Film

I sogni segreti di Walter Mitty: sognare si può

Sognare si può eccome: si potrebbe dire quasi che si deve sognare, se di mezzo c’è un personaggio come Walter Mitty.
La figura del grigissimo impiegato che lavora per il mega-magazine statunitense Life – precisamente come boss, un po’ triste, dell’archivio negativi -, va ricordato, non è cinematografica di nascita: proviene, infatti, dal racconto The secret life of Walter Mitty, pubblicato da James Thurber nel 1939. E, altro dato importante, questa non è nemmeno la prima trasposizione per il grande schermo della storia di Walter: l’originale, di cui questo film del 2013 si propone come remake, è infatti Sogni proibiti del 1947, diretto da Norman McLeod.

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Il primo Walter Mitty: sognare troppo

Prima di tutto: cosa rende la figura e la vita di Walter Mitty così appetibili, così dense d’interesse da essere narrate più di una volta? La risposta sta proprio in Walter, questo mediocre ed ingessato ometto, che all’inizio, quando le sue gesta non sono ancora “gesta”, ci fa sorridere proprio perché è mediocre ed ingessato: perché in fondo somiglia proprio a tutti noi, imbrigliati in una gabbia di convenzioni, ruoli sociali e posizioni lavorative da cui non sappiamo liberarci, da cui non siamo in grado di trarre che poche e sporadiche once di felicità.
Ed ecco che abbiamo il primo fattore, il più importante: l’immedesimazione iniziale. A questo punto, come fa il buon Walter a tenerci incollati a lui, a farsi seguire senza minimamente gravare o risultare forzato? Ci riesce perché compie una progressione da eroe d’altri tempi, una vera e propria formazione (bildung, per usare il termine tecnico): si trasforma da qualcuno che somiglia a ciò che noi siamo, a qualcuno che somiglia a ciò che noi vorremmo essere.
I-Sogni-Segreti-di-Walter-Mitty-SceneChi è che non sogna ad occhi aperti, ogni tanto? Chi non si “incanta” fissando un punto nel vuoto come un cretino? Ma soprattutto, chi è che potrebbe mai pensare che questo incantarsi sia qualcosa di positivo? Non raccontiamocela: oggi non abbiamo il tempo di incantarci, bisogna fare, e fare, e fare.
Ebbene, Walter lo sa: è un lavoratore alacre, fa quello che gli si chiede quando glielo si chiede. Il fatto è che non ce la fa proprio a non sognare ad occhi aperti, è più forte di lui: la sua immaginazione è più veloce e più forte di qualsiasi ordine, di qualsiasi orario di lavoro; un’immaginazione che è resa alla perfezione dalla regia e dai “trucchetti” sensazionalistici di Ben Stiller, che si improvvisa artificiere, scalatore di catene montuose che non esistono, persino combattente da strada su uno snowboard fatto d’asfalto.
A che serve tutto ciò? Nemmeno Walter avrebbe potuto pensare, all’inizio del film, che questa sua fervida fantasia potesse avere qualche utilità nella sua vita: un peso, più che altro. E invece I sogni segreti di Walter Mitty è, prima di tutto, una appassionatissima ode alla fantasia ed all’immaginazione, dipinte come poteri magici capaci di dare un senso anche alla vita più grigia. L’estro creativo di Walter nasce nel suo ufficio (che assomiglia ad un antro oscuro più che ad un ufficio) e a casa sua, tra i discorsi di una madre ed una sorella che non capiscono la profondità della sua sensibilità, e le prese in giro dei nuovi manager che vogliono acquisire Life e che lo chiamano Major Tom, citando il grandissimo (e compianto, ahinoi) David Bowie di Space Oddity.

La svolta di Walter: smetti di sognare, inizia a vivere

Ma questa è solo la prima parte del film, è solo un lato della personalità e della vita di Walter Mitty-Ben Stiller: è proprio in questo clima di frustrazione che il protagonista trova la forza di reagire, e, finalmente, di presentarsi ad una neo-assunta di Life, Cheryl (Kristen Wiig), su cui ha messo gli occhi da tempo.
E a questo punto la fantasia si fonde con la realtà, e l’avventura vera e propria può cominciare: da statica quale era, la vicenda assume l’aspetto di un perfetto road movie.
C’è una sorta di MacGuffin (e scusate se è poco!) di mezzo: il negativo 25, parte dell’ultima serie di scatti del grandemitty-e-penn-1024x577 fotografo Sean O’ Connell, intepretato e reso credibile da un incredibile, quasi mistico Sean Penn, che compare effettivamente per dieci minuti scarsi, ma ruba completamente la scena. Sarà la ricerca di questa foto a diventare l’obiettivo del viaggio di Walter. Un viaggio che lo porta in Groenlandia, in Islanda e sull’Himalaya, con scenari, campi lunghi ed inquadrature degne di Into The Wild (che non a caso si cita: Sean Penn imprime il suo estro in entrambi i film), degne di quei film che possono solo farti venire una dannata voglia di viaggiare intorno al mondo, per scoprire nuovi luoghi, e magari anche nuovi lati di te stesso.

Ed è così che I sogni segreti di Walter Mitty si trasforma in una storia di ri-formazione vecchio stile, in cui il protagonista viaggia all’esterno per viaggiare all’interno di sé. Sempre sulle note del Duca Bianco, cantando insieme a lui “check ignition, and may God’s love be with you”; e sorridendo insieme a Ben Stiller, che di suo, oltre alla recitazione, ci mette la sceneggiatura, fiabesca, semplice e ridanciana proprio nella sua semplicità, in certi momenti quasi naif.
E alla fine si torna a casa cambiati, cresciuti, ma sempre con la stessa voglia di Life, in nome del suo meraviglioso motto:

To see the world, things dangerous to come to, to see behind walls, to get closer, to find each other, and to feel: that is the purpose of Life.

THE SECRET LIFE OF WALTER MITTY

Vedere il mondo, cose pericolose da raggiungere, guardare oltre i muri, avvicinarsi, trovarsi l’un l’altro, sentire: questo è l’intento di Life.

Emanuele Pon

Autentico nativo genovese, classe '92. Nella vita tendenzialmente mi piace imprecare e scrivere, in quest'ordine. Quando non impreco, scrivo, e scrivo di letteratura e cinema, perchè vivo nella (folle?) convinzione che di immagini e parole sia fatta la parte più bella del mondo.
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