
Una giornata particolare (che forse tutti dovremmo vivere)
Sappiamo tutti che esistono film teatrali. Film che possono essere racchiusi in un palcoscenico con un paio di intervalli per far bere gli attori e farci tirare fuori le noccioline che ci siamo portati da casa. Steve Jobs, Il delitto perfetto, Venere in pelliccia, The Sunset Limited e pure The Hateful Eight (li cito perché abbiamo la recensione, chiamatemi scemo) ma anche The Big Kahuna e Carnage. Pellicole insomma dove l’azione è ridotta all’osso, dove sono i dialoghi ad essere i giganti della scena, sorretti dalle interpretazioni attoriali. Insomma, mica spara spara esplosioni morti kaboom alla Michael Bay. Una giornata particolare è proprio uno di questi. Non lo spara spara eh.
Siamo in Italia, fine Anni ’30. Se non siete appena usciti da una grotta potete immaginare il periodo storico. C’era lvi, per intenderci. Quello che fa cacciare i telecronisti sportivi competenti da Sky. Comunque, un venerdì Adolfo viene a Roma a visitare Benito, facendo sì che tutta la città si mobiliti per accoglierlo come si deve. Antonietta (una Sophia Loren imbruttita per l’occasione) resta però a casa, dovendo occuparsi del focolare domestico dato che i sei (sei!) figli e il marito sono alla parata. Antonietta è la tipica casalinga del periodo: ingenua, ignorante, dedita alle idee che le vengono inculcate dal consorte.
Mentre pulisce la gabbia del suo uccello domestico la bestiaccia però vola via, appollaiandosi sulla finestra di fronte alla sua. Antonietta è quindi costretta a disturbare il suo dirimpetto, senza sapere minimamente cosa l’aspetta. Antonietta, costretta, aspetta. Leopardi bitch please.
Dietro quella porta c’è infatti un mondo, un mondo che lei non ha mai nemmeno potuto immaginare, chiusa dal bigottismo e dall’ignoranza che non le permette di andare oltre il proprio naso. Dietro quella porta c’è Gabriele. Che, per chi non lo sapesse, è l’immenso Marcello Mastroianni. Marcello, come here! Hurry up!
Qua diventa difficile però raccontare Una giornata particolare senza spoilerz, ma ci proverò. Gabriele quella visita non se l’aspettava, anzi, Gabriele non se ne aspettava più di visite. Ma a volte un segno arriva, mandato da chissà quale forza ultraterrena, a ricordarci che c’è ancora qualcosa che possiamo fare e che, come diceva un grande filosofo, bisogna godersi le piccole cose.
Antonietta diventerà quindi la piccola cosa di Gabriele. Lentamente, come una giovane scolara che impara da un benevolo maestro. Lui non potrà fare a meno di scoprirla pian piano, di capire le sue motivazioni, le sue ansie, le sue certezze. Insomma, ciò che pensa.
Gabriele invece è più restio a mostrarsi, nonostante il divampante interesse di Antonietta verso un uomo così lontano dai suoi schemi, così diverso dalla sua monotona quotidianità. È restio perché racchiude diversi segreti nel suo spirito, segreti che potrebbero costargli quasi la vita. Una giornata particolare è sempre e comunque ambientato nel 1938.
L’occasionale incontro tra i due diventa quindi un percorso di vita che dura solo un giorno, perché forse quello bastava. Il loro breve lungo viaggio serve ad accendere una scintilla, un dubbio, ad innestare un’idea.
Ettore Scola, il nostro compianto regista, orchestra alla perfezione i due personaggi, proprio come un direttore muove le mani per condurre i musicisti. La macchina è fluida, leggera, dolce nel suo incedere verso Antonietta o Gabriele, che si perdono continuamente tra loro stessi e il palazzo, per poi ritrovarsi ancora una volta. Ah, il piano sequenza iniziale è da orgasmo mentale, diciamo le cose come stanno. Complesso, avvolgente, da tuffarcisi dentro e non voler più uscire. Sì, anche se la mamma scassa le balle che hai le dita raggrinzite.
Ma quindi come fa Gabriele a rompere il vetro di convinzione di Antonietta? Con l’arma più antica del mondo: la conoscenza. Solo grazie alla cultura si può davvero aprire la mente. Ma il discorso di Scola è generale, non può ancorarsi solamente al fascismo, perché potrebbe benissimo essere applicato ai giorni nostri che farebbe poca differenza. Beh, oddio, noi viviamo nello stesso periodo di Uomini e donne, Il grande fratello e L’isola dei famosi, la sfida è parecchio dura. Resta il fatto che il messaggio di Una giornata particolare è universale e senza tempo. Gabriele non critica, Gabriele osserva e commenta, senza falsa superiorità morale, senza divampare nella rabbia o nell’odio cieco. Lui vuole sinceramente capire, nulla di più, arrivando anche ad accettare i tempi in cui è purtroppo costretto a vivere.
Il medium attraverso cui la trasformazione di Antonietta si può compiere non poteva che essere un libro. Quello è il germe che si insinua, il vero lascito morale di Gabriele, che alla fine più di tanto non può fare, se non instillare il dubbio. Il libro resta, sedimenta, apre la mente. Ma che libro è mi chiederete voi? I tre moschettieri di Alexandre Dumas (padre, che con l’omonimia ci si andava a nozze). A nessuno suona una campanella? Volete dirmi che Quentin Tarantino non ha visto Una giornata particolare prima di girare Django Unchained? E che magari Scola ha scelto quel libro proprio per l’origine dello scrittore? Mistero ci sta già scrivendo una puntata.
Il film ci lascia quindi così, con un sorriso amaro velato di speranza. Ma quel libro così gelosamente custodito da Antonietta non resterà chiuso a chiave a lungo.