
Genius: il capolavoro dietro una cinepresa e una scrivania
Lo sforzo editoriale e la forza della scrittura si incontrano per dare vita al talento innato di uno scrittore del novecento. Genius racconta con immagini uniche la vita di Thomas Wolfe.
Malgrado il debutto sia sempre visto come una responsabilità grande, nel quale bisogna affermarsi sin da subito come una personalità di spicco, a volte può tramutarsi in un troncamento che spacca la realtà delle cose di quella persona. Genius è un prodotto che dimostra come il debutto letterario del suo protagonista, Thomas Wolfe, sia l’epica di un successo meritato. A seguito – soprattutto – di un duro lavoro architettato e limato con cura.
La stessa scia segue il regista del succitato film di questo articolo: Michael Grandage, al suo debutto come dietro la macchina da presa. Egli dimostra come le parole “buona la prima” siano in assoluto la miglior forma di complimento verso un lavoro congegnato con cura e girato nei minimi particolari. Richiama, perciò, il cinema più classico del secolo passato, facendo l’occhiolino a quello contemporaneo.
INNATA PASSIONE SCRITTA
Genius propone al grande pubblico una storia che segue le vicende dello sfortunato Thomas Wolfe, un genio letterario in cerca di un editore per la pubblicazione del suo primo libro. Forte di una crisi dovuta al rifiuto da parte di altre case editrici, lo scrittore finisce cullato dalle braccia dell’editore newyorchese Maxwell Perkins. Un uomo, quest’ultimo, in grado di prendere il brutto per il buono e trasformare anche la parte migliore di un’intera pagina scritta in una nuova e appassionante lettura, coinvolgendone ancora meglio il futuro lettore.
Quando il primo libro di Wolfe vedrà una luce viva grazie al suo successo stratosferico, l’amicizia tra l’editore e lo scrittore diventerà più unita. Fino a rendere lo status dei due protagonisti platonico: il primo non può far a meno del secondo. Scaturendo, così, azioni invidiose verso i piccoli satelliti della vita dei due, con un occhio di riguardo alla moglie e teatrante di Wolfe: Aline Bernstein.
È una parabola che ruota attorno ai due protagonisti del film. Genius non è un titolo che si rivolge solo al mito di Thomas Wolfe: anche il lavoraccio e la dedizione nel fare ciò che ama conduce Perkins ad acclamarsi come il secondo genio di questa pellicola.
IL POTERE DELLA SCRITTURA
Un perfetto Jude Law interpreta Thomas Wolfe. Il suo personaggio, il suo abbigliamento, la sfacciataggine nell’affermarsi come lo scrittore che ha buttato sangue e lacrime su un pezzo di carta, è la parte migliore – sotto diversi aspetti – di questo attore inglese. Lo scrittore è per certi versi un adorabile stronzo che se ne frega dei limiti consentiti da una casa editrice. Si disinteressa dei consigli che gli vengono dati perché risultati frivoli e riassumibili in poche righe.
Wolfe cerca la gloria della parola attraverso intere descrizioni che portano a una poetica frase scritta in più cartelle. È l’uomo che prova rabbia, amore, felicità, ingiustizia e odio, manifestandoli davanti alla scrivania del suo amico; intento nel cancellare o annullare intere righe di parole scritte su tanti fogli di carta.
Infine, il tutto viene pubblicamente venduto in un libro che porta una grande soddisfazione nel carattere di Thomas. È una metafora dove il protagonista del libro è lui stesso. È parte totale di esso. E da questo traspare anche quella leggera nota di invidia di Wolfe verso coloro i quali non fanno della scrittura un’arte vera e propria del loro quotidiano.
Maxwell Perkins, invece, è un personaggio mite, dedito solo al suo lavoro, ventiquattr’ore con un cappello portato sul capo in qualsiasi occasione: pranzo, cena, lavoro e riunione.
Colin Firth è la risposta giusta al carattere calmo del suo personaggio. Si tratta di un editore che non fa eccezione alla regola. Per lui tutto ciò che supera un determinato numero di caratteri va selezionato, scartato e riscritto in tre semplici parole: riassumere catturando l’attenzione.
L’incontro con il futuro scrittore di New York porta il personaggio di Perkins a una trasformazione caratteriale: è come se l’uno non potesse fare a meno dell’altro. Una relazione amichevole dove il tutto sta negli incontri costanti con il proprio cliente e amico; un’amicizia nata tra le pagine di un libro in fase di limatura. Costruita su litigi dove un editore vuole tagliare, mentre lo scrittore vuole lasciare quel sangue versato con il sudore e la fatica di raccontare eventi.
Quest’amicizia viene poi contrastata dalla costante gelosia della moglie di Wolfe. Aline Bernstein è una donna che ama suo marito. Lo supporta, lo ama ancora, lo desidera durante le prime dei suoi spettacoli, lo odia e lo ama di nuovo.
Nicole Kidman impersona una donna che si sente fragile per la perdita di tutto quello che ha, ma disposta ad arrivare a patti con il diavolo pur di riavere quello che vuole: un Thomas disponibile per lei, oltre che per il suo lavoro. A quel punto, la parabola del film si allarga su nuovi orizzonti: si intravede una nuova orbita intorno alla storia del protagonista. Un’orbita che gravita in maniera negativa sulla ragione di Aline di voler amare e vivere il proprio partner, senza dover contare sull’uso della forza. La sempre e viscida risposta a tutto.
LA MAGIA DELLA PENNA E DELLA CINEPRESA
Con Genius, il suo regista non solo fa vivere allo spettatore un’incantevole storia sull’amicizia di un editore e di uno scrittore professionista. Racconta con determinata volontà di portare sul grande schermo immagini e richiami al cinema del secolo passato.
Ambientazioni anni Venti, costumi, scenografie, tutto viene energicamente raccontato attraverso una fotografia che immerge il pubblico quasi come se stesse leggendo un libro. La penna che evidenzia una parola, la scarpa che pesta una pozzanghera, la pioggia martellante sull’acciottolato; la figura di Wolfe che si staglia prima in lontananza dal palazzo della casa editrice Scribner’s Son e poi inginocchiato sulla sabbia di una spiaggia della California. Grandage riprende ogni singolo attimo e ci fa capire come il mondo editoriale sia importante e passionale come il mondo del cinema: amare leggere le parole, immergendosi nel loro mondo.
Un po’ come succede a Maxwell sul finire della pellicola. Il giusto touché di un uomo che non si stacca mai dal suo cappello. Tranne nel momento in cui si dedica tra le righe di quella lettera.