Film

Fratello, dove sei?

Forse il capolavoro assoluto dei Fratelli Coen. Intelligente, irriverente, divertente e qualsiasi altro -ente vi venga in mente. Visione obbligatoria.

Sono sempre restio a lanciarmi in recensioni di film così importanti. Il boss dei boss del MacGuffin ci concede giustamente poche battute e queste sono pellicole di cui, per parlarne bene, bisognerebbe scrivere paginate, oppure avere una grandissima capacità analitica e di sintesi.

Pur non possedendo affatto queste doti, andrò comunque a fare un tentativo, sperando che le mie abilità di ciarlatano mi salvino dal baratro.Schermata-2011-03-21-a-13.46.47

Film del 2000, diretto dai già iconici fratelli Joel e Ethan Coen, stiamo parlando di quella che è dichiaratamente una rivisitazione in chiave moderna, aggiungerei veramente ma veramente figa, dell’Odissea. I nostri fratellini ci hanno abituato ai riferimenti importanti (vedi A Serious man che non è altro se non una rielaborazione del mito di Giobbe) e in questo caso compongono quello che probabilmente è il loro mosaico più ricco.

Vale quel che vale, ma se consultiamo la mia edizione del Farinotti, guardando l’indice finale, che indica una sommaria lista dei capolavori da non perdere, l’unico film a cinque stelle uscito dopo il 1982 (anno di Blade Runner) è proprio Fratello, dove sei?

Coincidenze? Io non credo! Forse il Farinotti sarà eccessivamente elitario, ma qualcosa tutto ciò vorrà pur dire, no?

Ma parliamo del film! Non starò qui a sciorinare una lista dei riferimenti all’Odissea per fare il nozionistico della situazione, né starò a fare un panegirico sulle scelte registiche dei Coen. Io sono qua per farvi venire voglia di guardarlo e vi dico… fatelo! Per favore, s’intende.

Come dite? Ah giusto la trama, beh una trama c’è effettivamente. Un punto importante in una recensione, direte voi.

Dunque, la trama… eeeeeeehmècomplesso. Credo vi basterà andare su Wikipedia e guardare quanto è lunga questa sezione per capire che spiegarvela in così poco spazio è davvero complicato.

Dunque, vi basti sapere che ci sono tre carcerati che fuggono dai lavori forzati: Ulysses Everett McGill (fatto caso al nome??), Delmar O’Donnell e Pete Hogwallop. Everett, interpretato da un George Clooney che io personalmente amo alla follia e che conferma sempre di più di non essere solo un bamboccio belloccio, convince gli altri due a tentare la fuga per recuperare un milione di dollari che avrebbe nascosto dopo una rapina ad un furgone blindato. Inizia così il loro viaggio attraverso gli Stati Uniti del sud, che più del sud non si può.

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Il Mississippi degli anni ’30 è quanto di più rurale e in crisi che ci sia, tra contadinotti, governatori che inneggiano all’odio razziale e Ku Klux Klan. In questo contesto si troveranno a incontrare una tavolozza incredibilmente variopinta di personaggi e ne passeranno davvero di tutti i colori.

Quello che rende questa pellicola assolutamente fuori dall’ordinario è il perfetto modo in cui si mischiano i dialoghi e gli avvenimenti dell’Odissea (abbiamo un venditore di bibbie con un occhio solo, un gruppo di avvenenti figliuole che si lavano sulle rive di un fiume, un vecchio ceco, insomma fateveli voi i collegamenti) con l’atmosfera e il contesto socio-politico della becera America di quei tempi. Troviamo le tipiche metodologie dei politici di allora, quanto di più populista sia mai esistito, l’ignoranza e soprattutto tanto tanto razzismo. Due elementi decisivi per calare lo spettatore nell’atmosfera sono i colori e la musica. I Coen hanno infatti deciso deliberatamente di modificare in postproduzione la colorazione delle riprese, dandogli una sfumatura seppia e azzardando persino ad utilizzare una cinepresa vecchia e polverosa (una Delta, ndr) per le inquadrature dei tramonti, in modo da dare al film un’aurea nostalgica e autentica.

E poi la musica, parte importantissima della pellicola, accuratamente selezionata e protagonista integrante della scena. Il Bluegrass era il genere imperante a quell’epoca come lo è in quest’opera. I nostri eroi si troveranno pure a registrare in studio una versione di Man of constant sorrow, la canzone degli Stanley Brothers che è pressoché simbolo di questo contesto storico. Tutto ciò dopo aver incontrato un chitarrista nero che ha venduto l’anima al diavolo in cambio della tecnica chitarristica, personaggio che non può non ricordare la leggendaria storia di Robert Johnson.

Insomma, quante schifo di cose ci sono in neanche due ore???2SIREN

Questo film è la cosa più geniale che io abbia mai visto in tutta la mia schifosissima vita e sapete qual è la cosa più sconvolgente? La sera che decisi di guardarlo ero molto titubante. Il fatto che fosse messo alla pari di film come Via col Vento, Il posto delle fragole, Ben-Hur, Il cacciatore mi faceva un po’ sospettare e non mi invogliava così tanto a guardarlo.

No, no, no non lanciatemi bottiglie e fatemi finire! Quelle pellicole sono infinite, sono pietre miliari e meritano di stare nell’olimpo dove sono state messe ma, diciamolo, non è che siano il massimo da guardare una sera che non sai che diamine fare della tua vita. Non è che punti a vedermi I soliti idioti, lungi da me, ho pur sempre gli occhiali, studio lingue e debbo mantenere uno status intellettuale, ma a volte uno spererebbe in un film bello che non gli richieda per forza una dose di attenzione superiore alla norma.

Tutt’altro, miei cari adepti (così ho deciso di chiamarvi). Stiamo parlando di 110 minuti di film di una godibilità mai vista. Non annoia mai, è come il Cynar: vero ma leggero. Fa sorridere, non cade di ritmo, a tratti fa addirittura ridere di gusto, ma c’è drammaticità, storia, acume, riferimenti politici e mitologici. Insomma è una commedia pressoché perfetta.

Se voleste passare una serata in tranquillità sarebbe l’ideale, ma se voleste soffermarvi sulle pillole di genio contenute in essa, non rimarreste comunque delusi.

 

Ricordatevi di fare un salto dai nostri amici de Il Cinematografo è una malattia!

Riccardo Cavagnaro

Vede la luce nell'anno 1991. Da quando ha visto "Jurassic Park" all'età di 3 anni sogna segretamente di toccare un dinosauro vivo. Appassionato lettore, viaggiatore, ascoltatore di musica e bevitore. Tutte queste attività arricchiscono sicuramente il suo bagaglio culturale, ma assottigliano pericolosamente il suo portafogli.
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