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Holly e Benji e i valori antisportivi che ci ha insegnato

Holly e Benji: cartone diseducativo, oppure espressione di una diversa cultura?

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Doverosa premessa: si fa per scherzaretumblr_m9sbo2b21z1qhbojuo1_500

Tutti noi (soprattutto maschietti) abbiamo amato Holly e Benji, un cartone che ci ha fatto compagnia durante innumerevoli merende post-scuola: divorare merendine e panini imbottiti mentre quelli si scotennavano sul campo da calcio. Cosa chiedere di più?

La malattia però non si ferma all’età infantile, visto che ci sono alcuni di noi che ancora oggi combattono l’insonnia riguardandosi i vecchi episodi, sorridendo come ebeti davanti a quell’ingenuissimo anime (cartone animato made in Japan) che si porta dietro tutti i pregi e difetti dei cartoni giapponesi anni Ottanta. Insieme a Slam Dunk e Mila e Shiro, Holly & Benji ha sdoganato il genere dell’anime sportivo, portandoci la visione nipponica di quello che è uno dei cardini della nostra (e non della loro) società: il calcio.

Quello che ci apprestiamo a fare è semplicemente dileggiare e prendere in giro una serie a cui tutti noi siamo legati, mostrando come molto spesso certi atteggiamenti dei personaggi fossero parecchio fuori dagli schemi e divergessero dai dettami delle nostre scuole calcio. Ma non prendiamocela coi poveri giapponesi, che dio sa se sono più bravi a realizzare cartoni animati che a giocare a calcio…

La solitudine dei numeri 10

che-campioni-holly-e-benji-0Qualcuno l’ha mai detto ai giapponesi che il calcio è uno sport di squadra? No perché guardando Holly e Benji pare che si debba giocare in undici solo per un vizio di forma del regolamento, visto che gli unici a contare sono i “numeri 10”, solitamente il fenomeno e la sua spalla (Holly e Tom Becker, Mark Lenders e Danny Mellow, ecc.).

In Holly e Benji morire che segni qualcun altro oltre il numero 10 della squadra: tutto gira in sua funzione, tanto che le partite molto spesso si trasformano in motivi di rivalsa personale e gli altri dieci stronzi in squadra devono stare muti a subire gli sghiribizzi del Maradona di turno. Perché se al signorino Mark Lenders frega solo di primeggiare nel suo personalissimo confronto con Holly, frega un cazzo se la Muppett vinca o perda contro la New Team, l’importante è avercelo più lungo.

Quello che fa ancora più impressione è il servilismo dei compagni di squadra dei vari fenomeni (oltre a Holly e Mark possiamo contare Philip Callaghan, Julian Ross, i gemelli Derrick, Teo Sellers, eccetera), tanto che frasi come Solo X può segnare e noi dobbiamo pensare unicamente a passare la palla a lui sono all’ordine del giorno. Allo stesso modo è troppo demotivante vedere gli allenatori che incoraggiano quei poveracci a passarla a quello più forte, come a dire: “Te che sei impedito stai bravo e lascia fare ai grandi”.

Solo i giocatori dotati – che di solito sono anche capitani, capocannonieri, allenatori in campo, team manager, massaggiatori, CEO della società, animatori, personal banker, chiromanti, fisioterapisti e padri putativi di tutti quanti – possono permettersi di violare la porta avversaria. Gli altri muti e pedalare.

Where the fuck is Carletto Mazzone?

Non so se il sensei Yoichi Takahashi (creatore del manga originale Capitan Tsubasa) abbia mai visto una partita di calcio vera e propria, ma sta di fatto che al di là degli undici in campo (perché le riserve solitamente sono solo una o due, tanto del regolamento fottesega) solitamente è presente anche un signore più o meno attempato che gli addetti ai lavori si ostinano a chiamare “allenatore”.newteam14

In Holly e Benji la figura dell’allenatore è ridotta a una sottospecie di grumo di saliva misto muco stazionante a bordo campo, che si preoccupa solamente di lanciarsi in interminabili pipponi introspettivi e scandire banalità durante l’intervallo.

Le due macro-regioni dell’indagine gnoseologica degli allenatori sono:

  • “X (il fenomeno di turno sopracitato) diventerà una leggenda del calcio”.
  • “Ragazzi siamo in svantaggio, dobbiamo recuperare”/”Ragazzi siamo in vantaggio, bene così”.

roberto1L’accanimento di Takahashi contro la figura degli allenatori non finisce qui, visto che due dei punti di riferimento per i ragazzi sono palesemente dei depressi alcolizzati e – nel caso dell’allenatore della Muppet – violenti.

Parliamo ovviamente di Jeff Turner e Roberto Sedinho, famosi per il loro attaccamento alle spire alcoliche dell’acquavite e alle sferzate dello scudiscio.

4-4-2-, sbronze e pattoni. Di bene in meglio.

