Film

Il mondo perduto (1925): Il papà dei Monster Movie

Come la “Generazione Z” si immagina i film degli Anni Venti

Tra le poche certezze della vita, il fascino che i dinosauri possono esercitare sulla mente di un bambino (dai 0 ai 90 anni) è forse la più inossidabile assieme alla morte e alle tasse. Ora come ora non ho memoria di come sia nata la mia la passione per i grandi rettili preistorici, ma vi basti sapere che alla tenera età di 6 anni avevo già divorato una tale quantità di libri e documentari sull’argomento da poter passare tranquillamente per un Alan Grant versione 2.0, solo con tre quarti in meno del carisma di Sam Neill. Questa ossessione è andata progressivamente ad affievolirsi, senza mai morire davvero vista la ciclicità con cui si è ripresentata in varie fasi successive della mia esistenza. L’uscita imminente di Godzilla vs. Kong ha fatto ruggire più che mai il “paleontologo” dentro di me, spingendomi a intraprendere un viaggio a ritroso verso il brodo primordiale dei monster movie: la prima tappa è stata Il mondo perduto, pellicola muta del 1925 diretta da Harry O. Hoyte a partire dal celebre romanzo omonimo di Arthur Conan Doyle (sì, il genitore di Sherlock Holmes).

Non avendo mai posato lo sguardo sulla controparte cartacea, mi concentrerò esclusivamente sulla trasposizione e lascerò a chi ne sa più di me il compito di stabilire quanto il materiale di partenza sia stato rispettato. Il protagonista della storia è l’eccentrico professor Challenger (Wallace Beery), che organizza una spedizione in Sud America, alla ricerca di un esploratore scomparso. Schernito dalla comunità della Zoological Society, Challenger ottiene il sostegno del London Record Journal, e alla sua causa si uniscono la figlia dell’esploratore scomparso, Paula White (Bessie Love), l’arzillo Sir John Roxton (Lewis Stone), il giornalista a caccia di sensazioni Edward Malone (Lloyd Hughes) e il cinico accademico Summerlee (Arthur Hoyt). Ciò che il team troverà sul tropicale altopiano sarà una prova tangibile della presenza di dinosauri sopravvissuti all’estinzione di massa del periodo Cretaceo. Tra le speci riconoscibili si annoverano un immane Pteranodon, un piccolo branco di Triceratopi, un Brontosauro dal lunghissimo collo e, immancabilmente, il famelico T-Rex.

La pratica dimostrazione che si può invecchiare con stile

A cento anni di distanza dalla sua uscita è difficile vedere in Il mondo perduto qualcosa di più di un ingenuo esercizio tecnico, eppure è impossibile non provare un moto di timore reverenziale per quello che è stato il capostipite dell’integrazione di girato dal vivo e stop-motion, l’embrionale presentazione del cinema che predilige l’effetto alla sostanza. Tutti i più celebri film di mostri della storia del cinema, da King Kong a Jurassic Park, devono qualcosa al lavoro di Hoyt, che con decenni di anticipo rispetto a Merian C. Cooper o Steven Spielberg, e soprattutto senza l’ausilio del digitale, ha creato un mondo esotico tangibile e di estrema bellezza. Le reali riprese di animali come leopardi e primati si accorpano senza forzature agli impressionanti set in miniatura degli scorci tropicali; l’animazione dei dettagliatissimi modelli di dinosauri tracima d’amore e volontà di stupire, resi palesi dall’esteso minutaggio dedicato al lato spettacolare delle vicende.

Se avete presente il comunque notevole Godzilla di Gareth Edwards, sapete che i più grossi difetti di quel film risiedono in tutto ciò che ha a che fare con gli esseri umani. In Il mondo perduto vale lo stesso principio: le interazioni romantiche sono ininfluenti, i personaggi appena abbozzati e la trama niente più che una scusa per arrivare il più in fretta possibile nella giungla. Ma a differenza di Edwards, Hoyt lascia davvero poco spazio alla componente umana, preferendo che sia il sense of wonder emanato dalla ricostruzione scenica (unito all’assenza di ambizioni differenti dalla voglia di far viaggiare l’immaginazione) a rivelare le caratteristiche di un capolavoro della fantascienza e del cinema tutto. In conclusione, se avete il mio stesso amore per i dinosauri o volete semplicemente  esplorarne l’evoluzione cinematografica, non c’è punto di partenza migliore de Il mondo perduto (al seguente link trovate il film integrale).

È o non è di una bellezza suprema questo poster?

Riccardo Antoniazzi

Classe 1996. Studente di lettere moderne a tempo perso con il gusto per tutto ciò che è macabro. Tenta di trasformare la sua passione per la scrittura e per il cinema in professione.
Back to top button