix in giro per il mondo.
In ogni storia c’è un oggetto che ricorda il passato, un po’ come aprire un vecchio portafogli e ritrovare la tessera di Blockbuster. Una tazza fumante, un vecchio vestito rosso o una audiocassetta stile 13 Reasons Why. I veri protagonisti non sono i giovani Shaomin, Irin e Rimo, ma i rimpianti e la malinconia del passato. Quando è troppo tardi per tornare indietro a cambiare le nostre scelte si può solo riflettere in silenzio e preferibilmente sotto la pioggia. Credo sia proprio questa la lezione che si può imparare guardando e immergendosi pienamente in questo film.
Sicuramente tutti, almeno una volta nella vita, ci siamo fermati a riflettere su alcuni vecchi sbagli del passato, soprattutto quando poi è stato troppo tardi per ricucire un rapporto o per svelare piccoli segreti. Siamo così uniti in un legame empatico tra noi seduti davanti allo schermo e il mondo a colori che nasce e vive grazie a quest’animazione.
Vi è un accusa forse autobiografica degli autori verso se stessi e l’idea di autocommiserazione propria di ognuno di noi pronto a cadere sotto i pesi della vita. Tuffarsi nei ricordi e nel passato può essere la giusta soluzione per accettare i cambiamenti e superare con un grande slancio gli ostacoli.
Anche la Disney ci ha insegnato l’importanza di ricordare (Coco) e che la tristezza non è sempre così negativa (Inside Out), ma questa animazione è un filino più matura e riflessiva. Si deve compiere un autoanalisi quasi freudiana e/o ancestrale per scavare negli angoli di noi stessi per uscirne poi purificati. Certo non è un cammino facile e non so quanti di voi sono pronti a usare un ora e mezza di vita intrippandosi nella malinconia altrui, ma fidatevi che vi farà solo del gran bene e poi, citando Dante, si uscirà a rivedere le stelle.
Ci sono due sottotrame che legano i cortometraggi: i rapporti famigliari e le città che coprono lo sfondo. La prima storia è quella più indirizzata verso il passato con i ricordi d’infanzia dove vive la nonna, nel secondo invece esploriamo un difficile rapporto tra due sorelle particolari. Mentre la storia conclusiva è una doppia storia d’amore orientata verso un ideale perfetto di qualcosa che poteva essere.
Le storie sono ambientate in tre diverse citta della Cina, precisamente a Pechino, Canton e Shangai lontane geograficamente ma simili per la confusione del traffico o le decine di finestre spalancate sui grandi palazzoni vicini.
Paragonato dalla critica a Your Name., film amato da Edoardo Ferrarese, nostro caro amico di MacGuffin, a me ha fatto ricordare le parole scritte da Murakami nei suoi romanzi, per il suo equilibrio tra raccontare quello che succede nel mondo esterno mischiandoci però i sentimenti, la rabbia e la felicità dei personaggi. Vi è una ricerca della storia della persona comune, senza strafare a ribaltare la realtà con fantasiose creazioni o improvvisi colpi di scena. In un mondo di massa dove i numeri e le statistiche oscurano i sentimenti Flavors of Youth diventa così un romantico baluardo pronto a resistere contro la frenesia del futuro.