Il giallo dei cartellini

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Vado a memoria eh, quindi potrei sbagliare, ma qualcuno di voi ricorda un arbitro che tira fuori un cartellino in tutto Holly e Benji? Gli interventi cattivi non mancano, ci sono interi episodi in cui ci viene mostrata la ferocia dei falli, la sofferenza stoica dei calciatori/combattenti che pur di rimanere in campo rischiano arti, carriera, la vita stessa (Julian Ross docet) però di provvedimenti disciplinari nemmeno l’ombra. Cos’è, in Giappone non esistono? Ognuno fa quello che vuole? Qui siamo tutti uguali, non conta un cazzo nessuno? Che educazione diamo ai bambini che guardano e poi scendono al campetto a trebbiare avversari in stile Mark Lenders?

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Offese aggratiss

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Ricordiamo più di un’occasione in cui Patty, la tifosa sfegatata della New Team innamorata di Holly, viene presa in giro dai suoi compagni ultrà perché non femminile e “cicciottella”. Ok che dalle frange di tifo organizzato non è mai uscito nessun Baldassar Castiglione o Monsignor Della Casa, ma un po’ di tatto, cristo santo.

Allo stesso modo c’è una vera e propria emarginazione dello scarsone che attraversa l’intero anime: tutta quella massa indistinta di normali a cui è preclusa la via del gol (riservata ai numeri 10) viene soventemente offesa e accusata di inutilità e incapacità. Un minuto di silenzio per tutti i Bruce Harper (che alla fine è un grandissimo leccaculo paraculato, visto che fa carriera grazie alla sua amicizia con Holly) senza nome sacrificati sull’altare del supposto talento di pochi privilegiati.

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L’affaire Julian Ross

1C’è un giocatore che di tutto l’anime è proprio quello che incarna meglio il concetto del tanto in voga “mainagioia”: è il povero Julian Ross, il cardiopatico più talentuoso del Sol Levante. Questo poveraccio convive con una malattia cardiaca per il quale non esiste cura, tanto che dovrà arrivare Trunks dal futuro per salvarlo e… momento, sto sbagliando anime.

Ricominciamo: sto disgraziato della Mambo FC sarebbe dio in terra se non gli si incriccasse il cuore ogni volta che mette piede in campo. Dispiace a tutti caro Julian, ma la vita è una sola ed è bene non sacrificarla per giocare a calcio.

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Sì, avete capito bene: Julian Ross quando sta male diventa bianco. E niente, non c’è un perché…

La domanda che sorge più spontanea è dunque: “che diavolo ci fa Julian Ross in campo?”. Non ci sono medici che possono proibirgli di giocare? Quale allenatore senza palle si prende la responsabilità di far giocare uno malato di cuore? Ma ci rendiamo conto?

Ancora di più viene da domandarsi se sto scellerato non abbia dei genitori! Mettiamo che sia orfano, nessuno bada a lui… boh… sarebbe quasi ipotizzabile, ma il buon Julian i genitori ce li ha, per la precisione un padre multimilionario e una madre iper-apprensiva che passa il tempo a guardare le partite del figlio spaccando tazze di tè e pregando che la sua progenie non entri nel rettangolo verde. Ma non ce l’hai un po’ di autorità? Digli di no e che sia no, santa pace. I bambini di quaggiù dovranno ben capire che se sei cardiopatico l’attività sportiva non è proprio consigliabile. No?

 A quanto pare no.balek-je-donnerais-ma-vie-pour-remporter

Conclusioni sensate

In sostanza Holly e Benji è un cartone che può presentare qualche esempio sbagliato che noi ci siamo divertiti ad esagerare, tanto per farlo notare. La verità è che i giapponesi non riescono e non riusciranno mai a slegarsi da concetti base come la gerarchia (la volontà del capitano è legge), l’abnegazione per il lavoro (gli allenamenti terribili a cui si sottopongono i giocatori), il fregarsene dei rischi pur di conservare l’onore (la costanza di Julian Ross a continuare a giocare nonostante la malattia), il successo personale a dispetto di quello collettivo (il forte individualismo che emerge dal cartone), il fondamentale retroterra “battagliero” e marziale di ogni aspetto della vita sportiva che invece non appartiene affatto alla nostra cultura.
Molte di queste prospettive ci possono apparire distorte e fuorvianti se non si conosce nulla del modo di pensare e di vivere dei giapponesi. Una volta entrati in contatto con quella cultura Holly e Benji si incardina perfettamente in un modo di pensare e di agire diverso dal nostro, ma non per questo meno valido.

Detto ciò scappo, vado a ripassare il Tiro della Tigre e la Catapulta Infernale.

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Federico Asborno

L'Asborno nasce nel 1991; le sue occupazioni principali sono scrivere, leggere, divorare film, serie, distrarsi e soprattutto parlare di sé in terza persona. La sua vera passione è un'altra però, ed è dare la sua opinione, soprattutto quando non è richiesta. Se stai leggendo accresci il suo ego, sappilo.
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