Film

Il lago delle oche selvatiche, il noir contemporaneo cinese

Il sangue che tinge la maglia della nazionale argentina e cola nelle pozze di fango, schizza a fiotti nell’interno di un ombrello in plastica trasparente e poi secco si sparge sulla pelle perlata dal sudore. Una fluida linea rossa che conduce i crudi eventi de Il lago delle oche selvatiche, il noir contemporaneo di Diao Yinan, regista cinese che torna a stupire dopo il successo di Fuochi d’artificio in pieno giorno, vincitore dell’Orso d’oro nel 2014.

Zhou Zenong è un famigerato criminale dai nervi saldi che finisce in una contesa tra gang rivali. Durante la sua sanguinosa fuga uccide per errore un poliziotto e diviene così un ricercato su vasta scala. Braccato costantemente è costretto a fidarsi di Liu, una prostituta, con cui intrattiene un rapporto particolare, cercando nobilmente di far riscuotere alla moglie e al figlio piccolo i soldi offerti per la sua testa. 

Diao Yinan tramite una partitura di immagini curata in modo maniacale descrive i bassifondi, le periferie e le zone rurali di una Cina malata, non del Coronavirus che ha scombussolato le stesse zone riprese nel film, ma dello stesso germe che da millenni cova nell’essere umano, quello del potere, dell’avidità che conduce inevitabilmente una nazione al collasso e alla prepotenza criminale. Il degrado umano si riflette negli ambienti fatiscenti dove dilaga la povertà, sudici e fangosi, ma mostratici comunque in maniera singolarissima e affascinante grazie ad una fotografia realistica che tende a esaltare le tonalità fluo e neon che illuminano le strade cinesi e grazie alla scelta di cogliere le usanze più particolari e talvolta trash della popolazione. 

Su questo sfondo caratteristico ed esteticamente avvolgente si dipana una vicenda dirompente ed accattivante che richiama gli stilemi del noir, mostrando le losche ombre dei personaggi allungarsi sulle pareti, in un’affascinante dialettica tra il noir e l’arte delle ombre cinesi. Memorabili scene della pellicola sono occupate dai pirotecnici e violenti combattimenti di corpi che si contorcono, tra le arti marziali, l’action americano e una componente splatter più asservita ai fini delle scene rispetto a quello più smodato tarantiniano, mostrando una realisticità cruda che viene spettacolarizzata da inquadrature dinamiche. La resa del serrato montaggio sonoro e visivo è solo una delle variegate soluzioni registiche che rendono Il lago delle oche selvatiche una pellicola efficace, dalla soggettiva alla carrellata fino ai numerosi dettagli, una regia scrupolosa e studiata magistralmente per esaltare il particolare. 

Le sequenze sono ordinate e mai frenetiche pur narrando una storia di fuga e violenza, che comincia in medias res per poi procedere tramite flashback fino al presente, emanando una tensione sottile, di pari passo con i nervi saldi del protagonista, impotente di fronte ad una realtà cupa, nella quale comunque si intravede un barlume di genuinità che sboccia nella chiusura della pellicola. Il lago delle oche selvatiche (qui il trailer) è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani e conferma dunque le capacità di Diao Yinan nel panorama orientale ed internazionale, è al cinema dal 13 febbraio.

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