Fatevi un pianto con la “sigla” originale e poi cominciamo col tour della nostalgia: Hercules è tornato, ed è più trash che mai.
Gli anni Novanta più che un periodo storico sono uno stadio della coscienza. Un periodo di libertà pressoché assoluta per chi produce, smazza e si sorbisce serie tv, libertà talmente grande che una serie come Hercules: The Legendary Journeys (notate già la ridondanza del sottotitolo) oggi non sarebbe mai, mai potuta esistere. Per tutti gli eretici che hanno borbottato “menomale” la X rossa sta in alto a destra. Saluti.
Ma che cos’era questo Hercules che infestava la programmazione di Italia 1 al tempo dei Power Rangers, degli Action Man e di tutti quegli altri cartoni di cui non ricordate il finale? Se vi sforzate di fare una ricerchina veloce veloce su Wikipedia vi basta solo la prima frase per capire la caratura di questo gioiellino: “Hercules, è una serie televisiva statunitense… blablabla… che è vagamente basata sui racconti dell’eroe culturale Hercules”. Chi ha scritto la voce di Wikipedia è un fottuto genio, perché in quel “vagamente” risiede tutta la magia sbarazzina di questa serie. È tutta in quell’avverbio.
Facendo un po’ di storia possiamo dire che nel 1994, mentre qualcuno in Italia annunciava la sua discesa in campo, uno dei più indiscussi geni del cinema horror anni Ottanta, Sam Raimi, (trilogia de La casa, prima trilogia su Spider-Man, Drag Me To Hell, Ash Vs Evil Dead), metteva in piedi una delle più geniali baracconate che si siano mai viste, buone giusto per accaparrarsi quel pubblico di bambini non ancora in doppia cifra che gli avrebbero portato enorme fama, copiosa pecunia e imperitura memoria, come in effetti è avvenuto. Il tutto comincia in sordina: vengono realizzati e distribuiti cinque (ignobili) film per la televisione atti a lanciare la serie tv, che va in onda dal ’95 al ’99 per un totale di 111 meravigliosi episodi. Protagonista principale è quel blocco di tufo (cit.) di Kevin Sorbo, la cui filmografia vanta eccellenze della Settima Arte come 3ciento – Chi l’ha duro… la vince e The Extendables (ExTendables, attenzione), oltre che a essere ovviamente il padre di Ryan Atwood nella mitologica quarta stagione di The O.C.
All’inizio della serie Hercules è felice, ha rassegnato le dimissioni da mazzuolatore di mostri ellenici e ha cominciato a mazzuolare qualcos’altro, visto che lo vediamo assalito da una torma di prole e una moglie parecchio discinta, Deianira, ovvero colei che nel mito originale era “la tipica D.i.d.” rapita dal centauro Nesso. Se non avete colto il riferimento avete avuto una pessima infanzia. A un certo punto però Giunone, moglie pluricornuta di Giove, si ricorda (sono passati giusto quei 30-35 anni) che Hercules è frutto di uno dei numerosi tradimenti del marito e, dopo rapida delibera, si autoconvince a vendicare quest’onta. Illuminazione divina. Che fa dunque? Scaglia una palla di fuoco (?) completamente a caso sulla capanna di arbusti dell’eroe, riducendo Deianira e prole a un abbacchio stracotto e facendo non poco incazzare l’eroe che le giura vendetta. Dopo aver fatto su (a caso ovviamente) il vero e proprio protagonista morale della serie, l’amico Iolao (interpretato dall’istrionico Michael Hurst), cominciano le anacronistiche peregrinazioni di Hercules e Iolao per una Grecia mitica che non assomiglia assolutamente alla Grecia, ma alla Nuova Zelanda, dove in effetti per motivi economici venne girato lo show.
Ciò che ci propone questa meraviglia del genere umano è dunque un pout-pourri di cose/persone/animali buttati a caso e rimodellati in forma di buffonesca chiavica mal pixellata, un melting pot di mitologie, credenze, ambientazioni neozelandesi, personaggi, universi paralleli e invenzioni strabilianti che non si prendono sul serio manco per un secondo: incontriamo dunque figure come Gilgamesh, Giulio Cesare, Odino, Re Mida, re Artù, e poi arcangeli Michele, cavalieri dell’Apocalisse, barbari, vampiri (vampiri!), arpie strafighe e Autolico, il principe dei ladri interpretato dal feticcio di Raimi, ovvero il grande Bruce Campbell. Mancano giusto Gasparri, Antonio Razzi e una comparsata di Donald Trump.

In ogni episodio ne succedono di tutti i colori: attori che interpretano più di un personaggio per risparmiare sugli stipendi, viaggi Costa crociere ad Atlantide, villaggi vessati da mostri completamente a caso, Iolao che fa il pendolare tra la terra e l’Ade (roba che anche un esperto come Crili si esibirebbe in un rispettoso “Chapeau”), Hercules che cede (sempre per questioni di gnagna, sia chiaro) e recupera i suoi poteri di semidio una quindicina di volte, dee vestite come mistress da bondage estremo, vergini sozze che seducono i protagonisti e muoiono così in fretta che pare fatto apposta, Xena prima cattiva, poi buona, poi schizofrenica, Iolao-giullari che giungono da dimensioni parallele. Verrebbe da dire “Eee… Macarena”.
Avete capito qual è il clima? È quello del divertimento di serie Z a cui Sam Raimi si è sempre dedicato, non badando ad altro se non a far pensare allo spettatore “No, dai, non lo farà…” e invece lo fa. Sempre. Perché lui è Sam Raimi e Sam Raimi può.
La serie di Hercules genera un multiverso così composito e di successo (come poteva essere altrimenti?) da dare vita a ben due spin-off: Xena – Principessa guerriera (1995-2001), che avrà un successo uguale, se non superiore, alla serie madre, e l’indecente Young Hercules (1998-1999), che avrà l’unico merito di lanciare il giovanissimo Ryan Gosling.
Hercules è figlio di un tempo in cui lo spettatore non esigeva niente se non di essere intrattenuto, in cui principi come coerenza interna e rispetto dell’intelligenza di chi guarda erano completamente ignorati, dando vita a un divertentissimo puttanaio di serie C, D, Z, fate voi… sta di fatto che solo un idiota potrebbe giudicare con severità qualcosa di così allegramente – e coscientemente – cazzone, prodotto da un signore che ha rivoluzionato il cinema horror con du’ spicci e un fracco di idee geniali, che ha piazzato quel besugo di suo fratello, Ted Raimi, a fare da comparsa/comic-relief in quasi tutti i suoi prodotti, che ha dato vita a ben più di un macro-mondo a cui gli spettatori di tutte le età si sono affezionati. Hercules, in questo senso, è paragonabilissimo ad Ash Vs Evil Dead, visto che sono realizzati con lo stesso spirito giullaresco e sono uniti da un legame sottolineato dalla comune presenza di attori feticcio quali Bruce Campbell, Ted Raimi, ma anche Lucy Lawless, che si presta alla farsa più che volentieri. Dunque perché non spararvi una rinfrescata di anni Novanta e recuperare dal vecchio mobile le action-figure di Hercules e Iolao?
…e non mi venite a dire che vi astenete per motivi di gnagna, perché quei poveri giocattoli se ne stanno buoni a prendere polvere da vent’anni e non mi pare che in questi vent’anni voi… beh, trovate un’altra scusa.
…oppure cercate di assomigliare un po’ più a Kevin Sorbo e un po’ meno a Danny De Vito.