Film

I colori di Lanterne rosse: rabbia, fuoco e sangue

Uno sguardo sull’ardente estetica del film

Claustrofobico, elegante, simmetrico, bello. Questo e altro è Lanterne rosse di Zhang Yimou, un film di ipocrisia al femminile ma, soprattutto, di possessione e vizio maschile. Il regista gioca abilmente con i nostri sentimenti, riuscendo a non farci amare nessun personaggio in particolare: ci sentiamo distanti da tutti, compatendoli allo stesso tempo. La fotografia è superba, riempita da brillanti tinte rosse aranciate; la scenografia completa degnamente queste affascinanti atmosfere. Tuttavia la bellezza estetica di quest’opera racchiude, come i volti truccati delle donne protagoniste, un’angosciante tristezza.

Il padrone, il rituale, le donne

L’intreccio è circoscritto entro luoghi ben precisi: le case delle quattro mogli e, in particolare, il cortile che le unisce. Un misterioso gentiluomo cinese ha appena acquisito una nuova moglie. Gong Li è la bellissima giovane, quarta consorte e ha tutta l’attenzione del marito. Infatti, la sera stessa, una brillante lanterna rossa viene accesa davanti la casa della nuova signora: è la prescelta. Come preferita, la nuova consorte ha diritto a un massaggio ai piedi prima di accogliere il suo uomo. Le altre si ritirano, rassegnate: iniziano i giochi. Tutto il film si appoggia a uno scheletro di azioni/rituali definito. Le mogli si contendono la preferenza del signore, cercando al contempo e inutilmente, di mantenere integra la propria dignità. Dico inutilmente poiché il nostro punto di vista può osservare facilmente la situazione: sono in trappola.

Una lanterna rossa viene accesa ogni sera, vicino alla casa dove il marito vuole passare la notte. Successivamente, vengono accese altre lanterne nella casa e alla prediletta spetta il massaggio ai piedi. Attorno questi punti fermi si attorcigliano finte alleanze, battute spietate e azioni perverse delle tre mogli più giovani, mentre la prima osserva pietosamente. Tutte sono convinte di essere protagoniste, furbe, importanti, ma nessuna lo è realmente. L’opera manipolatrice per eccellenza è di un solo personaggio, sfuggente persino alla nostra vista: il padrone. Lui decide realmente le sorti dei giochi, sceglie il lusso o la miseria, la vita o la morte delle consorti.

Le quattro

Gong Li è la nostra quarta arrivata. Giovane, intelligente, asseconda il desiderio della madre di vederla sposata, a patto che sia ricco. Appena arrivata, solo due delle mogli l’accolgono con apparente affettuosità; la terza, una bella cantante, prende fin da subito le distanze.

Nella storia è determinante un’altra figura femminile: la serva affidata alla nuova moglie. Oppressa dall’invidia e l’odio per la padrona, nel silenzio medita maligni sgarbi e provocazioni da infliggerle. La tensione, immediatamente evidente, si rivela a noi attraverso densi silenzi, sguardi laceranti e lunghi momenti di riflessione rabbiosa.

Il regista coglie perfettamente i lati meno apprezzabili della mente femminile. Costrette a snaturarsi nella prigionia, le protagoniste si concentrano sui pochi svaghi e i modesti spazi che vengono concessi loro. Il risultato è disarmante: abbandonata ogni speranza di solidarietà umana, l’egoismo prevale con forza, promettendo rovina e sciagura.

Sole e senza amore

L’amore, in questa gabbia, non è concesso. Amore per loro stesse, per la famiglia, per gli altri, neanche per il padrone. Tutto l’affetto viene fatalmente aspirato via: negato, portato lontano.

Lo stato d’animo che prevale è la solitudine: ciascun personaggio è solo con i propri piccoli scopi e segreti; niente viene perdonato e le punizioni sono terribili. La crudeltà non ha bisogno di chiasso e sangue espliciti; tutt’altro. Zhang Yimou ce la presenta ben truccata, di modi impeccabili e fasciata di splendidi kimono variopinti. La violenza si vela di colori magici, e grande raffinatezza; per questo riesce nell’intento di destabilizzarci e turbarci nell’intimo.

Lanterne rosse e il suo devastante epilogo non ce li dimenticheremo mai. Come uno splendido animale velenoso, questo film ci inganna con le sue vesti ardenti, balla con noi, per poi infliggerci il colpo mortale.

Roberta Sciuto

Poco da dire: come tutti qui sono appassionata d'arte, di qualsiasi forma o colore. Trovo che il cinema sia arte a 360°, poiché coinvolge i sensi nel loro complesso, mettendoli in relazione tra di loro. Oltre a contemplare cose, adoro anche fare sport, leggere, disegnare e fotografare. Buona vita, ragazzi!
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