Film

Gone Girl: Fincher ha capito che le donne sono pazze

Fincher dirige un thriller che vi farà venire l’ansia a dormire con la vostra dolce metà

Ah, l’amour… oppure no. Non so cosa sia passato per la testa a Fincher quando ha scelto di dirigere un film tratto dal romanzo di Gillian Flynn, una donna che non deve aver avuto ottime esperienze sentimentali: trattasi di Gone Girl, o L’amore bugiardo, come i nostri cari connazionali hanno deciso di rinominarlo.

Si tratta di un film la cui vicenda inizia in modo piuttosto banale: la coppietta felice e perfetta, il loro primo e romantico incontro, il loro matrimonio eccetera. Un bel giorno (e per la precisione il giorno del quinto anniversario dei due), lui, Nick, torna a casa e sorpresina: la casa è ribaltata, la moglie scomparsa. (Dal titolo non lo avreste mai detto vero?)

No spoiler

Ora, io proverò a non dirvi altro che non sia un semplicissimo “la situazione si complicherà”. E’ evidente che i sospetti ricadranno sul marito, ma non è certamente evidente quel che si scoprirà sul caso, la piega assurda che prenderà. La vicenda ci porterà all’interno (non posso usare un’espressione diversa, dato che la sensazione che abbiamo è proprio quella di esserci dentro) della follia più assoluta, delle menzogne, delle complicazioni relazionali, mostrandoci quanto sottile sia il confine tra amore e odio, quanto facile sia trasformare una trasparente verità in una perfetta bugia e viceversa.

L’estetica di Fincher

La particolarità del film, al di là di un soggetto straordinario proprio perché in grado di stravolgere un pretesto narrativo stra inflazionato, sta nella regia magistrale di Fincher: come sempre, il regista si dimostra un perfezionista, rivelando la propria cura per l’estetica del prodotto cinematografico. L’aspetto che più salta all’occhio durante tutto il film è quanto gli ambienti siano asettici: mediamente, le scene a cui assistiamo si svolgono tutte in ambienti ricchi ed eleganti, quelli che spesso soddisfano lo sguardo, risultano piacevoli. Fincher lavora invece su un cromatismo straordinariamente empatico, prevalentemente grigio e spesso poco illuminato, e su un ordine tale da risultare inquietante. Se a questo aggiungete l’uso della fotografia nitidissima e “pulita”, che spesso è prerogativa del regista, capirete che ne deriva l’esatta sensazione che la stessa vicenda punta a dare: per quanto all’apparenza le cose possano essere perfette, nulla è mai come sembra. Anzi, spesso è l’esatto inverso.

Il cast

Per quanto riguarda l’interpretazione, abbiamo Nick, ovvero il solito Ben Affleck monofacciale. A sua difesa però, si può dire che è esattamente ciò che ci si aspetta dal suo personaggio: Nick Dunne è infatti una sorta di inetto, un uomo che ha scelto la propria donna e dopodiché vive tutto passivamente, come incapace di comprendere cosa fare, e facendo, di conseguenza, quasi sempre la cosa sbagliata: dal guadagnarsi sempre la sua dose quotidiana di sospetti fino al farsi beccare con l’amante dalla sorella (e sì che l’amante è Emily Ratajkowski, quindi nessuno di noi se la sente di condannarlo).

Ma il centro della bellezza di questo film è Amy, interpretata da Rosamund Pike. Diventa sempre più complicato evitare gli spoiler, ma dirò che riesce difficile immaginare un’interpretazione di questo personaggio migliore. La Pike è in grado di rendere perfettamente il gelo dello sguardo di una moglie delusa, di una donna resa folle dalla sofferenza e tutto ciò che ne deriva: i sorrisetti isterici, i pianti, le urla… insomma, o è folle tanto quanto il suo personaggio, oppure è un’attrice straordinaria (e l’Oscar mancato è un grosso dispiacere).

Infine non posso fare a meno di menzionarvi la presenza di un Neil Patrick Harris che non ci si aspetta assolutamente, dato il ruolo che interpreta. Per spiegarvi che intendo, e per risollevarvi dall’ansia che vi lascerà questo film, vi rimando (rigorosamente a visione effettuata) a questo video:

Insomma, ancora una volta Fincher dimostra di saperci davvero fare con la regia, e di saperci mettere un’ansia del Dio anche coi silenzi. Grazie… forse.

E ricordate, donne: non sapete quali scherzi può farvi il cervello. Lasciatelo, il tipo che non vi rende felici.

Per quello che riguarda gli uomini invece, beh… non siamo tutte così, giuro.

“Quando penso a mia moglie, penso sempre alla sua testa. Immagino di aprirle quel cranio perfetto e srotolarle il cervello in cerca di risposte alle domande principali di ogni matrimonio: « A cosa pensi?», «Come ti senti?», «Che cosa ci siamo fatti?»”

Gaia Cultrone

1994, ma nessuno ci crede e ancora bersi una birra è complicato. Cinema, libri, videogiochi e soprattutto cartoni animati sono nella mia vita da prima che me ne possa rendere conto, sono stata fregata. Non ho ancora deciso se sembro più stupida di quello che sono, o più furba; pare però che il cinema mi renda, quantomeno, sveglia. Ah, non so fare battute simpatiche.
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