
Gli anni più belli: Muccino racconta la nostalgia dei rimpianti
Per chi ama il cinema, il giovedì ha le sembianze di un Babbo Natale che, oltre alle nuove uscite, porta con sé anche il venerdì. Chiaro: non tutti i regali sono azzeccati, ma dovendo accontentare tante persone in una settimana non possiamo pretendere di essere sempre soddisfatti di ciò che ci porta. Tra le novità della scorsa settimana abbiamo Gli anni più belli: il nuovo film di Gabriele Muccino con Micaela Ramazzotti, Claudio Santamaria, Pierfrancesco Favino e Kim Rossi Stuart.
Gli anni più belli: Muccino racconta la nostalgia dei rimpianti
È un Muccino molto malinconico quello che si presenta quest’anno. Un Muccino che dirige un film basato sul “come sarebbe andata se”, fatto di ritorni di fiamma, addii, scontri col passato ed errori a cui rimediare. Il racconto è una storia di amicizia, e di come questa possa finire, interrompersi e riprendersi. Nulla di innovativo né di eccessivamente originale, pacifico, ma che comunque si fa guardare nonostante una lunghezza forse eccessiva.
Giulio, Paolo, Riccardo e Gemma sono quattro ragazzini che crescono insieme finché la vita non li inserisce su binari diversi e ce li fa trovare, quarant’anni dopo, nelle loro vite di successo, fallimento, dispersione e nostalgia. Quest’ultima caratterizza tutto il film. Come se i protagonisti, inconsciamente, un po’ con la vita ce l’avessero anche. Chi per un motivo, chi per l’altro. È una storia fatta di amori rubati, cuori spezzati, tradimenti e cambiamenti di pagina. La vita dei personaggi è una conseguenza consapevole che però non chiude mai davvero con il passato.
Il valore di una promessa adolescenziale
Giulio (Pierfrancesco Favino), che sognava di fare l’avvocato per aiutare chi un avvocato non può permetterselo, lo ritroviamo facoltoso e irraggiungibile. Riccardo (Claudio Santamaria), aspirante scrittore, lo ritroviamo fallito e disperato alle prese con una moglie che lo lascia e gli mette contro il figlio e per quanto riguarda Gemma (Micaela Ramazzotti) e Paolo (Kim Rossi Stuart), costretti ad una separazione da ragazzini purché legati dalla promessa di non lasciarsi, ritroviamo lei in mano alla violenza, ai giri sbagliati e lui nella speranza di poter trovare se stesso, un giorno, senza riuscire a dimenticare le emozioni che lo legano indissolubilmente al passato.
Muccino ci mostra quindi come l’uomo sia in balia di una vita che, al di là dei propri princìpi, ci costringe al compromesso sbattendoci in faccia la realtà di tutti i giorni, alla quale in pochi sanno poi davvero resistere senza tradirsi.
Il rimedio del tempo
È qui che il film trova il suo sviluppo: dopo la prima parte in cui vediamo i nostri protagonisti ragazzini (un plauso ai giovani attori ed alle somiglianze con i protagonisti adulti), il tempo rimette in tavola le carte del caso. Per un motivo o per l’altro, ecco che Paolo, Giulio, Riccardo e Gemma si incontrano non senza rancori e imbarazzi dovuti alle scelte fatte in precedenza.
A raccontare questo film ci sono tanti sguardi, tanti non detti. Gli stessi che ci portiamo dietro tutti i giorni e che ci intossicano, determinando le sorti di rapporti che si sfaldano per un motivo non chiarito, o per una decisione drastica mai perdonata. Ma è sempre nel suo sviluppo che il film si dilunga un po’ troppo. Verso i tre quarti ho un po’ avuto la sensazione di assistere a qualcosa che dovrebbe chiudersi ma che ancora non ha tutti gli elementi per farlo, rendendomi consapevole di una fine ancora lontana e curioso di rispondere alla domanda “ma che ore sono?”.
Gli anni più belli: consigliato o no?
Nonostante questo, quando il film si è chiuso, non sono uscito dalla sala deluso. Con i suoi alti e bassi è un bel film, sì. Certo, dipende dalle aspettative che uno ha entrando in sala. Di contro ha la lunghezza, una trama non eccessivamente originale (sulla quale torniamo nei “pro”) ed Emma Marrone (raga, davvero no. Io non so cosa si sia calato Muccino per “volerla fortemente”. È pure peggio di quando canta).
Di pro ha invece la profondità di ciò che vuole trattare ed il modo in cui lo fa (che pur essendo a volte un po’ stiracchiato non sfigura). Dicevo che la trama non è un colpo di geniale originalità, ma secondo me è anche volutamente così. Chi va a vedere un film esclusivamente per quel che succede nella sua trama rimarrà deluso. Chi invece sa cogliere da una trama volutamente scarna le sfumature e la costruzione dei personaggi (primo su tutti quello di Pierfrancesco Favino, che ho apprezzato moltissimo) riuscirà ad apprezzare questo film che, comunque, rimane un film carino. Nulla di più.
E poi c’è Micaela Ramazzotti
Cuoricino. <3