Si può passare dalla merda al cioccolato? Gianni Morandi dice di sì. E a sto punto lo dico anche io, perché dopo aver visto cosa Il Trono di Spade è riuscito a fare con questa Battle of the Bastards sono sempre più fiducioso. Certo, un po’ il sapore di gelato al cioccolato che non era proprio cioccolato resta, ma bisogna dare atto alla puntata di aver mantenuto altissimi gli standard della storyline di Jon. Andiamo con ordine. Intanto potete recuperarvi tutte le nostre mirabolanti recensioni qui. Fatto? (Sì, leggetelo con la voce di Muciaccia). Bene, ora possiamo cominciare a vedere cosa è successo in questa nona puntata, rammentandovi l’arrivo di SPOILERZ come frecce dal cielo. Ha, le grasse risate.
Si parte subito con il botto, dato che ci troviamo catapultati nell’assedio di Meereen. Simpatia portami via, scusate. Finalmente, e sottolineo finalmente, Daenerys accentua il suo livello di badassitudine. Per fortuna che Tyrion le ricorda cosa era successo al padre, che la sua scelta di bruciarli tutti vivi non si è rivelata poi cosi azzeccata. Ma forse lui non voleva bruciare tutti i vivi, vero Aerys? Supposizioni nell’aria. Comunque, dopo aver ammaestrato Drogon a tempo zero, ecco finalmente (sì, lo ripeto) i tre draghi in azione, come tutti stavamo aspettando. E via di sfiammate sulle navi, anzi, sulla nave, perché Dany vuole preservare la flotta in modo da poterla usare per il suo ritorno a Westeros. Quindi sculacciate a Vyserion e Rhaegal se non stanno attenti, che mamma ha bisogno del suo mezzo di trasporto e domani avete la verifica di chimica.
Piccolo momento colto: l’esercito che abbandona l’assedio e i suoi padroni è l’emblema di una delle lezioni più importanti del Principe di Machiavelli, motivo per cui la soggezione e l’amore incondizionato che i Secondi Figli, gli Immacolati e i Dothraki provano per Dany faranno sì che alla fine vincerà lei ne Il Trono di Spade. Bravi Benioff e Weiss che hanno fatto i compiti a casa. Ora torno un cazzone, tranquilli.
Infatti ecco i Gioiagrigia che, scoperto il teletrasporto nelle loro navi, arrivano a Meereen per proporre la loro alleanza a Daenerys. Ora, solo io ho sentito una certa tensione sessuale tra lei e Yara? O forse è solo la bellezza dirompente di Emilia Clarke che quando sorride così ti fa venire voglia di seguirla in capo al mondo camminando sulle mani? Certo è che se venisse a conquistarci tutti sarei solo contento, non ci sarebbe nemmeno bisogno di votarla. Ah, in Italia funziona già così? Che smemorato che sono. Comunque, il patto è semplice: i Greyjoy mettono a disposizione flotta e uomini, e Dany in cambio gli consegna la totale libertà sulle Isole di Ferro. Attenti però, se continuate a depredare, razziare, stuprare e rompere i maroni alla direzione la regina aizza i draghi e addio flotta. Donna inabissata mezza salvata. Io Yara non la vedo così convinta, però la solidarietà femminile vince su tutto. Poi appena l’altra si gira è tutto un “zoccolona di qui e campionessa di salto sull’asta di là”, ma non sottilizziamo. Un bel po’ di girl power ci vuole.
E ora niente più salti geografici, siamo finalmente alla resa dei conti nel nord. Com’è tradizione nei fantasy, i capi delle rispettive fazioni si incontrano per scambiarsi piacevoli dolcezze prima della battaglia. Jon tenta il tutto per tutto con la richiesta del duello, ma a Ramsay parte una risata talmente forte che manco una donna quando Leopardi le chiedeva di uscire. E Sansa inizia a cacciare fuori le palle, aumentando il malsano desiderio dell’ex bastardo di riportarla nel suo letto. Intera o no sono ovviamente dettagli.
