Allora. Vediamo di calmarci tutti un secondo, prendere fiato e fare un passo indietro. Prima di tutto, andatevi a vedere queste due puntate di House of Cards se non l’avete ancora fatto. E già che ci siete buttate un occhio alla mia recensione delle prime, la trovate qui. Ok, fatto? (Sì, leggetelo con la voce di Giovanni Muciaccia). Bene, allora possiamo partire, e lo spoilerz è purtroppo d’obbligo, cioè non posso non parlare di QUELLA COSA.
Però con calma, c’è prima una puntata intera da discutere. Arriviamoci come i cari Beau Willimon e John Mankiewicz ci hanno fatto arrivare. Io direi con un minimo di sospetto, ma ne riparliamo, tranquilli.
Beh, intanto una cosa: questi due episodi sono un esempio lampante di come la storia si ripeta. E sotto diversi aspetti, sia dal punto di vista della sceneggiatura, che della storia con la s maiuscola.
Intanto il ritorno di Frank nella città natale, Gaffney, per le primarie del South Carolina. Succede esattamente nella terza puntata, così come nella terza puntata della prima stagione di House of Cards l’allora membro del Congresso si era visto costretto a tornare per la morte della ragazzina, che scriveva un messaggio alla guida insultando la Peachoid (la torre idrica a forma di pesca, che viene inquadrata più volte durante questa 4×03).
Qui viene rimarcata l’importanza assoluta della religione, soprattutto ai fini di una campagna elettorale. Noi sappiamo benissimo come Frank la pensi (sputare sul Cristo in chiesa è emblematico), ma il popolo (o popolino?) deve vedere il suo leader devoto alla causa religiosa, perché la convinzione che Dio abbia creato gli Stati Uniti, per condurre il mondo verso un futuro migliore, è radicata nei cuori di tante persone. Concetto opinabile, per essere molto gentili.
Ma io ve l’avevo detto, la guerra, quella vera, è appena cominciata. Perciò Claire assesta il primo duro colpo al marito, facendogli perdere praticamente tutto il sostegno della popolazione afroamericana, con la foto del padre di Frank assieme ad un membro del Ku Klux Klan.
Non devo dirvi io quanto la questione sia delicata, sarebbe superfluo, ma quello che mi ha fatto strano è stata la conseguenza diretta: l’inizio della caccia alle streghe per chi aveva parlato, caccia che non ha nemmeno calcolato Claire tra le sue possibili prede. Ma lei, nonostante stia facendo la bastarda quasi quanto suo marito (senza però riuscire a danzare sulla linea della moralità bene quanto lui), ha una maestà e una classe senza pari. Perciò lascia gli orecchini che lui le aveva regalato (orecchini della madre di Frank, se proprio vogliamo rincarare la dose) nella cassetta di sicurezza dove Leann aveva preso la foto per lei, sapendo benissimo che lui l’avrebbe controllata. Applausi.
Quindi, dopo aver ferito (mortalmente?) la campagna di Frank, cosa vorrà? Nulla di che, solo correre con il marito come suo futuro vice-presidente. Metabolizzata un attimo la richiesta ENORME, anche qui il passato ritorna: di nuovo i dubbi, le perplessità e le difficoltà della nomina di Claire ad ambasciatrice alle Nazioni Unite durante la terza stagione di House of Cards. Tutto però moltiplicato per un numero incalcolabile. Ma il ricatto è sottile, elegante, perché Claire sa che alla gente piace più lei di Frank, e lui sa che sua moglie potrebbe distruggere la campagna in un soffio.
Già, un soffio. Quell’alito di vento che l’attuale presidente ha tentato in tutti i modi di chiudere all’esterno, così che il suo castello di carte non rischiasse nulla. Ma si sa che gli spifferi possono insinuarsi ovunque.
Nella scorsa recensione avevo scritto due cose: che chi non ha niente da perdere prende decisioni estreme, e che l’uscita di prigione di Lucas non era casuale. Bene, ora unite le due frasi e sapete benissimo di cosa sto per parlare. LA cosa. Ora, non voglio fare lo splendido della situazione dicendo che l’avevo capito, però solo a me era venuta la sensazione che qualcuno stesse per sparare a Frank? Di sicuro non avrei mai pensato sarebbe stato Lucas (anche se gli indizi c’erano tutti), però i dissidenti fuori, la folla, era tutto un collage perfetto per un attentato al presidente. E infatti. Io sono saltato dal divano comunque. Non come quando Frank ha ucciso Zoe, ma poco ci mancava.
Allora, iniziamo con il povero Meechum: insegna agli angeli ad essere la guardia del corpo più fedele del mondo. No davvero, mi spiace proprio per lui, non se lo meritava. Però la vera vittima di tutto è Lucas. Certo, noi tifiamo per Frank (e io in primis), ma Underwood gli ha ucciso la donna di cui era innamorato, gli ha portato via il lavoro, la dignità e grossi pezzi di vita. Dopo l’ultimo tentativo fallito con la Dunbar, non aveva davvero più nulla da perdere. Esattamente quando la stessa Dunbar aveva deciso di dargli ascolto, ma non l’ha chiamato in tempo. Quanto amo House of Cards, perché sa essere giustamente crudele, proprio come la vita reale, che non fa sconti e non guarda in faccia nessuno. Un po’ come prendere una facciata sull’asfalto.
E Claire? Magari vi suonerò banale e scontato, ma l’espressione quando il gatto non c’è i topi ballano vi dice niente? Devo ancora capire se è seriamente dispiaciuta o no, ma una cosa è certa: sfrutterà l’occasione per fare esperienza politica alla Casa Bianca. E ha già cominciato, visto che l’attuale vice-presidente, Donald Blythe, è l’incapacità fatta persona. Niente di meglio che stravolgere i piani di Frank sulla questione Russia, mentre lui ha il fegato spappolato. L’unico davvero fedele al presidente, ora come ora (anzi, ora e sempre), è Doug, che si trova nell’imbarazzante posizione di tenere a bada Claire senza però metterle il guinzaglio.
Qualche piccola previsione: Petrov si riaffaccerà nello scacchiere mondiale più cattivo di prima, vedremo molto di più del candidato repubblicano, ci saranno tante somiglianze con quello che sta accadendo adesso (Trump e la Clinton soprattutto) e Frank non morirà. Che è una previsione ovvia, però devo ripetermelo anche io, cioè non scherziamo. Se è sopravvissuto Reagan, può farlo pure lui. E, quando tornerà, saranno cazzi amari per tutti, non avete idea di cosa vi colpirà, ne sono sicuro.
F. U. people!
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