Film

In the Mood for Love: il mélo raffinato secondo Wong Kar-wai

In un biennio in cui le uscite in sala sono state quasi del tutto congelate, era solo questione di tempo prima che si partisse con i ripescaggi d’autore. La cosa, se proviamo a dimenticarci della smania di novità che ci attanaglia, e non solo al cinema, da un anno e mezzo, ha qualche risvolto positivo: complice il successo dei cineasti asiatici da qualche tempo a questa parte, per esempio, sta riportando in auge Wong Kar-wai, poeta della cinepresa. In questi giorni è tornato in sala In the Mood for Love, gioiellino datato 2000 con due soli protagonisti: lui, al secolo Tony Chiu-Wai Leung, fa il giornalista, lei, Maggie Cheung, l’impiegata. Siamo nella Hong Kong del 1962, il fermento è tanto e le case iniziano a trasformarsi in quegli alveari a cui ci ha ormai abituati il nuovo millennio: talmente piccole da dover ospitare più di una famiglia, situazione che oggi sembra ancor più claustrofobica.

È così che i due si conoscono: sono entrambi sposati, entrambi estremamente discreti, entrambi con qualche amarezza appena accennata, e i coniugi di entrambi sono spesso via per lavoro. E c’è il sospetto, ma bastano pochi minuti perché si trasformi in certezza, che proprio questi coniugi abbiano una relazione. Giornalista e impiegata si incontrano, si salutano, si incrociano mentre vanno a comperarsi le loro cene solitarie e già pronte all’angolo della strada; e si innamorano. Ma quasi senza accorgersene, e soprattutto senza mai pronunciarlo ad alta voce. La storia, che storia non è, continua per quattro anni – lo capiamo dalle immagini della visita di De Gaulle in Cambogia nel 1966 – tra sguardi furtivi, incontri rapidi e poche, pochissime parole; i due continuano le loro esistenze, avvolti in una nebbia di rimpianto.

In the Mood for Love non è affatto un film d’azione, e probabilmente nelle mani di qualcun altro sarebbe stato un mattone di rara noia. Ma Wong Kar-wai è un maestro della leggerezza, ed ha il dono di raccontare tutto senza dire nulla. Qualche anno prima con Hong Kong Express si era già cimentato con le difficoltà dell’amore, ma le aveva affrontate con un velo di ironia; al contrario, In the Mood for Love è struggente sin dai primi fotogrammi. Si intuisce fin dalle prime battute che la storia non sboccerà mai del tutto, e proprio per questo prenderà una dimensione eterea. Per contrasto, i due protagonisti sono accompagnati per tutto il film dalle note sensuali di Nat King Cole, che quasi sembrano accarezzare gli algidi abiti di lei.

In un raffinatissimo gioco di specchi e ripetizioni, Wong Kar-wai riesce anche a mostrarci l’evoluzione di una città che è quasi un paese intero, le tensioni sociali mai esplose ma in perpetuo movimento, fino a portarci in Cambogia, nell’unico paesaggio aperto. Dove il protagonista riesce non a trovare pace, ma a confessare finalmente ciò che prova, almeno a se stesso.

In the Mood for Love è lontano anni luce dalla cinematografia asiatica a cui ci siamo abituati negli ultimi tempi; per nulla incalzante, senza la minima traccia di humour, senza alcun intento di denuncia sociale, senza traccia di mistero. Un film che lavora per sottrazione, ma a cui non manca nulla.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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