
Interceptor – Il guerriero della strada: l’azione spaccaculi d’altri tempi
Molti di voi probabilmente hanno visto o hanno sentito parlare di Mad Max: Fury Road, lo straordinario film d’azione targato George Miller che si aggiudicò ben 6 statuette agli Oscar del 2016. Bene, il film in questione è il quarto capitolo della saga Mad Max, realizzata dallo stesso Miller. Quello di cui parleremo oggi è invece il secondo capitolo, arrivato in Italia col nome di Interceptor – Il Guerriero della strada. Belli i titoli col cazzo duro, ancor più se la durezza contraddistingue anche il portatore di tale effige.

Australia, strade desolate e costumi bizzarri sono ciò che caratterizzano l’ambientazione post-apocalittica di questa pellicola: l’umanità non esiste più nel canonico senso che normalmente le attribuiamo e lascia posto a uomini la cui unica aspirazione è possedere quanto più petrolio possibile. No, non ci sono Stati Uniti e Arabia Saudita opposti. Tuttavia, se parliamo di scontri frontali, Interceptor riprende alcuni tratti tipici di quel genere che degli scontri frontali ha fatto il suo tratto distintivo: il western. Come dicevamo prima difatti, le ambientazioni desolanti e deserteggianti ricordano (e non poco) gli scenari alla Sergio Leone, così come la struttura del film in sé, la quale vede due “bande” opposte che si scontrano senza l’ausilio di nessun tipo di legge scritta o morale. L’unica preoccupazione è la sopravvivenza e l’accumulo di quanti più accessori possibili a far sì che essa si verifichi.
Quindi sì, ci sono i buoni e i cattivi e questi ultimi sono spietati, grossi, brutti e alcuni anche omosessuali. Parentesi omofobe a parte, è esattamente nel mezzo che si colloca il nostro protagonista Max Rockatansky, ex agente di polizia MFP. SPOILER ALERT! Egli, in seguito alla perdita della moglie e del figlio nel primo film, ha sviluppato una rabbia tale da renderlo indifferente nei confronti di qualsiasi tipo di valore etico o morale, il che lo porta ad agire unicamente nei suoi interessi pur schierandosi dalla parte dei buoni. Personaggio emblematico, misterioso ed errante nelle sterrate sconfinate di questo mondo alla deriva, sembra non avere più uno scopo nella vita, auto-confinandosi nella condizione di ramingo. Una caratterizzazione indicibile e un benedetto dal signore Mel Gibson possono accompagnare solo. Ebbene sì, l’attore dal cuore impavido, nonostante sia un regista scadente e menacoglioni, sa recitare e sa farlo bene. Come va Mel? Tutto a posto? Lavoro, famiglia? Un bacione.
(P.S.: con la barba sei un figo della madonna! E ricordi un po’ Jason Statham…).

Se il primo Mad Max lasciava un senso di “sììì, hai del potenziale, sei bravo, ma manca qualcosa”, il secondo capitolo ci svela cos’è quel qualcosa che mancava: I SORDI! “Che schifo il denaro, noi vogliamo le opere indipendenti, booo al capitalismo!”. Non era esattamente ciò che intendevo. Il fatto è che il primo capitolo è stato quasi interamente auto-prodotto dal buon Miller, che disponeva quindi di un budget piuttosto limitato. Grazie al successo della sua opera prima, però, arriva mamma Warner Bros. a finanziare Il guerriero della strada, permettendo così al regista di realizzare tutto ciò che non aveva potuto realizzare prima.
E che cosa ha realizzato dunque in Interceptor – Il Guerriero della strada?
Un film dotato di organo riproduttore maschile, nel gergo: cazzo. Un film col cazzo. Oh ma che violenza espressiva! Esattamente come il sottoscritto è violento nel suo modo di esprimersi, così lo è George Miller nel girare Interceptor: non ha nessuna paura nel mostrare. La pellicola fa del fattore visivo il suo punto cardine, tant’è che i dialoghi sono ridotti al minimo sindacale e sono tutti tranquillamente trascurabili ad eccezione dei monologhi intimidatori di Lord Homungus, i quali contribuiscono in modo eccezionale a tessere l’immaginario caotico e a tratti infernale della pellicola. L’obiettivo di Miller era infatti creare un’opera che fosse soprattutto un trionfo delle immagini, ed è per questo che ne Il guerriero della strada non è importante cosa succede, ma come ciò viene mostrato.
E se è vero che la pellicola pecca in molti aspetti, vedi la scarsa caratterizzazione dei personaggi secondari e le scelte che essi compiono o l’intreccio alquanto banale, è anche vero che tali pecche non scalfiscono in alcun modo il valore della stessa, per il semplice fatto che sono unicamente un espediente per realizzare l’opera visiva. Ciò rende Interceptor cinematograficamente assoluto e ineccepibile. Il cinema non serve a raccontare, ma a mostrare, e Miller sfrutta questa caratteristica al meglio, dotando la sua creatura cinematografica di sequenze action al limite della perfezione. Come detto in precedenza, inoltre, il regista non si pone scrupoli nel mettere in scena immagini forti e violente, motivo per cui usa tutto ciò che gli è necessario per produrre un film d’azione nudo, crudo, carico di adrenalina e destinato a lasciare una sgommata indelebile nella storia del cinema. Ciò ovviamente gli costò pesanti censure, ma d’altronde ci siamo abituati.
Piccolo consiglio sulle modalità di utilizzo: evitare la versione italiana. “Purista del cazzo, noi italiani abbiamo i doppiatori migliori del mondo!”. Posso anche essere d’accordo con voi, ma qui a doppiare non c’è Ferruccio Amendola e coloro che prestano le voci ai personaggi del film non sono esattamente efficienti nel loro lavoro, soprattutto se si tratta di personaggi di scarso rilievo. Detto ciò Interceptor – Il guerriero della strada fa parte di quella categoria di film che devono essere visti almeno una volta nella vita, in caso contrario il soggetto in questione è figlio di una donna dotata di estensione mandibolare esagerata. In termini semplici: è un capolavoro del Cinema. Che poi potrete respirare tutto il sudicio tipico di un film che nasce come B-movie, cosa volete di più?
Dopo la visione del film vi chiederete perché George Miller abbia avuto a che fare con dei pinguini: la risposta è 42 e riguarda tendenze feticiste per i piedi… spero.