
Insomnia: un noir alla luce del sole
Nel 2000, con Memento, Chistopher Nolan fa il botto. Il film non solo riceve ottime recensioni, ma incassa anche una discreta sommetta (40 milioni di dollari a fronte di un budget di 5) e viene candidato a due premi Oscar. Tra i suoi ammiratori vi è Steven Soderbergh (sì, proprio il regista di Ocean’s Eleven e Traffic) che, in veste di produttore, popone a Nolan di dirigere la versione in lingua inglese di Insomnia, thriller norvegese del 1997 di Erik Skjoldbjærg.
È la pellicola della svolta. Dopo due produzioni indipendenti, Nolan ha finalmente l’occasione di lavorare per una grande major americana (la Warner Bros), con un budget consistente (46 milioni di dollari) e con due star del calibro di Al Pacino e Robin Williams.
Perfetta chiusura di un’ideale trilogia noir iniziata con Following e proseguita con il citato Memento, questo thriller del 2002 vede Pacino nei panni dell’agente dell’FBI Will Dormer, mandato in Alaska insieme al collega Hap Eckhart (Martin Donovan) per indagare sull’omicidio di una ragazza. Le cose si complicano quando, durante un inseguimento in mezzo alla nebbia, il primo spara accidentalmente al partner uccidendolo. Dormer dà la colpa al killer, ma quest’ultimo ha visto tutto e decide di ricattarlo. Tra il detective e l’assassino, lo scrittore Walter Finch (Williams), si instaura così una sfida tesissima dai risvolti imprevedibili.
Nonostante l’accoglienza positiva di critica e pubblico ricevuta alla sua uscita, Insomnia è da molti considerato il film meno riuscito di Nolan, o comunque il meno interessante. I motivi sono principalmente tre: è il remake di una pellicola uscita pochi anni prima; è l’unica opera, nella filmografia del regista, in cui quest’ultimo non è accreditato come sceneggiatore; a differenza di Following e Memento, adotta una struttura narrativa più canonica e lineare.
In effetti, ad una prima occhiata, Insomnia può sembrare un giallo classico girato su commissione. Eppure, sotto la superficie c’è molto di più. Dopotutto, anche se non ha ufficialmente scritto il film, Nolan ha comunque rimaneggiato di persona il copione originale di Hilary Seitz, aggiungendoci del suo. E nel processo non ha mancato di approfondire gli aspetti dell’opera originale più vicini alla sua poetica. Primo tra tutti la tematica del tempo.
Se i noir immersi nella neve non sono una novità (pensiamo a Fargo e Soldi Sporchi), Insomnia rompe ancora di più con la tradizione, rinunciando ai toni scuri tipici del genere e mostrando un mondo in cui tutto avviene alla luce del sole. Letteralmente. Le vicende del film si svolgono infatti durante l’estate artica, periodo caratterizzato dalle cosiddette “notti bianche”, in cui il sole non tramonta mai. Nolan proietta lo spettatore in una nuova dimensione temporale, “dilatata” rispetto al normale: senza la notte a dividere una giornata dall’altra, il presente si allunga a dismisura fino a divenire eterno.
Quello del film è un tempo immobile, irreale, perennemente sottoposto a una luce intensa e persistente. Una luce che diventa simbolo del senso di colpa del protagonista e da cui è impossibile nascondersi. Per quanto Dormer provi a bloccarlo, il sole di mezzanotte penetra senza sosta nella sua stanza d’albergo, impedendogli di dormire (da qui l’insonnia del titolo), togliendogli la possibilità di rifugiarsi nell’oblio del sonno e ricordandogli costantemente ciò che ha fatto. Un inevitabile contrappasso per il delitto commesso.
A Pacino bastano gli occhi, sempre stravolti e in procinto di chiudersi, per trasmettere con efficacia il disagio e il conflitto interiore del suo personaggio, il quale è solo uno dei tanti anti-eroi nolaniani. Detective geniale e apparentemente incorruttibile, leggenda vivente e modello da imitare per la giovane poliziotta Ellie Burr (Hilary Swank, all’epoca fresca di Oscar per Boys Don’t Cry), Will Dormer è in realtà una figura fortemente ambigua e contraddittoria, sempre in bilico tra il fare la cosa giusta e quella sbagliata.
Lungi dall’essere un semplice thriller investigativo (la detection iniziale è solo un pretesto), Insomnia è la storia di un uomo che si crede onesto, ma che pian piano si “impregna” di colpa, un po’ per caso e un po’ per scelta. È un film che, raccontando la discesa vertiginosa di un rappresentante della legge nel proprio lato oscuro, mette in mostra la facilità con cui il male infetta il bene, fino al punto in cui i due estremi paiono mescolarsi.
Questa dialettica tra luce e ombra attraversa tutta la pellicola, trovando riscontri anche a livello visivo. Per esempio nell’immagine ricorrente di un polsino bianco che si macchia di sangue, perfetta rappresentazione grafica della corruzione etica, prima che morale, del protagonista. Ma è soprattutto il paesaggio a riflettere la doppiezza di Dormer. Lo stato dell’Alaska splendidamente fotografato da Wally Pfister è bianco e nero come l’animo del detective: tutt’altro che candidi, i suoi ghiacciai sono invasi dalla sporcizia e inquinati dallo smog.
Dormer però non è da solo. A lui si affianca Finch, ben interpretato dal compianto Robin Williams, in uno dei suoi rari ruoli negativi. Insieme i due formano l’ennesima coppia di doppi del cinema di Nolan: in teoria poli opposti (cacciatore e preda), a causa delle circostanze finiscono per diventare facce diverse della medesima medaglia. Ad accomunarli è la rapida discesa nella mediocrità e nel peccato, nonché la convinzione di aver commesso i rispettivi omicidi per errore. Ma mentre Finch accetta quel che è successo e ciò che lui è diventato, Dormer è vittima di un dissidio interiore.
Maggiormente esplorato rispetto all’Insomnia di Skjoldbjærg, il rapporto che si forma tra il poliziotto e l’assassino è contrastante, ma al tempo stesso complementare. Con l’avanzare della storia i due capiscono di essere molto simili, l’uno specchio e riflesso dell’altro. Così Dormer vede in Finch il suo doppio degenerato, il proprio sé negativo, per cui non può che provare odio e disgusto.
Di tutt’altro avviso è Ellie. Simbolo di purezza tra tanta oscurità, essenza di una giustizia ancora libera da compromessi, la poliziotta ha una funzione catartica per Dormer: prendendola sotto la sua ala protettrice e tramandandole i valori etici fondamentali per essere brave persone prima ancora che buoni investigatori, l’uomo potrà trovare espiazione per i propri peccati. La Swank porta in scena splendidamente questo personaggio quasi inedito (il corrispettivo norvegese è molto diverso), passando con naturalezza dall’ammirazione iniziale nei confronti del mentore alla progressiva disillusione.
Alla luce dell’intera filmografia del regista, Insomnia probabilmente è davvero la pellicola meno interessante di Christopher Nolan. Dopotutto quando uno firma capolavori postmoderni come Memento, The Prestige, Inception e Dunkirk, un film più tradizionale può sembrare poca roba. Eppure la terza opera del cineasta inglese non merita l’ostracismo a cui è spesso sottoposto. Profondamente nolaniano malgrado le apparenze, Insomnia non solo è uno dei pochi remake superiori all’originale, ma è anche un noir complesso e affascinante, in giusto equilibrio tra esigenze hollywoodiane e intenti autoriali.