
“Genova – Un luogo per ricominciare” o su come sprecare i soldi dello stato
Il film con Colin Firth, sostenuto dalla regione Liguria, avrebbe potuto essere un grande sponsor per Genova e l’Italia… e invece…
Siii siete entrati sull’articolo per via del mio titolo populista?? Allora sta roba funziona…
Ma andiamo con ordine, di che si parla oggi? Avete presente quei film che rendono eterno un luogo (come Mediterraneo) fino a trasformarlo in meta di turismo cinematografico? Ecco, diciamo che Genova – Un luogo per ricominciare ci riesca… quasi… più o meno… circa…
No, proprio no, mi spiace. Ma perché?
L’idea
Allora, la ricetta è questa: prendete un ottimo regista: Michael Winterbottom, e mettetelo da parte. Prendete poi un attore della madonna: Colin Firth, sogno erotico di mia madre, e mettetelo da parte. Tenetevi pronti un pizzico di attori di contorno (tra cui Catherine Keener). Infine prendete una meravigliosa location scelta peculiarmente: Genova e la Liguria.
Mescolate il tutto per circa 90 minuti di film e otterrete…. una delusione pazzesca.
Credo sia corretto dire, prima che continuiate la lettura, che colui che sta scrivendo è un ligure DOC.
Infatti quando ho scoperto che qualcuno aveva messo su un film, con un attore che stimo, sulla mia città, dandogli pure il titolo “Genova” ero letteralmente impazzito. Credo di non aver aspettato nemmeno di cambiarmi le mutande e di aver preso il computer per guardarlo.
Sul serio Genova e non Roma, Venezia o Firenze?
Si proprio così: il regista aveva infatti visitato il capoluogo ligure anni prima e, rimasto colpito dalla sua particolarità, dalla sua unicità e dall’alone di mistero dei suoi carruggi, decise di utilizzarla per sviluppare una sua idea registica.
Quindi, ecco, potrebbe darsi che il mio giudizio sia leggerissimamente poco obiettivo.
L’incipit
Ok, iniziamo, la prima scena è quanto di più tragico ci possa essere. Strada di periferia americana: neve, rettilinei e camion che passano (alla Fargo per intenderci. Se ne parlava qui e qui). La madre guida e le bambine fanno un gioco da ritardo mentale: indovinare il colore della macchina accorrente con gli occhi tappati. La piccolina fa una cosa non giustificabile neanche per il suo basso sviluppo cognitivo e coinvolge la mammina nell’ameno passatempo. Risultato: spatatrac!
Seguono scene di pianti isterici nella notte da parte della bimba, che urla “mamma, mamma è colpa mia!”. Il padre, il nostro Colin, la rassicura del contrario.
Mi sento di tranquillizzarti a mia volta piccola. È proprio colpa tua, infatti, se tua madre ora è un tonno Rio mare in scatola.
Funerale.
Poi Colin Firth dice: “Non possiamo stare a Chicago, impazziremmo. Trasferiamoci a Genova!”.
E pure io qui mi sento di dire: e nientepopodimenoche!
Sul serio ragazzi, tutto questo succede in nemmeno 5 minuti. In 5 fottutissimi minuti ci viene sbattuta in faccia la morte più stupida del globo terracqueo e un trasferimento in una città che è sì bellissima, però… mah!
Suona strano che una famiglia americana in un attimo sconvolga tutto e si trasferisca in una città come Genova.
Tutto ciò, senza il minimo tempo di affezionarsi e cogliere l’introspezione dei personaggi, appare molto forzato.
Il Film
La famigliola disastrata, che oltre al fascinoso Colin e alla piccola cretina vanta la presenza dell’altra figlia, in crisi ormonale – adolescenziale e con la simpatia di un’infezione sottocutanea, arriva nella nostra amata Superba.
Il seguito del film è dedicato ad osservare i nostri eroi che si barcamenano per adattarsi alla vita nella nuova città.
Di seguito vediamo:
1 – Colin Firth che tiene lezioni a caso, gira e forse flirta con una.
2 – La figlia grande che ogni minuto che passa sviluppa una faccia da schiaffi sempre più elaborata.
3 – La stessa figlia che impara a dire “belin!” e si limona un tamarretto in motorino. Al tizio, tale Lorenzo, manca solo la borsa della Musto per essere il perfetto albarino che prende gli aperitivi in Corso Italia. (Mi rendo conto che il riferimento culturale non sia chiarissimo per i fuori Liguria, ma dovreste aver capito).
4 – Soprattutto la piccola assassina che ha le visioni, vede la madre ovunque, la segue e si perde in ogni dove. Non si fa mancare neanche i classici urli e pianti notturni, con annessi disegnini inquietanti.
Insomma, un bel pot-pourri di disagio.
In tutto questo abbiamo il ruolo delle location: Genova, in tutti i suoi lati migliori, Portofino, Camogli, San Fruttuoso, Moneglia.
Si può però dire che la gioia, per me, in questo film si riduca a riconoscere i luoghi da me amati, urlicchiando isterico: “Lì ci sono andato al mare!”, “Lì ci andavo a lezione!”, “Lì ci ho bevuto una birra una volta!!” ecc. ecc.
Sì perché l’impressione è che questo film non sappia bene su che concentrarsi. Non si capisce se punti sui sentimenti che scaturiscono da una situazione familiare così tragica, sui conflitti e sui dubbi o se ponga l’accento sulla bellezza dei luoghi e dei paesaggi e sull’introspezione da loro connotata.
Insomma questa pellicola, per dirla in maniera soft, fa un casino della madonna.
Che dire??
Sembra di mangiare pesto senz’aglio o, per dirla in maniera capibile a tutti, sembra che al film manchi il passo decisivo per essere buon… ehm, bello!
Come detto, il film è sovvenzionato, tra gli altri, dalla regione Liguria stessa. Quindi, viene il sospetto, non suffragato da alcuna prova, che si sia particolarmente pressato per vedere un film che esaltasse particolarmente le ambientazioni.
Il problema però è che, se il film non funziona, puoi inquadrare i vicoli di Genova quanto ti pare, ma non otterrai l’effetto desiderato.
Tuttavia, diciamolo, in questo film Colin Firth è davvero ottimo, come sempre.
Cercando sul web trovo poi che qualche premio lo avrebbe pure vinto.
Quindi, non me la sento di dire che questo film sia effettivamente brutto.
L’unica conclusione che forse è corretto dare è che io sono un genovese imbruttito e mugugnone e che, quando si parla della mia regione, pretendo che tutti ne parlino e la trattino come un luogo perfetto e ameno.
Quindi la prossima volta che decidete di fare un film sui miei luoghi di nascita, badate bene che sia un capolavoro da sentordici Oscar e cinquecento Golden Globe, belin!