
Hell or High Water – Il nuovo west
Nuovo west, sì, ma neanche troppo: difatti Hell or High Water fa rivivere alcune atmosfere caratteristiche dell’ormai invecchiato genere tipicamente americano, aggiungendo però la peculiarità dominante del mondo capitalista: i soldi.
La pellicola, mai uscita al cinema (almeno in Italia), è diretta dallo scozzese David Mackenzie, alle prese per la prima volta con un film di un certo spessore. La sceneggiatura, invece, è affidata a Taylor Sheridan, autore anche della sceneggiatura di Sicario, il quale (per fortuna) in questo film risulta decisamente più ispirato.
TRAMA
Hell or High Water racconta di Toby (Chris Pine) e Tanner (Ben Foster), due fratelli che compiono rapine in alcune banche (una in particolare) nelle zone rurali del “Lone star state”, ovvero del Texas. Obiettivo: sconfiggere la povertà e riscattare il ranch del padre nel cui suolo è stato trovato del petrolio, così da lasciarlo ai figli di Toby. A contrastarli troveranno un ranger ormai prossimo alla pensione (Jeff Bridges) e il suo compagno Alberto (Gil Birmingham).
In Hell or High Water sembra davvero di trovarsi nel tipico west dei film anni ’80, se non fosse per il fatto che la pellicola non punta a mettere in mostra scorrerie di bande o scontri cowboy vs. indiani. Qui la questione è molto più personale ed intima, una lotta per la sopravvivenza, alla ricerca della giustizia e del mantenimento dell’onore, che sfocia in una critica affilatissima all’America. Davvero un buon lavoro di Mackenzie nel mostrare le immagini e in particolare gli scenari.
Un Texas reso alla perfezione: senso di immensità degli spazi, intere steppe vuote, pochi pick-up che scorrazzano per le strade e, ogni tanto, qualche banca qua e là, il tutto condito da una colonna sonora che domina sullo scenario e riesce ad essere frizzante e commuovente a seconda delle esigenze. In Hell or High Water non ci sono buoni o cattivi, ci sono modi diversi di farsi giustizia: da un lato la “giustizia privata” dei due fratelli, che contro tutto e tutti non si lasceranno fermare nella realizzazione del loro piano, perché mossi da ideali troppo alti e spinti da un senso di rivalsa radicato. Dall’altro la “vera” giustizia, quella dei ranger, quella fatta con la legge, che per forza di cose deve punire i rapinatori. Uno scontro tra due mondi diversi, ma affini, presentati attraverso una disposizione sistematica del montaggio che in molte sequenze del film prende letteralmente in mano le redini dello svolgimento diegetico.
Continui accostamenti di immagini per rappresentare il rapporto diversamente uguale ora dei fratelli, ora dei ranger. Da aggiungere la bravura di Mackenzie nel gestire le scene con alcune scelte interessanti (vedi il piano sequenza iniziale, a dir poco toccante) che garantiscono al film fluidità, scorrevolezza e lucidità narrativa.
Tutta questa rincorsa affannosa alla giustizia, però, lascia l’amaro in bocca. Il tentativo di far rivivere il vecchio west muore ancora prima di cominciare, perché quello è un mondo che non può più esistere ed è stato sostituito dal “nuovo west”, che altro non è che il vecchio inquinato e sporcato: l’America, terra delle opportunità, diventa ora un luogo arido e desolato, spopolato, senz’anima, dove il denaro sembra essere l’unico degno principio di sopravvivenza. E quale luogo migliore per mostrare questa desolazione se non appunto il caro vecchio west? E ancora una volta Mackenzie riesce, tramite inquadrature fisse o riprese paesaggistiche in movimento, a renderlo questo senso di vuoto, in atmosfere che a tratti ricordano Non è un paese per vecchi dei fratelli Coen.
