
Gli Sdraiati: “hai provato con un paio di sberle?” A quanto pare, no.
No, non è un titolo accattivante. È una battuta del nuovo film di Francesca Archibugi Gli sdraiati: l’unica cosa che mi è rimasta bene impressa della visione.
Ultimamente vado al cinema sempre meno, ma sempre piena di belle speranze, e ne esco sempre puntualmente delusa per un motivo o per l’altro – compresi i popcorn che costano un rene, mortacci vostri e dei vostri predecessori alle casse. Stavolta, dopo una settimana di lavoro e di conseguente reclusione, sono andata a vedere Gli sdraiati il giorno che è uscito e man mano che la storia avanzava sognavo di essere io quella sdraiata. Nel mio letto, sotto le coperte, col pigiama.
Stando alla mia amica e compagna di visione che ha letto il libro (omonimo, di Michele Serra) da cui è tratto, Gli sdraiati è un film che se, appunto, il libro non l’hai letto, non lo capisci. Io ho letto un sacco di recensioni entusiaste, ma il libro proprio no, e non so se il film l’ho capito o meno, so solo che mi ha suscitato queste reazioni:
1. Che noia
Direi che c’è una grande differenza tra storie che non si concludono e storie inconcludenti. Gli sdraiati non è un film con un finale aperto, né uno spaccato di tot giorni nelle vite dei protagonisti: è una storia inconcludente. Non voleva esserlo, immagino. Ma a me è parso un montaggio con tagli strani e grossi, immensi, buchi di trama – della quale non vi svelerò niente, se non che il famoso e pluripagato giornalista Giorgio (Claudio Bisio) ha un figlio in piena fase “che palle nessuno mi capisce” (Gaddo Bacchini); il figlio a un certo punto si innamora (pare) di una compagna di classe (Ilaria Brusadelli) e Giorgio comincia a imparanoiarsi per motivi che non posso dirvi senza spoilerarvi tre quarti di film. Niente, è tutto molto inconsistente e dà la sensazione che tu ti sia perso tredici sequenze mentre sbattevi gli occhi cinque secondi prima. Ah, per completare l’opera c’è anche un piccolo sipario post-apocalittico verso la fine.
2. Perché Claudio Bisio?
Per quanto a me continui a fare simpatia e in certi film anche a piacere, Bisio ne Gli sdraiati non c’entrava niente. Vuoi buttarla sul neorealismo postmoderno (!?) e scritturare tutta gente che non ha mai recitato o quasi, così da restituire l’immediatezza della comunicazione nella vita vera? Benissimo, fallo pure, ma allora Bisio protagonista è un no-no di quelli fin troppo evidenti. E da qui passiamo alla prossima dolente nota:
3. Ma come ca*°% parlano!?
Avevo scritto “recitano”, ma l’ho cancellato subito, perché il problema è ben più radicale: ne Gli sdraiati non si capisce mezza sillaba di quello che dicono questi ragazzi – e non solo loro. Zero. A confronto i doppiatori de Il mondo di Patty erano da premio Oscar. Borbottano fra i denti, impastano le parole, usano un volume strano. Aggiungo che per me l’esperienza è stata doppiamente mistica perché inframezzata dalle chiacchiere dei miei vicini di posto che provavano a decodificare tale parlata.
4. Erano meglio quattro schiaffi
A parte lo scenario un filino irreale di un gruppetto di adolescenti che entrano a piacimento in casa dell’amico con la loro copia delle chiavi e bullizzano il padre come se fosse l’ultimo degli stronzi (e il padre, manco a dirlo, sta zitto e incassa), mi è parso che anche stavolta siamo caduti con tutte le scarpe nella storia trita e ritrita del conflitto generazionale più piatto. Intendiamoci, anche io a 17-18 anni sbattevo le porte e minacciavo (pfff) i miei genitori di andare via di casa (per andarmene dove, non ne ho la più pallida idea), e ora non voglio a mia volta fare il predicozzo sul magico potere educativo dei ceffoni, però non mi è parso un impianto credibile, ecco. Forse ho solo perso il bambino interiore, o più che il bambino l’adolescente insofferente di Jack Frusciante è uscito dal gruppo (uno dei miei libri-guida da sempre, per altro). Forse avevo già parecchio sonno di mio. O forse, ed è più probabile, ho visto di meglio. Perciò:
5. Famo che basta
Sicuramente (voglio sperarlo) l’intento del libro non era quello che ho colto io dal film; però uscendo dalla sala mi girava in testa solo una cosa – oltre che, ripeto, il mio meraviglioso letto che mi aspettava a mezz’ora di distanza: che parlasse di padri impreparati a fare i genitori, o di figli che si sentono fuori posto e insoddisfatti, Gli sdraiati (s)cade un po’ nel retorico e nel pedante, tipo i vecchi in fila dal dottore quando cominciano a dire che i giovani d’oggi fanno schifo.
Forse, e dico forse, la vera incomunicabilità fra generazioni sta tutta qui.