
Hooligans: il prezzo della violenza, tra birre al pub e West Ham
Pub, pinte di birra, cori da stadio e pugni in faccia: il calcio tra duro realismo ed epopea.
Questo è uno di quei film che penso di aver rigato il DVD a forza di farlo andare (come facevo da bambino con le VHS dei classici Disney). Uno di quei film che spuntano ravanando a caso tra i cumuli di custodie e che poi finisce che ti innamori, perché mettono in scena personaggi che ti rimangono dentro, ai quali ti scopri a ripensare settimane dopo.
Penso di aver spacciato in giro questo film in modo più esauriente e capillare dell’intera distribuzione italiana, visto che ho costretto alla visione praticamente ogni persona che ha intrattenuto rapporti con me: chiedete pure in giro ai miei amici… (sì, voglio il Big Money se non si è capito).
Sta di fatto che questo Hooligans mi conquistò fin dalla prima visione, non tanto perché parlasse di calcio (si vede qualche stralcio di partita all’interno del Boleyn Ground – stadio del West Ham – ma non è questo il punto focale del film), quanto piuttosto perché descriveva quel micro-mondo tipicamente inglese che attorno al calcio ruota: i pub fumosi, le villette a schiera, i ragazzi dei quartieri meno abbienti che buttano via la loro vita tra lavori ignobili, tute Adidas, scarpe Nike rigorosamente bianche e birre annacquate.
Hooligans mette in scena in modo iper-realistico quel mondo parallelo che si nutre non propriamente di sport, ma di un ideale comunitario, che si identifica in una firm, in un gruppo di tifo organizzato che deve difendere la propria reputazione a tutti i costi contro le altre bande.
Il protagonista è Matt Buckner (Frodo), brillante studente di giornalismo che viene espulso da Harvard per parare il culo al riccone bastardo di turno, che lo incula nascondendo la bamba tra la sua roba. Matt è troppo debole per reagire, così sta muto, si fa cacciare e decide di andare a Londra a trovare la sorella Shannon (Claire Forlani, ovvero la tipella di cui si innamora Brad Pitt in Vi presento Joe Black), nascondendo l’espulsione al padre. Qui conosce il marito di lei, Steve Dunham, e suo fratello minore, lo scapestrato Pete (Charlie Hunnam, che chi ha visto Sons of anarchy ricorderà sicuramente). Sarà proprio tramite lui che Matt entrerà in contatto con la GSE, (Green Street Elite) ovvero la firm del West Ham, di cui Pete è il capo.
La GSE si trova in un momento cruciale della sua storia perché deve dimostrare di essere degna erede della firm guidata tempo prima dal leggendario “The major”. Quindi se la deve vedere con le altre firm, combattendo sul campo a suon di cori, e fuori, evitando le umiliazioni e scatenandosi in risse e sassaiole. A poco a poco Matt si fa risucchiare all’interno di questa spirale di violenza, idolatrando Pete e dimenticando però che i giornalisti come lui non sono molto ben visti all’interno delle frange più estremiste del tifo organizzato…
I’m forever blowing bubbles,
Pretty bubbles in the air,
They fly so high,
Nearly reach the sky,
Then like my dreams,
They fade and die.
Fortune’s always hiding,
I’ve looked everywhere,
I’m forever blowing bubbles,
Pretty bubbles in the air.
Coro del West Ham United
I nemici giurati di quelli del West Ham sono quelli del Millwall, storici avversari sul campo (ma soprattutto fuori) guidati dal terribile Tommy Hatcher che ha un conto in sospeso con la famiglia Dunham e col quale Pete, Matt e gli altri ragazzi della GSE dovranno prima o poi fare i conti.
Il film procede presentando personaggi interessanti e niente affatto piatti, una violenza dura e realistica che non viene nascosta (è stato vietato ai minori di 18 anni), mettendo a nudo il mondo sotterraneo che caratterizza (e ha caratterizzato soprattutto in passato) il calcio inglese e il sanguinoso movimento underground degli hooligans.
La coppia Hunnam-Frodo si sposa alla meraviglia, e la storia ci mostra la discesa/catarsi di un personaggio che si evolve in modo davvero interessante, per poi arrivare a un finale che sputa sia sui tarallucci che il vino, perché nella vita reale la violenza ha un prezzo da pagare e questo film non mette in scena delle favole.
Guardatelo assolutamente, perché non si tratta affatto di un film solo per appassionati di calcio e sportivi in generale, ma di un film drammatico, crudo e intenso, che ti fa affezionare ai personaggi a tal punto che ti verrebbe voglia di combattere insieme a loro, di difendere un ideale forse insensato, ma che per molti ragazzi dei quartieri rappresenta forse l’unica aspirazione a loro concessa, cioè quella di dedicare la loro esistenza frustrata a qualcosa più grande di loro: una squadra, un simbolo, una firm.
Stand your ground and fight.
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