Un plauso generale va fatto anche agli interpreti che sono stati (chi più chi meno) se non altro memorabili. Difatti il mix tra sceneggiatura e bravura attoriale regala dei personaggi che rimangono impressi nella memoria e a cui è impossibile non affezionarsi, criminali o ranger che siano. Nel dettaglio:
- Chris Pine: bene ma non benissimo, personaggio interpretato egregiamente, ma a volte sembra alla ricerca di sé stesso, un sé stesso che trova eccome nel finale di film, regalando un’interpretazione mozzafiato.
- Ben Foster: ottimo, rende magistralmente il suo personaggio spericolato e senza raziocinio rendendo la stessa interpretazione “fuori norma”.
- Jeff Bridges: glielo diamo un altro Oscar? Sicuramente in questo film ha fatto un lavoro come pochi: appare invecchiatissimo, ma con una resa sullo schermo e soprattutto con una caratterizzazione vocale del personaggio che ha dell’incredibile. INDIMENTICABILE.
- Gil Birmingham: ovvero Alberto. Ruolo di secondo piano per lui rispetto agli altri attori, ma riesce a far scappare la lacrimuccia quando viene [SPOILER] headshottato e soprattutto caratterizza molto bene il nativo americano.
OTTICA OSCAR
Non dimentichiamoci che Hell or High Water ha ricevuto 4 candidature agli Academy Awards 2017, ovvero: miglior film, miglior sceneggiatura originale, miglior attore non protagonista e miglior montaggio. Senza troppo sbilanciarsi, vorrei fare un paio di precisazioni:
- candidatura al miglior film più che meritata, il film apre molti scenari e temi che, sì, potrebbero essere sviluppati meglio e ci sono film (vedi lo stesso Non è un paese per vecchi) che lo fanno meglio, ma questo non vuol dire che non sia un film denso e carico. Probabilmente non vincerà, ma insomma, candidatura lecita.
- miglior montaggio: è una parte predominante nel film, permette un tipo di sviluppo definibile simmetrico e conduce il percorso diegetico, il problema qui è la concorrenza, a mio parere troppo elevata.
- miglior sceneggiatura originale: vi prego no! La sceneggiatura non è scritta affatto male, anzi, ma ci sono alcuni, oserei dire troppi, punti in cui il livello del film e soprattutto i dialoghi cadono nel banale e nel forzatamente umoristico. Inoltre molti temi vengono aperti ma non sviluppati a sufficienza. Quindi ancora, candidatura accettabile, ma NON DATEGLI LA STATUETTA!
- miglior attore non protagonista: discorso complesso. Jeff Bridges è stato eccellente, un personaggio davvero ben interpretato in ogni sua sfaccettatura e può assolutamente competere con la concorrenza. Resta da vedere quanto attizzerà questo film all’Academy.
Mi permetto di aggiungere due cose: perché non candidare Hell or High Water alla regia e alla colonna sonora? Parliamoci chiaro, Mackenzie non ha fatto un capolavoro, ma sicuramente è stato capace di gestire un film che per la maggior parte è statico e fatto di sequenze dialogiche in modo egregio. Non voglio osannare lo scozzese, ma a mio modesto parere una candidatura se la meritava data la resa finale del film sullo schermo. Discorso analogo per la colonna sonora: perché no? Probabilmente La La Land lo avrebbe distrutto successivamente? E con ciò? La colonna sonora è uno dei punti principali e di maggior efficacia di tutto il film, senza la quale MOLTE scene non avrebbero dato lo stesso rendimento, quindi una candidatura sarebbe stata più che lecita.
Polemiche a parte il film sa di rinfrescata. Una rinfrescata a quel genere usato e riusato, a quell’ambiente cowboyano che è il vecchio west e a quegli stereotipi sui nativi americani che qui vengono liberamente presi in giro. Mackenzie è riuscito a creare una sorta di vecchio west nuovo stampo mettendoci al suo interno la passione e il sentimento tipicamente texano, riuscendo allo stesso tempo a far emergere tematiche di spessore che, purtroppo (mannaggia a te Sheridan), andrebbero sviluppate meglio ma che riescono comunque a far riflettere e a lasciare il baffone di Jeff Bridges per sempre impresso nella memoria.