C’è da dire che il raffazzonato gruppo di strateghi non se la passa molto bene, non hanno manco gli scacchi ufficiali de Il Trono di Spade. Per fare i Bolton usano pietre con una X bianca disegnata sopra. Come cominciare bene una battaglia. Ma alla fine non si può fare molto, se il tuo esercito è composto da Bruti che non cavalcano perché boh, e una manciata di guerrieri delle casate del nord male assortiti, devi andare allo sbaraglio e pregare la Madre, o il Signore della Luce, o il Dio dai Mille Volti. Io tenterei anche un Ganesh, non si sa mai.
La sera prima della battaglia c’è un bel siparietto tra Davos e Tormund, con il Cavaliere di Tropea che trova magicamente il cervo che aveva intagliato a Shireen, la testimonial della Olaz. Ecco, quando succedono cose del genere, e so che sto guardando Il Trono di Spade, sento sempre la tragedia avvicinarsi, perché non c’è niente di più bastardo di Jon che metterti assieme due personaggi così amati prima di trucidarli. Merde. Ma per fortuna a sto giro ci hanno sorpreso.
Ma veniamo al momento clou. Jon che non passa in rassegna le truppe, che non fa alcun discorso per galvanizzarle. Perché questo è Il Trono di Spade, deve molto a Il Signore degli Anelli, ma in questi momenti si vede quanto sia il suo esatto opposto. Non c’è epicità, non c’è un senso di riscatto, non c’è pietà alcuna. Lo vediamo con Rickon, che come aveva già suggerito Sansa era destinato a fare quella fine. Però caro ragazzo la prossima volta corri almeno a zig-zag, dai sono le basi, poi non lamentarti eh. La sua morte è l’ultimo capolavoro malato della mente di Ramsay, che gioca con quella di Jon fino alla fine, eliminando l’ennesimo Stark da Westeros. Ora anche basta, grazie.
La battaglia vera e propria è gestita magistralmente. Un senso di oppressione continua, di paura e soprattutto di profonda impotenza di fronte alla frenesia degli eventi. Jon ne è l’emblema, travolto metaforicamente (e non) dall’assurdità della morte che lo circonda. La camera scava tra i corpi, si posa sul dolore e sull’insensatezza della lotta. Ma non ci si può fermare, anche se ogni speranza sembra perduta bisogna sporcarsi la faccia e tentare. Poi oh, l’arrivo degli Arryn nel momento del bisogno era più scontato di un Targaryen che si invaghisce della sorella, ma i cambiamenti di fronte sono coerenti con il crudo realismo della serie, che riesce a dare il massimo nonostante il budget, appunto da serie. Sansa, hai fatto un patto con il diavolo in persona, contenta? Occhio a non finire quella ciambella in frigo (semicit.).
E Ramsay? Il personaggio che ha attirato l’odio dei fan forse più di Cersei non perde la calma, resta chiuso nella sua follia fino alla fine, convinto che Grande Inverno possa resistere. Ma un epico Wun Wun si immola per far entrare l’esercito dei “buoni”, aumentando l’ira di Jon che vuole sentire il sangue dello scuoiatore sulle sue mani, e in quei pugni c’è tutta la rabbia repressa per un mondo che continua ad essere spietato. Ah, in quei pugni c’eravamo anche tutti noi. A parte i tre o quattro che adoravano Ramsay. Fidatevi, ne conosco uno. Gran personaggio eh, ma santoddio che goduria nel vederlo ridotto così.
Ma così come? Perché Jon alla fine si ferma, lo sguardo di Sansa lo convince a non uccidere il suo nemico. Pietà? No, la rossa è diventata a tutti gli effetti una Stark. Questo è Il Trono di Spade, la pietà non può esistere. E cosa c’è di meglio che chiudere il ciclo di Ramsay Snow/Bolton com’era cominciato? Con i suoi adorati cani. Certo, sono bestie fedeli, ma se non dai loro da mangiare per una settimana e sei ricoperto di sangue, pronto come un tacchino il Giorno del ringraziamento, beh, ciccio caro a sto giro tocca a te. Ora insegna agli angeli come scuoiare la gente. Sansa che se ne va sorridendo è una gioia per gli occhi.
Bene gente, spero vi sia piaciuto questo articolo, mi raccomando non mancate all’ultimo (purtroppo) appuntamento con le nostre recensioni de Il Trono di Spade, sempre martedì prossimo. Il finale promette fuoco e fiamme. E tette, che anche a sto giro niente. Mannaggia.
Comunque valar morghulis, sappiatelo.
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