
Il Primo Re – Narrami o Rovere, di Romolo e Remo le gesta
Non potrei mai nascondere tutta la mia stima e ammirazione per Matteo Rovere. Impossibile. Sono passati quasi 3 anni da quando vidi al cinema Veloce come il vento… Mi pare fosse solo ieri: un adrenalinico rombo di motori, un’altalena di emozioni, senza contare un Accorsi incredibilmente in parte. Ho quasi creduto nei miracoli per un istante; per me fu una vera e propria rivelazione, una sorta di epifania.

Ed è proprio da fine 2016 a oggi che si vociferava di questo film… de Il Primo Re. Un progetto coraggioso, che porta sullo schermo la storia di Romolo e Remolo, e che strizza l’occhio a quel mondo fantasy-epopeico tipico delle produzioni d’oltreoceano. O neozelandesi se vogliamo, per chi se ne intende. Un hype coltivato nel tempo, sempre più crescente ed esploso nel momento in cui Alessandro Borghi pubblica su Instagram la data di uscita con una foto: gli astri indicano come data propizia il 31 Gennaio 2019.
Dopo un lunghissimo lavoro di post-produzione sul suono e l’immagine, anni di silenzi, rimandi e di fugaci immagini prese dal set… luci spente in sala! Ora, Matteo, è pronto a (ri)scrivere la storia. Ci sarà riuscito?
“Un Dio che può essere compreso non è un Dio”
Il Primo Re, come accennato in precedenza, oltre a raccontare la storia dei due fratelli fondatori dell’Urbe, mette in scena un intenso dramma e vicenda familiare che mescola le suggestioni dei culti aruspici alla violenza e al sangue dell’epica. Un intenso viaggio di due ore, racchiuso in un film impegnativo e fascinoso; Rovere sceglie il proto-latino, portando così il tutto a un livello di verosimiglianza ancora più alto. Ne Il Primo Re è l’attenzione per il dettaglio a fare la differenza: il seggiolino del cinema diventa una macchina del tempo e d’incanto si torna in un mondo ricostruito quasi perfettamente. Credibilissimo anche nell’essere così cupo… Fin dalla scena iniziale si respirano a pieni polmoni il pericolo e l’avventura, elementi chiave per un film come questo. Non dimentichiamoci che siamo noi italiani i maestri nel Cinema di Genere… mica Topolino e Paperino.
Romolo e Remo intraprendono un cammino voluto dagli Dei, spinti dall’esondazione del fiume e dal credo di ognuno: due caratteri dominanti, due eredi al trono in chiave di lettura shakespeariana, ben sfaccettati e complementari. Romolo è il figlio devoto, l’uomo pio e saggio; Remo è il guerriero, l’eroe perduto in sé stesso. Un’armonia necessaria tra due personaggi scritti benissimo e interpretati da due mostri, non due attori. Facciamo un plauso ad Alessio Lapice e Alessandro Borghi, da bravi!
“Sarò io l’artefice del mio destino”
Rovere per il suo Il Primo Re mette in gioco una regia sontuosa e (giustamente) ambiziosa: oltre alla maniacale messa in scena e resa visiva in pieno XII secolo A.C., il regista romano punta molto su un’estetica cruda, truculenta e mai fine a se stessa. Il film alterna sequenze d’azione coreografate e montate benissimo a movimenti di macchina più posati e riflessivi; quasi come per una pellicola muta, si comunica con un sguardo, con i gesti o con la violenza stessa. Se sto diventando noioso ditemelo che provvedo subito.
La natura e la sua essenza si fondono perfettamente con i personaggi in uno stile alla Terrence Malick (senza tutti quei manierismi inutili), dai due protagonisti fino al gruppo di schiavi, dalla “strega” Satnei ai Velienses (popolo di origine albanese). Ed è li, tra i boschi, il fango e le fiamme che Romolo e Remo sono alla ricerca del proprio io prima ancora della casa negatagli dal destino. Nel suo “piccolo” Il Primo Re è già un prodotto unico, merito anche della fotografia magistrale di Daniele Ciprì nonostante quel vago richiamo di ispirazione Lubetzkiana stile Revenant. Giochi di luce da eiaculazione precoce garantita, in grado di elevare al meglio l’oscurità e il lato più mistico del film.
“Con il ferro e con il fuoco”
Intendiamoci, da come ne ho parlato fino ad ora sembra che stia descrivendo un capolavoro indiscutibile. Ecco, Il Primo Re non è assolutamente tutto questo: si tratta di un film sperimentale e audace, capace di spingere nei momenti giusti e di esaltare un gruppo di addetti ai lavori da far impallidire le grandi major… ma. Ci sono ma: il primo è sicuramente per la colonna sonora, eccessiva e in un paio di momenti fuori luogo (per non dire tamarra); il secondo ha a che fare con la gestione di alcuni snodi narrativi della seconda parte, secondo me un po’ più deboli rispetto a tutto il resto. Ah, l’uso del rallenty Matteo… Maremma bucaiola! Quelli potevamo risparmiarceli.
Tolto il mio fare puntiglioso, sfido chiunque a trovare sul mercato un prodotto più interessante di questo. Il Primo Re trasmette amore e rispetto per il mezzo da ogni inquadratura; abbiamo un’opera temeraria capace di mitizzare anche all’estero la nostra storia. Rovere ha dato voce alla Leggenda di tutte le leggende rendendola allo stesso tempo molto intima; inconsciamente abbiamo assistito a un attestato di stima verso le nuove generazioni e alla loro (o meglio nostra) voglia di reinventarsi. Un sentito omaggio alla grandiosità di Roma, la prima pietra da cui iniziare a costruire, chissà, qualcosa di ancora più bello.
Il Primo Re è proprio Matteo Rovere. Hail to the King!