Film

Infernal Affairs: la lotta fra bene e male corre sui tetti di Hong Kong

Nel 2006 Martin Scorsese realizza un film che verrà considerato uno dei capolavori del nuovo millennio, e forse il migliore del regista: l’arcinoto e perfetto The Departed. Una storia geniale, fatta di doppie identità, boss della mafia che si scontrano con poliziotti più o meno corrotti, insomma l’eterna lotta fra bene e male. Non tutti sanno però che Scorsese non ha inventato nulla, anzi, ha reso omaggio a un’opera semisconosciuta girata quattro anni prima nel Celeste Impero: trattasi di Infernal Affairs, destinato a innalzare il regista Andrew Lau nell’olimpo del thriller asiatico.

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La trama è molto simile a quella narrata in The Departed, solo che il tutto si gioca ad Hong Kong: e dunque abbiamo da una parte le spietatissime triadi che infiltrano nelle accademie della polizia locale degli adepti praticamente ancora in fasce, e dall’altra agenti sotto copertura che lavorano fino a diventare il braccio destro dei boss.

Il poliziotto, un Tony Leung piuttosto in forma, è stanco della vita da talpa, ma è anche ligio al dovere e fedelissimo al capo della polizia, interpretato da Anthony Wong Chau-Sang; decide pertanto di compiere l’ultima missione e incastrare il suo temibile capo-mafia, un Eric Tsang quasi caricaturale – e a cui Jack Nicholson attingerà a piene mani per il remake di cui sopra. Allo stesso modo, il finto poliziotto Andy Lau vorrebbe chiudere i giochi e passare ad una vita normale; essere artefice del suo destino, per citare gli insegnamenti che il suo boss gli impartì anni prima. E tuttavia, nella caccia reciproca non può che esserci un solo vincitore.

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Rispetto al rifacimento americano, in Infernal Affairs le identità dei due protagonisti, l’uno lo specchio e allo stesso tempo l’opposto dell’altro, vengono svelate sin dalle prime battute; questa scelta però non pregiudica affatto la tensione costante che pervade tutto il film. Ancora, la caratterizzazione psicologica di The Departed è molto più complessa, e la vita dei criminali assume toni cupi, come in un hard boiled di James Ellroy; Infernal Affairs si sofferma meno sul privato dei personaggi (le figure femminili sono appena accennate) per concentrarsi sul dilemma etico, fulcro non solo del film, ma del pensiero cinese in generale.

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Forti sono infatti i richiami alla filosofia buddhista e alla commistione fra bene e male, impossibili da scindere del tutto. Per i sinologi ci sono chicche minori ma gustosissime, come l’accoglienza rumorosa che il boss di Hong Kong riserva ai contatti thailandesi, tipica degli uomini d’affari di quelle parti; o ancora, la difficoltà molto comune nello scrivere correttamente, o i sottotitoli al cinema per essere sicuri di comprendere tutto.

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Fondamentale poi la città che fa da sfondo all’opera; sebbene non venga mai citata o celebrata apertamente, le ampie riprese sui tetti dei grattacieli e le inquadrature nei sottoscala più sordidi sono una cartolina molto ben definita di Hong Kong.

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Infernal Affairs non ha la profondità di altri film che si giocano sullo scambio di identità e sul tema del doppio; ha però il pregio di narrare con maestria una situazione intricata, inchiodando lo spettatore allo schermo. Andrew Lau non fa abuso di sparatorie o di scene violente, semmai azzarda un po’ troppo con i flashback e i ralenty; e nonostante ciò, il pericolo che corre sui tetti della metropoli cinese è palpabile.

Francesca Berneri

Classe 1990, internazionalista di professione e giornalista per passione, si laurea nel 2014 saltellando tra Pavia, Pechino e Bordeaux, dove impara ad affrontare ombre e nebbia, temperature tropicali e acquazzoni improvvisi. Ama l'arte, i viaggi, la letteratura, l'arte e guess what?, il cinema; si diletta di fotografia, e per dirla con Steve McCurry vorrebbe riuscire ad essere "part of the conversation".
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