
Il primo Iron Man: il film che ha dato origine al Marvel Cinematic Universe
Quest’anno siamo decisamente in zona anniversari: dieci anni fa usciva anche un “piccolo” cinecomic, dedicato a un supereroe ancora sconosciuto alla massa, interpretato da un attore caduto in disgrazia… Non sapevamo, all’epoca, che da quel film sarebbe scaturito un universo cinematografico e televisivo di proporzioni titaniche, pronto quest’anno ad avere la sua grande “orgia finale” con l’uscita ad aprile di Avengers – Infinity War.
Ma andiamo con ordine e torniamo al 2008.
Non tutti hanno un’idea di come Iron Man di Jon Favreau abbia cambiato la dimensione dei supereroi al cinema. Fino a quel momento, i cinecomic che avevamo visto sugli schermi erano equamente divisi in ciofeche galattiche come il Daredevil con Ben Affleck oppure in film commerciali ma dal respiro autoriale, come gli Spider-Man di Sam Raimi (i primi due, il terzo è imbarazzante), i Batman di Tim Burton e quelli di Christopher Nolan.

Quello stesso 2008, a distanza di pochi mesi, sarebbe uscito proprio Il Cavaliere Oscuro, un classico istantaneo già annunciato.
Avete tutti presente una caratteristica tipica dei film di Batman? Il ruolo del protagonista tende a essere oscurato dal carisma degli antagonisti. In certa parte, è vero anche per i film di Raimi su Spider-Man.
Il grande capo della Marvel Kevin Feige, conscio che quell’anno Iron Man avrebbe subito il confronto con Il Cavaliere Oscuro, fece la seguente dichiarazione: Loro avranno un film focalizzato sul cattivo, noi un film focalizzato sull’eroe.
Bene: proprio questa diventerà la cifra contraddistintiva dei film del Marvel Cinematic Universe.
L’eroe è sempre al centro.
La Marvel ha solo le briciole
La casa Marvel era decisa a prodursi da sola i suoi adattamenti, ma aveva un piccolo problema in quel momento: aaveva già venduto i diritti cinematografici dei suoi eroi più popolari, quelli conosciuti anche dal grande pubblico. Gli X-Men erano in mano Fox, Spider-Man era andato alla Sony. Solo l’Incredibile Hulk gli era tornato, dopo il flop dell’Hulk di Ang Lee (2003).

Restavano i diritti una serie di personaggi “che non voleva nessuno”, i quali però all’interno dell’universo fumettistico avevano un peso importante: Iron Man, Capitan America, il Mitico Thor, Doctor Strange, Black Panther, e così via.
Iron Man ha sempre avuto tanto da condividere con il Batman DC. I punti in comune sono molti: anche lui milionario, anche lui donnaiolo, anche lui senza superpoteri, anche lui si costruisce i suoi gadget. L’unico superpotere di Tony Stark è il suo cervello.
Nei fumetti, Iron Man è anche lo Yin dello Yang rappresentato da Captain America: la loro complementarietà si equilibra e funge da guida agli altri supereroi.
Quindi la Marvel decide di puntare su di loro e di dedicare il primo film autoprodotto proprio a Iron Man.

La scommessa Robert Downey Junior
I più giovani, quelli che erano bimbi quando uscì Iron Man, forse non ne hanno un ricordo nitido, ma negli anni precedenti a questo film Robert Downey Junior – oggi attore più pagato al mondo – era “persona non desiderata”. Non a livello di Kevin Spacey oggi, ma comunque ostracizzato.
Lanciato come giovane promessa di Hollywood negli anni Ottanta e primi anni Novanta, era protagonista onnipresente di commedie romantiche ma anche di film impegnati.

