Sono passate settimane dall’annuncio che mi ha fatto sputare i cereali dal naso (senza che avessi fatto colazione quella mattina), che Robert Rodriguez dirigerà il remake del capolavoro del Maestro John Carpenter 1997: Fuga da New York. Da allora non ho smesso di pensarci, quindi ho capito che l’unico modo che ho per venire a patti con questo trauma è analizzarlo punto per punto.
Che poi si fa anche presto a dire trauma, da Carpenteriano di ferro quale sono sapete che voglia ho di vedere uno dei capolavori di Giovanni Carpentiere rifatto da chiunque non abbia i baffi, l’aria inquietante, tifi i Los Angeles Lakers e abbia sempre una sigaretta accesa tra le dita, tutte le volte che non le tiene in movimento sopra tastiere e synth.
La verità è che periodicamente questa storia del remake di Escape from New York torna con sinistra puntualità, una decina di anni fa sembrava quasi fatta, sua maestà Joel Silver a produrre e Gerard “Leonida” Butler fresco fresco del successo di 300, dietro la benda di Jena Plissken. Ma non gli ho mai dato peso, infatti quel progetto è sparito come la tartaruga addominale di Butler. D’altra parte, hanno anche già annunciato il remake di Grosso guaio a Chinatown con The Rock dentro la canotta che fu di Kurt Russell, quindi non manca certo la volontà di sfruttare l’amore del pubblico per i capolavori del Maestro. Basta dire che Jason Blum ha in cantiere un rilancio di Halloween, scritto e diretto dalla coppia composta da David Gordon Green e Danny McBride (bah, speriamo bene!).
Ma a differenza di Michael Myers, che è già stato rimaneggiato da Rob Zombie (due volte!), il nostro Plissken (“Chiamami Jena!”) è ancora un personaggio strettamente legato all’immaginario creato da Carpenter nel 1981 e, senza l’annuncio di un regista, resta sempre tutto molto campato in aria. Solo che ora il nome c’è ed è quello di Robert Rodriguez, quindi questa volta sembra davvero una cosa seria, basta! C’è solo una cosa da fare… divisione in capitoli!
Maestro e i remake: rubare a casa del ladro
L’orticaria all’idea di un remake di 1997: Fuga da New York è un effetto collaterale, quasi un riflesso incondizionato dovuto ai precedenti titoli del Maestro che hanno già subito lo stesso trattamento. Vediamo com’è andata!

Se sorvoliamo (per più di una ragione) sul già citato Halloween di Rob Zombie, nel 2005 due registi si sono cimentati con altrettanti film di Giovanni Carpentiere, ma l’unico a portare a casa la pelle è stato Jean-Francois Richet. Il suo Assault on Precinct 13 è un più che decente omaggio al capolavoro Distretto 13 – Le brigate della morte (1976) che modifica l’elemento quasi soprannaturale degli assedianti e ribalta i ruoli tra poliziotto e criminale, ma tutto sommato riesce ad essere un film che sta in piedi sulle sue gambe.
Non si può dire lo stesso per quanto riguarda il lavoro fatto da Rupert Wainwright, non si può dire anche perché mi sono sempre rifiutato di vedere The Fog – Nebbia assassina, mi è sempre bastato quello che ho sentito dire del film con il Clark Kent di Smallville come protagonista, per volare a rivedermi l’originale del 1980 con Adrienne Barbeau e Jamie Lee Curtis, oh! Ve l’ho detto, sono Carpenteriano oltranzista, sto facendo uno sforzo di democrazia scrivendo queste righe.

Ah! Poi ci sarebbe sempre La cosa, diretto da Matthijs van Heijningen Jr. (salute!) nel 2011, un film che, un film che… che volete da me? Che vi dica qualcosa di buono su quella roba? Nel cast c’era Mary Elizabeth Winstead ecco, vi ho detto una cosa buona del film, contenti? Insomma, con livello di precedenti, bene, ma non benissimo, passiamo al secondo capitolo.
I remake sono il male?
Non se li dirige Carpenter verrebbe da dire, perché, per quanto mi riguarda, Giovanni insieme a David Cronenberg sono i responsabili dei due più bei remake della storia del Cinema. Uno è, ovviamente, quel capolavoro gigantesco che è La cosa (1982), l’altro è La mosca (1986); i film che qualunque filmaker a cui balzasse in testa l’idea di rifare un film altrui dovrebbe rivedersi dieci volte, prima di firmare il contratto.

Quindi ha davvero senso definirsi fan di John Carpenter e lamentarsi per il remake di uno dei suoi film? Sono sicuro di no, anche perché il Maestro col suo disarmante pragmatismo non si pone nessun problema, quindi perché dovremmo farlo noi? Alla notizia del remake di Grosso guaio a Chinatown, Giovanni ha risposto grossomodo: “Mi pagano per stare sul divano e non fare niente? Ok, perfetto non chiedo altro” (storia vera).
Tu sei il remake di Fuga da New York? Pensavo esistessi già
Che poi, se proprio vogliamo dirla tutta, un remake di 1997: Fuga da New York esiste già, lo ha scritto e diretto lo stesso John Carpenter nel 1996 e s’intitola Fuga da Los Angeles. Lo so che tecnicamente è un seguito, ma se riuscite a non distrarvi davanti a dettagli come Jena che fa surf, avrete sicuramente notato che quel film è un capolavoro perché è la parola definitiva sulla mania di Hollywood di sfornare sequel e remake a tutti i costi.

