Film

Il quinto elemento: un magnifico delirio

Premessa: la recensione contiene spoilerz quindi, se non avete visto il film, state alla larga che non voglio morti sulla coscienza. Grazie per l’attenzione.

Un esemplare di Bruce Willis selvatico in tutta la sua magnificente brucewillisaggine

Considerato da alcuni lo “Steven Spielberg francese”, Luc Besson è un regista che, pur avendo all’attivo diversi successi, non si può dire sia stato sempre costante sul fattore qualità. Il Quinto Elemento, per quanto mi riguarda, apre, sì, al declino artistico del suo autore, ma chiude una tripletta di cult (composta dagli indimenticabili Nikita e Leòn) che spero nessuno sia così folle da contestare.

Mettiamo in chiaro una cosa: questa pellicola del 1997 è l’anticristo dell’originalità, e non vi è nulla nelle sue quasi due ore e mezza che non si sia visto in altre opere sci-fi a lei precedente. Eppure è un racconto che gioca bene le sue carte, confezionando un distinto prodotto di ironia e ottima recitazione in un contesto futuribile che lancia un messaggio etico molto significativo.

Il tramone

Il film si apre nel 1914, in Egitto, con la scoperta di alcuni geroglifici connessi all’enigma del quinto elemento cosmogonico, l’unico in grado di contrastare una forza oscura distruttrice che si ripresenta ciclicamente ogni 5000 anni. Questo male supremo si presenta puntualetre secoli più tardi, nel 2263, e ha l’aspetto di una gigantesca sfera di pura energia negativa che sta attraversando l’universo per distruggerlo.

In tutto ciò il Quinto Elemento si è incarnato in una bellissima ragazza (Milla Jovovich) chiamata Leloo che parte alla ricerca del prete Vito Cornelius (Ian Holm), ma si imbatte pure in Korben Dallas (Bruce Willis), un veterano dei marines divenuto un tassista svampito.

Insieme, i nostri due eroi rintracciano Cornelius, ma dovranno fare i conti con Zorg (Gary Oldman), un trafficante d’arte guerrafondaio, e con una serie infinita di perfidi alieni di ogni specie.

Tirannia dello sguardo

Il fervore di un visionario

Mettere in mano una tale space-opera densa e complessa a un regista con meno polso avrebbe significato portare il progetto al totale naufragio. Besson, a maggior ragione, è stato bravissimo a non perdersi nell’ampia galleria di eventi e personaggi, e il tutto viene portato a compimento con brio, ritmo serrato e soprattutto volontà di non prendersi troppo sul serio.

Le caratterizzazioni dei personaggi possono apparire sacrificate in fase di scrittura a favore del senso di avventura, ma in realtà è proprio grazie alle loro azioni e alle frizzanti battute scritte da Besson se i caratteri vengono delineati, con il felice risultato di una buona empatia dello spettatore nei confronti di ognuno di loro (Zorg di Oldman è senza ombra di dubbio uno dei villain più simpaticamente patetici mai visti su una produzione di questo livello e genere).

Registicamente, il cineasta parigino dà tutto il meglio di sé: le oltre due ore di proiezione scorrono via senza intoppi fondendo con inventiva il divertimento dei mille momenti tragi-comici alle fantastiche scene d’azione che ci passano davanti agli occhi. Non mancano gli spiegoni atti a chiarire la trama qualora potesse diventare troppo oscura per tutti gli spettatori non abituati a masticare la fantascienza, ma niente di grave o eccessivamente verboso.

Il trionfo della “memorabilità”

Quanto lo avranno pagato per accettare di farsi pettinare in quel modo?

Sbalorditivi gli effetti speciali, anche per l’anno d’uscita. Le macchine volanti, i dettagli di una New York cyberpunk completamente agli antipodi (per atmosfere, si intende) con la Los Angeles di Blade Runner, la sequenza della clonazione di Leeloo… queste sono solo alcune delle sequenze visivamente entusiasmanti di Il Quinto Elemento. Pure il finale è molto spettacolare, ma il tema dell’indole distruttiva dell’uomo è trattato in modo forse troppo banale e zuccheroso.

L’impatto scenico è portentoso anche nella raffigurazione dello spazio, con vedute interstellari e planetarie superbe, e molto è dovuto alla notevole fotografia, piena di colori sparatissimi, perfettamente in linea col tono eccentrico dell’opera.

Inserire un momento musical fine a sé stesso, senza farlo apparire forzato. Lo stai facendo bene.

Il cast è un altro motivo di vanto per Il Quinto Elemento: Oldman, dopo Leon, delizia con un altro cattivo pieno di sfumature irresistibili, e la sua esplosiva dipartita è un vero dispiacere per lo spettatore; Willis regala l’ennesima interpretazione di qualità tutta muscolo e battute tamarre, e la parte gli calza da Dio. Poco da dire sulla Jovovich, qui al suo esordio: bella da infarto, atletica e capace di alternare egregiamente ingenuità bambinesca e cazzutaggine. Sempre un piacere ritrovarsi Ian “Bilbo Baggins” Holm sullo schermo, qui impegnato a scimmiottare meravigliosamente gli jedi di George Lucas.

A questo aggiungiamo colpi di scena perfetti e inanellati al momento giusto e una colonna sonora funzionale e mai fuori posto (la sequenza del concerto è strepitosa), e otteniamo un vortice visivo ed emotivo di altissimo livello, adrenalinico, palpitante e gagliardo come solo i film di Besson sapevano essere.

Riccardo Antoniazzi

Classe 1996. Studente di lettere moderne a tempo perso con il gusto per tutto ciò che è macabro. Tenta di trasformare la sua passione per la scrittura e per il cinema in professione.
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