Qualcosa andò storto negli anni della sua maturità, quando iniziò a essere sopraffatto da varie dipendenze.
Un primo tentativo di rilancio fu nel serial Ally McBeal, come love interest della protagonista. Purtroppo si rovinò con le sue mani, perché in libertà vigilata venne trovato a vagare in stato di ubriachezza – leggi: si infilò per sbaglio a dormire in casa di estranei. La produzione della serie lo estromise.
Negli anni successivi Robert andò in rehab. Nessuno gli offriva più ruoli da protagonista. Per un decennio fu scritturato solo per parti secondarie (come in Zodiac di David Fincher o Good Night and Good Luck di George Clooney).
Bene: la Marvel gli diede una chance. C’erano punti di vicinanza tra Robert e Tony Stark: anche lui, nei fumetti, affetto dal demone della bottiglia. Robert, però, superò le aspettative.
Si racconta infatti che lo script di Iron Man prevedeva un’impostazione più seriosa, ma quando cominciarono a girare la scena in cui Tony Stark pronuncia il discorso di presentazione del missile Jericho, lo fece in un modo così scanzonato e carismatico da cambiare la rotta del personaggio e del film.
https://www.youtube.com/watch?v=TqyeZq9Pr48
In quel momento diventò chiaro a tutti, spettatori compresi, che Robert Downey Junior era Tony Stark, e che quella scelta di casting non era solo felice: era semplicemente geniale.
La fine dell’identità segreta
Ormai il Marvel Cinematic Universe ci ha educato a un mondo dove i supereroi non hanno più un’identità segreta da proteggere, ma questo nel 2008 non era scontato per gli spettatori cinematografici. A quell’epoca, anzi, i supereroi ci avevano fatto due palle così sull’importanza di tenere separati i loro alter ego.
Io sono stata cresciuta con questa pressione psicologica: chi aveva in mano la vera identità del supereroe aveva in mano la sua vita, poteva ricattarlo, fare del male ai suoi cari. La vocazione al martirio faceva parte del pacchetto del personaggio.
Quindi Iron Man fu davvero una sorpresa, perché davo semplicemente per scontato che nessuno dovesse sapere che Iron Man era Tony Stark.
Poi arriva l’ultima scena del film, che spazza via tutto quanto con un metaforico dito medio: Tony rivela di essere Iron Man in conferenza stampa e lo fa… per nessun altro motivo che per puro narcisismo.
Questo è l’esatto punto dove finisce un’era cinematografica e se ne apre una nuova. Il supereroe manda a fanculo lo spirito di sacrificio, pretende finalmente che gli vengano riconosciuti i suoi meriti e rivendica con orgoglio la propria doppia identità.
La strada verso Infinity War
Quando uscì Iron Man, la Marvel non sapeva come sarebbe andato l’esperimento.
Ha invece dato i natali non solo a due sequel sul personaggio, ma anche al Marvel Cinematic Universe, una lunga serie di film e telefilm crossover, in cui i personaggi si incontrano, si scontrano e si alleano.
L’aggancio iniziale lo troviamo proprio nella prima scena bonus della saga, dopo i titoli di coda di Iron Man: Tony Stark riceve la visita di Nick Fury (interpretato da Samuel L. Jackson), il quale gli comunica il primo germe dell’idea: quella, come ci ricorda il trailer di Infinity War “di mettere insieme un gruppo di persone straordinarie”.
Tutti i film usciti da quel momento e inseriti nell’universo cinematografico Marvel hanno cercato nelle loro variazioni di continuare nel solco tracciato dal primo Iron Man, mettendo l’eroe sempre al centro del discorso. Infatti, paradossalmente, i villain saranno sempre un po’ un punto debole dei film MCU: per quanto intepretati da grandi attori raramente si mostrano carismatici quanto l’eroe buono – con l’eccezione di Loki, che però non si può proprio considerare un cattivo nel senso pieno del termine quanto più un anti-eroe.
Altro binario tracciato da Iron Man è quello che salva anche i film MCU peggio riusciti, ovvero l’ironia: vengono mostrati tutti i difetti dell’eroe prima ancora dei pregi. Questa direzione, a volte anche criticata, ha però contribuito a conferire realismo e umanità a Tony Stark, a Steve Rogers, a Thor e a tutti gli altri. Dopo dieci anni vogliamo loro bene come se fossero i nostri amichevoli vicini di casa.
La scena della canotta
Chiudiamo in trash col sottolineare un’altra grande tradizione MCU inaugurata proprio dal film Iron Man: la scena bonus? Il cameo di Stan Lee? No: la barbara e brutale oggettificazione del corpo maschile.
La vera firma dell’MCU è infatti una scena assolutamente gratuita a beneficio di chi apprezza la bellezza virile in ogni sua sfumatura. Tendenzialmente, il protagonista appare – non sempre con una valida giustificazione – per qualche secondo a torso nudo o, come in questo caso, in magliettina aderente.
Scene in cui avvengono cose e ne sono dette altre ma non ho granché idea di quali siano perché vengo perennemente distratta.
Ora, Robert Downey Junior non sarà uno dei tre Chris (Hemsworth, Evans e Pratt), però devo dire che nel 2008, in questa sequenza, teneva ancora parecchio botta.

(Ecco perché non bisognerebbe mai far scrivere gli articoli sui cinecomic alle fangirl).
Iron Man è, ancora oggi, sul mio podio dei film migliori dell’MCU. Lo metto addirittura prima di Guardiani della Galassia e secondo solo ad Avengers. Possiede una freschezza che, per forza di cose, non era ripetibile, ma allo stesso tempo ha influenzato le regole del gioco.
La Marvel – con il rinforzo della Disney, che la assorbì un anno dopo l’uscita di Iron Man – è partita da supereroi meno noti, li ha fatti amare al grande pubblico e ha guadagnato una credibilità, in questi dieci anni, che altri stanno cercando di emulare con risultati meno coerenti. L’MCU è diventato oggi il franchise più remunerativo della storia del cinema, una macchina da guerra che ha segnato l’immaginario di una generazione – persino film autoriali come Birdman di Iñárritu fanno da specchio al fenomeno.
Da allora si contano ben otto apparizioni di Tony Stark/Iron Man nei film MCU. Che ne sarà di Tony in Infinity War? Dovremmo dirgli addio, dopo tutta questa strada insieme?
E voi, state facendo un rewatch di tutti i film della saga in attesa del gran finale?