Film

I Magnifici 7: il western più gay dopo “Brokeback Mountain”

È doveroso fare una premessa: ho visto I Magnifici 7 al festival del cinema di Venezia, ovvero in un contesto in cui quando non ti propinano un bidone cingalese di quattro ore e mezza sulla condizione della donna nella moderna società cingalese già di base ti lecchi le dita.

I blockbuster al Lido sono rari e preziosi come la carta igienica (ma questa è un’altra storia) e quando distensivi e divertenti sono tendenzialmente molto apprezzati. Vedi ogni giorno quattro-cinque film. Se uno è una pacchianata fracassona sei solo che contento.

E I Magnifici 7 è una pacchianata fracassona

Siamo di fronte a un’operazione discutibilissima: il remake di un remake. Il celebre western I magnifici sette con Steve McQueen era infatti a sua volta un adattamento de I sette samurai, capolavoro di Akira Kurosawa. La trama, friggi e rifriggi, sempre quella è: un villaggio di contadini minacciato dal cattivo di turno assolda sette pistoleri professionisti (o sette ronin nella versione originale) per difendere la terra. Seguono un sacco di botte, maschile cameratismo, pacche sulle spalle, amare riflessioni sulla fragile condizione dell’uomo blabla, e poi il bene trionfa a caro prezzo.

i magnifici 7 chris pratt antoine fuqua denzel washington ethan hawk

Il remake di Antoine Fuqua tenta blandamente di riprendere l’impostazione narrativa del classico di Sturges, delineando la personalità dei sette protagonisti intorno a stereotipi ben definiti e identificabili dell’archetipo western. Tenta un guizzo di originalità apprezzabile formando la “sua” squadra con pistoleri di etnie diverse: un afroamericano, due americani, un irlandese, un asiatico, un messicano, un nativo americano. Qualcuno in conferenza stampa gli ha chiesto come mai. Lui ha risposto che si tratta di un tentativo di aderire maggiormente alla reale multietnicità della società americana dell’epoca. Io credo che il motivo sia che fanno tanto Benetton e sono caruccetti.

Un buon film da papà

La sceneggiatura del pluri-incensato Nic Pizzolatto (creatore dell’incensato True Detective) non decolla, ma si mantiene a un buon livello di godibilità e divertimento, per cui in linea molto generale posso dirvi: attenzione agli errori di comunicazione della campagna di promozione del film. L’estetica del poster e la presentazione dei personaggi può ricordare all’incauto spettatore che deve ancora scegliere se comprare il biglietto The 8ful Eight. Ecco. Manco per il belino. State in campana.

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Io stessa, illusa dal nome di Pizzolatto e dalla promozione del film, sono entrata in sala convinta di vedere un western atipico, con un approfondimento minuzioso sulla psicologia e la caratterizzazione dei personaggi e con dialoghi di grande forza. Siamo invece davanti a un baraccone d’intrattenimento con un’innocua patina di serietà e una spruzzata di tematiche sociali all’acqua di rose. Un genere a parte. Io li chiamo film da papà. Rientrano nella categoria dei film da papà:

  • i western che per almeno metà della pellicola non senti dialoghi ma spari, e per l’altra metà pacche sulle spalle
  • i polizieschi che per almeno metà della pellicola non senti dialoghi ma spari, e per l’altra metà pacche sulle spalle
  • tutti i film in cui compare, anche per un breve cameo, Robert Redford.

Il cast e lo slash

Ottimo casting, ma tutti un po’ appannatini: un Denzel Washington vagamente confuso, un Chris Pratt simpatico ma fuori parte, un Ethan Hawke senile. Ad aggiungere pepe alla mia visione de I Magnifici 7 hanno contribuito le amiche con cui sono andata a vederlo: tra di loro c’erano anche un paio di slasher. Se non siete avvezzi al linguaggio dei fandom, traduco: brutta gente che vede sottotesti omosessuali ovunque.

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Cerco di non farmi condizionare dall’occhio slasher di queste cattive compagnie, ma devo ammetterlo: per non vedere un sottotesto omosessuale ne I Magnifici 7 bisogna davvero mettere la testa sotto la sabbia a mo’ di struzzo. La coppia formata da Ethan Hawke e dal suo partner giapponesino coi coltelli è la cosa più gay mai vista su una prateria dai tempi di Heath Ledger (RIP) e Jake Gyllenhaal. Non so se sia voluto ma l’attribuzione di un Queer Lion era d’obbligo.

In definitiva, andate a vederlo se:

  • siete papà
  • siete a un festival del cinema e volete rilassarvi un attimo i nervi
  • siete slasher
  • avete voglia di passare una serata disimpegno con popcorn e rutto libero.

Altrimenti, un buon prodotto evitabile.

Sara Boero

Sua madre dice che è nata nel 1985, a lei sembrano passati secoli. Scrive da quando sa toccarsi la punta del naso con la lingua e poco dopo si è accorta di amare il cinema. È feticista di Tarantino almeno quanto Tarantino dei piedi. Non guardatele mai dentro la borsa, e potrete continuare a coltivare l'illusione che sia una persona pignola.
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