
Heath’s Ledger: Lords of Dogtown. Inforcate gli skateboard!
Dato che in questa settimana ricorre il compleanno di Heath Ledger (4 aprile), non c’è momento migliore per riprendere in mano la sua filmografia, con uno dei titoli forse più strambi: Lords of Dogtown (2005), di Catherine Hardwicke.
Skateboard e piscine vuote
Lo skateboard è uno di quegli strumenti che gode di un successo nazional-popolare altalenante: io stessa ricordo un momento in cui, all’inizio degli anni Novanta, erano tornati a usarlo tutti, certo con risultati poco meno mediocri dell’impiegarli come slittino nelle salite così da potersi schiantare con comodo contro i bidoni dell’immondizia.
Ma al di là delle mode del momento, lo skateboard non tramonta mai davvero: ci sono dei veri artisti capaci di farli “cantare”, che fondono il proprio corpo con quella superficie e diventano in grado di sfidare le leggi di gravità.
Negli anni novanta, una gang di ragazzi spiantati di Santa Monica raggiunse la fama grazie alla propria abilità con lo skateboard: venivano chiamati Z-Boys, dal nome del negozio gestito dal loro mentore Skip Engblom, lo Zephyr Shop. Uno degli elementi più suggestivi della loro storia era l’abitudine di introdursi abusivamente nelle ville dotate di piscina: se non c’era acqua e la piscina aveva delle pareti curvate che si prestavano, i ragazzi usavano queste superfici impervie per esercitarsi, eseguendo delle vere e proprie acrobazie.
Dogtown and Z-Boys
Prima del film, nel 1999 era già stato realizzato un documentario dedicato a questa storia, diretto proprio da uno dei membri del gruppo, Stacy Peralta. Intitolato Dogtown and Z-Boys, il documentario aveva il sapore dell’american dream più basilare: raccontava il riscatto di un gruppo di giovanissimi attraverso il virtuosismo con un oggetto che, da hobby, diventa una fonte di reddito e di successo. Una rivendicazione di orgoglio di una generazione che appariva, sulla carta, perduta.
Stacy Peralta fu in seguito chiamato a realizzare una sceneggiatura per un film dedicato alla stessa storia, proprio il Lords of Dogtown la cui regia fu affidata a Catherine Hardwicke – che sarà la regista, solo pochi anni dopo, di quella spina in… di quella pregevole operazione commerciale (e macchina da soldi) di Twilight, vampiri luccicosi e tutto il resto.
Anche se sulla carta Lords of Dogtown doveva essere un film di fiction, in realtà rimane a metà tra i due mondi – reale e fittizio – poiché quasi tutta la gang di skateboarder partecipò alla sua realizzazione, chi come attore chi come aiuto tecnico.
Per interpretare le controparti giovani degli Z-Boys, però, occorrevano attori in quel momento altrettanto giovani: il ruolo di Stacy Peralta andò al biondino di Elephant e quello dell’amico-rivale Jay Adams all’allora giovane promessa (attualmente un po’ dispersa, a dire il vero) Emile Hirsch – che sarebbe diventato celebre anche lui qualche anno dopo grazie al ruolo principale nel film Into the Wild – Nelle terre selvagge di Sean Penn.
Skip
I giovani dello skateboard di Santa Monica avevano avuto, agli inizi, una sorta di padre spirituale, un uomo più maturo di loro di nome Skip, il proprietario del negozio dove i ragazzi acquistavano le loro attrezzature. Era stato all’epoca un punto di riferimento e anche lui fu coinvolto nel progetto del film: quando gli venne chiesto da chi avrebbe voluto essere interpretato, rispose ciò che quasi tutti risponderebbero al suo posto.
Ovvero, fece il nome di un attore figo e carismatico.
Cioè, se proprio devo scegliere un’attrice per interpretarmi, perché non dovrei nominare Margot Robbie, in fondo? E prima che protestiate: se ha interpretato Tonya Harding, può interpretare pure me.
Tornando a Skip: fece il nome di Heath Ledger, già famoso all’epoca e che lui conosceva per il ruolo del figlio di Mel Gibson ne Il patriota. Incredibilmente, il ruolo fu offerto a Heath e lui accettò, anche se si trattava di una parte marginale nel film: a convincerlo fu la sua passione (tipicamente australiana) per il surf, un mondo affine a quello degli Z-Boys di Santa Monica – che infatti nascevano surfisti e avevano iniziato a usare lo skateboard nelle piscine proprio per replicare la sensazione della tavola sulle onde.
Il vero Skip Engblom con quello del film:
Immedesimazione
Per la prima volta Heath si cimentò dunque con l’interpretazione di una persona realmente esistente e per giunta vivente, il che ovviamente significava preparare il personaggio in modo del tutto diverso. Nel periodo immediatamente precedente al film, vivette in quasi simbiosi con il vero Skip per assorbirne gesti, movenze, abitudini. Per il ruolo indossò una lunga chioma bionda e una dentiera e quello che ne uscì fuori fu un personaggio bizzarro, costantemente in botta, una specie di santone del surf bloccato in un’adolescenza eterna, il classico tipo che i ragazzi più giovani prima idolatrano e poi a un certo punto ridimensionano e mettono da parte.
Lords of Dogtown non fu un grande successo di pubblico e critica, ma fu importante all’interno della carriera di Heath perché mise in risalto la sua versatilità interpretativa. Pochi, quando fu annunciato un paio di anni dopo il suo coinvolgimento ne Il cavaliere oscuro, ritenevano che Heath fosse “in parte” per impersonare il Joker, ma rivelarsi poi una scommessa vinta non fu del tutto un fulmine a ciel sereno: i primi germi che fosse la persona giusta per il personaggio si trovano proprio qui, in Lords of Dogtown.
Ho già recensito molta della filmografia di Heath, con un riflettore acceso sull’evoluzione della sua carriera breve, ma super-intensa: qua sotto trovate i link agli articoli precedenti della rubrica.