Un cane sciolto come Carpenter che, con i soldi di una Major, li ha bellamente presi tutti quanti per il culo regalandoci un film clamoroso. Non accetto discussioni in merito, anzi se volete discutere vi aspetto a braccia aperte. Con il bellissimo finale di quel film, che spaccava a capocciate il muro tra film e spettatori, Jena fuggiva idealmente dallo schema stesso della pellicola e dei remake, quindi il prossimo Jena Plissken cinematografico, per quanto ben fatto (e spero che lo sarà) non potrà che essere un “Brilliant disguise” come cantava Bruce Springsteen. Visto? Carpenteriano di ferro ma democratico se ne ho voglia… avete da fumare?
Quindi Robert Rodriguez in questo pezzo, quando arriva?
Arriva adesso. Sarebbe poi davvero un male questo remake nelle sue mani? A giudicare dalla reazione di Carpenter, sempre molto collaborativo e accomodante con i registi che si cimentano con i suoi lavori, sembra proprio di no.
Bisogna superare il pregiudizio, facciamo un giochino: se vi dico Robert Rodriguez voi cosa rispondete? Lo so che non vi posso sentire, ma scommetto che avete detto una parola che inizia per “M” e finisce per “ACHETE”. Come? Spy Kids? Davvero conoscete più di due persone che hanno visto uno o più capitoli della saga? Vostro zio vi riprendeva con il super 8 il giorno della vostra cresima, Rodriguez con i figli fa Spy Kids ed ora ditemi che non vorreste essere stati adottati. No, non avreste Michelle Rodriguez come zia, rimettere gli ormoni al loro posto!

La verità è che quando si pensa a Rodriguez, è inevitabile pensare a qualcosa di esagerato e caciarone, ci sono tanti che lo prendono sul serio solo quando lavora con Tarantino, ma guardiamo in faccia la realtà: Rodriguez è cresciuto nella venerazione di Carpenter, lui stesso dice sempre che i film che gli hanno cambiato la vita sono stati 1997: Fuga da New York e il Predator di John McTiernan, il cui cambio di direzione nella trama (da film di guerra a film di fantascienza con mostro) ha idealmente ispirato il cambio di genere (da noir on the road a horror con vampiri) di Dal tramonto all’alba.
Dimenticatevi per un momento Predators, che comunque non è stato diretto da Rodriguez: in tutti i film nel regista Tex Mex ci sono omaggi più o meno palesi ai film di Carpenter e a Escape from New York in particolare. Solo in Machete, tra carrellate sulle armi esposte sul tavolo e la benda di Michelle Rodriguez (ma volete smetterla di pensarci? Non diventereste suo nipote!) è chiaro che Rodriguez ami il film di Carpenter come voi e me. Devo mettermi a citare tutti gli omaggio di Rodriguez al Maestro Carpenter? “Sono troppo stanco… forse più tardi” (cit.).
Tu sei Robert Rodriguez? Pensavo fossi morto
No il buon Roberto è vivo e vegeto, al momento è al lavoro sull’adattamento del celebre manga Alita, progetto ereditato da James Cameron che si è definitivamente trasferito su Pandora fino al 2025. Avrei preferito vedere la tavole di Yukito Kishiro adattate per il grande schermo dal regista di Terminator, ma Rodriguez con Sin City ha dimostrato di amare i fumetti, quindi poteva andarci peggio.
Inoltre, uno dei padri della New Hollywood, il grande Francis Ford Coppola, quando ha avuto l’occasione di visitare i Troublemakers studios di Rodriguez giù in Texas, aveva le lacrime agli occhi (storia vera). Rodriguez può contare su una certa libertà decisionale e da Carpenter ha ereditato il gusto per il controllo creativo Al pari del Maestro anche il regista con il cappello da Cowboy cura quasi tutte le fasi dei suoi film, dalla regia alle musiche.

Confido, poi, sul fatto che Rodriguez non abbia voglia di mandare in vacca (per stare in tema texano), un progetto che coinvolge il suo film della vita, quindi sommando tutte queste riflessioni, se remake dev’essere, per lo meno è finito nella mani di uno che ci tiene a fare un bel lavoro. Questo non mi toglie i dubbi, ma almeno serve a farmi evitare di sputazzare dal naso anche la prossima colazione, quando sentirò di nuovo le parole “Rodriguez” e “Fuga da New York” nella stessa frase.
Peraltro, la leggenda racconta che il dodicenne Robert Rodriguez abbia scelto cosa fare da grande proprio dopo aver visto 1997: Fuga da New York (storia vera) e pare che abbia anche aggiunto in maniera scherzosa “Un film così io potrei farlo meglio”.
Quindi Robert, te lo dico in tutta onestà: sei simpatico, i tuoi film mi piacciono e ora hai la possibilità di dimostrarlo, la palla è nel tuo campo, vediamo se alla tenera età di anni dodici hai davvero previsto il tuo futuro, oppure ti sei scritto l’epitaffio sulla tomba. Buon lavoro e dacci dentro, ma sappi che i Carpenteriani ricordano tutto, un Carpenteriano certe cose non le dimentica.