
In ordine di sparizione: o il welfare o il sole, parola di gangster
Il profondo Nord vi affascina, ma temete che dopo un po’ i fiocchi di neve diventino noiosetti? Beh, guardate In ordine di sparizione e sarete costretti a ricredervi. Dove di neve ce n’è tanta, anzi tantissima; ma anche di sangue, cadaveri, scazzottate. Però ci sono anche un sacco di battute: e l’umorismo scandinavo, quando ci si mette, è quanto di più scorretto e irriverente possiate immaginarvi.

Norvegia, un paesino imprecisato dal nome impronunciabile: Nils (Stellan Skarsgård) è appena stato premiato cittadino dell’anno dalla comunità; grazie al suo mastodontico spazzaneve, le strade per il villaggio restano accessibili nonostante le quintalate di neve. La vita scorre tranquilla e tutto sembra magnifico, senonché pochi giorni dopo suo figlio viene trovato morto di overdose. Le autorità archiviano rapidamente il caso liquidandolo come un drogato qualsiasi, ma Nils non si dà pace e decide di scoprire la verità: il figlio è stato quasi a sua insaputa coinvolto in un traffico di droga. A questo punto, se voi foste suo padre cos’altro vorreste fare se non vendicarvi, vendicarvi e ancora vendicarvi?

Girato nel 2014 da Hans Petter Moland, In ordine di sparizione potrebbe essere il classico drammone fatto di violenza e introspezione; e invece è divertente, e parecchio. Sotto la coltre ovattata dell’inverno scandinavo, Nils mette in atto una carneficina senza precedenti, usando ogni volta metodi sempre più improbabili; sullo sfondo, scopriamo che i norvegesi sono dotati di una buona dose di cinismo e autoironia. O il welfare o il sole, dichiara un gangster, e infatti guarda che disastro in Spagna e in Grecia, per non parlare dell’Italia; o ancora, raccogliere la cacca dei cani è un’usanza tipicamente norvegese, e non sai che fortuna finire in carcere da queste parti, io ne ho approfittato e mi sono rifatto tutti i denti. E a proposito di stereotipi, che dire del biancore delle distese innevate che ci accompagna per tutto il film, della lussuosissima villa del capo della mafia norvegese e dell’arredamento del suo rivale serbo, degno della tenda di un sultano? Ricordiamoci poi che siamo in uno dei paesi più avanzati in fatto di diritti civili: ecco allora due spietati serial killer che nel tempo libero si scambiano bacetti ed effusioni come due adolescenti.

Degni di nota poi i due co-protagonisti: da una parte Bruno Ganz gigioneggia nei padri del padrino slavo, spietato ma tutto sommato anche propenso a godersi una vecchiaia da nonnetto; dall’altra Pål Sverre Hagen è un formidabile gangster da cartone animato, cattivissimo ma anche vegano, pronto a far fuori qualsiasi ostacolo ma intransigente sulla merenda del figlio – rigorosamente frutta biologica, tanto che al poveretto tocca mangiarsi i cereali di nascosto.

In ordine di sparizione è un evidente omaggio a Tarantino e ai fratelli Coen – chi ha visto il primo Fargo non può non trovare dei richiami tra i due film. Forte del successo che stanno avendo i thriller scandinavi in questo periodo, il regista Hans Petter Moland ha magistralmente cavalcato l’onda, aggiungendo alle atmosfere nordiche un inaspettato senso dell’umorismo e diventando un apripista per tutti quei film che vogliono raccontare il Nord e i suoi molto ben nascosti drammi, ma anche divertire noi mediterranei – uno su tutti, L’albero del vicino. Da vedere per farsi una cruenta battaglia a palle di neve e, tra uno schizzo di sangue e l’altro, per ridere a crepapelle.