Prendete Micheal Douglas, prendete Alan Arkin, fateli recitare insieme un copione scritto da Chuck Lorre, finanziate il tutto con il patrocinio di Netflix e avrete Il Metodo Kominsky.
La storia è semplice. Sandy Kominsky, interpretato da Micheal Douglas, è un attore di spicco della vecchia Hollywood, che non visita un set ormai da anni. La sua attività recitativa si limita a un’accademia in cui forma nuovi talenti e ad alcuni spot pubblicitari che gli propone il suo agente Norman Newlander, interpretato da Alan Arkin.
Sandy è testardo, vanitoso e sopra le righe, come ogni attore che si rispetti. Tenta in ogni modo di non farsi sconfiggere dalla vecchiaia, perciò sfoggia look giovanili e frequenta sempre persone più giovani di lui. Casualmente si innamora di una sua studentessa, Lisa. Al loro secondo appuntamento, però, gli arriva una tragica notizia: la moglie di Norman è improvvisamente morta di vecchiaia. Sandy si trova quindi in una situazione inusuale: per la prima volta è lui a doversi assumere delle responsabilità e a non essere al centro dell’attenzione.
Norman infatti è piuttosto giù di morale e ha bisogno dell’aiuto del suo amico di sempre. Agli antipodi rispetto a Sandy, Norman infatti è elegante, posato, raffinato e difficilmente si lascia andare a momenti di debolezza. Tuttavia quando la moglie muore, perde completamente le speranze e cade in depressione. Starà a Sandy salvare Norman dall’angoscia del lutto e a fargli riscoprire le gioie della vita.
La storia che ho appena descritto potrebbe essere lo script del miglior film drammatico sul tema della vecchiaia dopo Amour. Ma non lo è. Il metodo Kominsky infatti è una commedia e il tono rimane sempre frizzante e sopra le righe (come ogni commedia dovrebbe avere). Ma si parla di vecchiaia, di depressione, di morte! Sì, si parla di tutti questi argomenti, ma con il sorriso.
Il metodo Kominsky è infatti la storia di due vecchi amici che si ritrovano insieme alla fine della vita senza le speranze della giovinezza, ma con gli stessi dubbi e le stesse aspirazioni di due ragazzini che hanno appena iniziato a esplorare il mondo. Sandy e Norman sono giunti infatti al tramonto della loro carriera: uno è uno stimato insegnate di recitazione, l’altro un ricco agente, eppure nessuno si sente ancora pronto ad andare in pensione. Entrambi continuano a essere attivi, a mettersi in gioco. Perciò continuano a fare gli stessi errori, a interrogarsi sui segreti della vita, a innamorarsi.
In più, oltre ai soliti dubbi esistenziali, si aggiunge la vecchiaia. Quella vecchiaia che avanza e lentamente si appropria dei loro corpi, dei loro ricordi. Sandy si preoccupa per un possibile tumore alla prostata, mentre Norman cerca di rimettersi in gioco dopo la morte della moglie.
Senza arroganza e senza alcuna pretesa di trovare delle soluzioni viene analizzato il lato più agrodolce della vecchiaia. Nessun tema resta un tabù. Anzi, tutto viene analizzato con lo sguardo lucido, sereno e disincantato di chi ormai si avvia verso la conclusione della propria esistenza. Infatti, nonostante il tono della serie rimanga sempre quello della commedia, serpeggiano all’interno della storia degli elementi tragici come il dolore o la morte. Eppure non si piange, anzi si ci si diverte molto, soprattutto grazie a quell’ironia che non solo stuzzica lo sguardo, ma anche il pensiero. Le battute sagaci e provocatorie sono il frutto di uno script intelligente e ben elaborato che non scade mai nella volgarità.
Lo stile è quello asciutto e brillante delle sitcom contemporanee, ma con quell’amarezza tipica delle commedie dei primi anni 2000. Chuck Lorre infatti non mette fretta ai suoi attori. Si prende i suoi tempi, non forza l’andamento di una serie che non teme di soffermarsi sui dialoghi, sulle parole, sulle immagini. Se dovessimo dare un nome a questo stile, potremmo chiamarlo documentaristico, perché è totalmente al servizio della narrazione. Eppure questa definizione non sarebbe del tutto esatta. Infatti lo stile di Lorre non può essere definito né totalmente documentaristico né totalmente narrativo. Lirico è la parola adatta. Uno stile lirico che culla lo spettatore con il suo ritmo rilassato e lineare.
Attori in stato di grazia. Douglas e Arkin recitano insieme con un’estrema naturalezza. La loro sinergia è tale che lo spettatore vorrebbe vederli interagire in situazioni sempre nuove, per scoprire le loro reazioni davanti ai più disparati eventi. Sandy e Norman parlano di qualsiasi argomento dal più futile a più serio. Ridono, piangono, si urlano contro, ma soprattutto si sostengono a vicenda creando un’intesa perfetta.
Quindi qual è il messaggio che Il Metodo Kominsky ci vuole trasmettere? La morte non è nulla! La morte non spaventa se c’è un amico al tuo fianco con cui poterla affrontare. Perché in fondo, come diceva Epicuro:
Quando ci siamo noi, non c’è la morte; quando c’è la morte non ci siamo noi. Quindi perché preoccuparsi?